
lezione-concerto di e con
Paolo Naso (Sapienza, Università di Roma) e
Alberto Annarilli (Università di Roma Tor Vergata)
Musiche a cura di ControCoro e Voices of Grace
In occasione dell’anniversario dell’uccisione di Martin Luther King
spettacolo/performance
TWITTERING MACHINE
di AdA collettivo informale per la scena
regia e installazioni video Loredana Antonelli
regia drammaturgia e interpretazione Pasquale Passaretti
music composer LadyMaru
assistente regia Elena Zagaglia
È venerdì. Un dipendente di una multinazionale, a causa di un tragico
imprevisto, è costretto a trattenersi oltre l’orario di chiusura dell’ufficio.
Questo evento inaspettato spinge il protagonista a riflettere sul senso delle
proprie azioni quotidiane: prendere il treno per andare al lavoro, bere un
caffè al bar della stazione, scorrere distrattamente un post di qualche social.
La perpetua replicazione di queste azioni banali si rivelano inaspettati
incubatori di crudeltà. L’individuo contemporaneo applica e subisce la
pratica del male in situazioni ritenute normali – tutto sembra lecito
perché tutto è normale. Twittering Machine replica l’assurdità della società
contemporanea inscenando una giornata-tipo di un dipendente-tipo, laddove il
tempo è uno spietato ingranaggio di una macchina inutile. Il progetto si
ispira al quadro di Paul Klee,
Die Zwitscher-Machine, l'opera ritrae quattro uccelli
stilizzati posati su un’esile struttura che cantano grazie all’azione
meccanica di una manovella. Da questa suggestione nasce Twittering
Machine, una performance multimediale tra musica, video e prosa.
Premio PimOff ’ per il Teatro Contemporaneo
Premio LMDP - Festival Internazionale di Teatro Arte e Nuove Tecnologie di
Kyber Teatro ‘22
con il sostegno di Lunarte
Trilogia_La questione
del linguaggio corporeo e l’arte di A.Mendieta, C.Cahun, S.Moon
Alessandra Cristiani
ANCORA | Angelo Mai | Teatro 2024_2025
Progetto e performance Alessandra
Cristiani | musiche originali Ivan Macera | musiche aggiuntive Alessandro
Cortini | luce Gianni Staropoli | produzione pindoc |
coproduzione Teatro Akropolis | con il sostegno di Orbita
Spellbound Centro Nazionale di Produzione della Danza, dell’associazione Culturale
Le Decadi | con il contributo di Mic, Regione Siciliana | un
ringraziamento speciale alla compagnia DEHORS/AUDELA, allo spazio Gemma-scuola
del corpo
ALESSANDRA CRISTIANI
porta in scena un percorso performativo in tre tappe, ispirato all’arte di Ana
Mendieta, Claude Cahun, Suehiro Moon.
Dopo la Trilogia
dedicata a Schiele, Bacon e Rodin, nasce una nuova indagine: uno sguardo al
femminile sul corpo, l’identità e la rappresentazione.
Tappa I | 28
maggio | h 21 – Matrice da Mendieta
Tappa II | 29
maggio | h 21 – Lingua da Cahun
Tappa III | 30
maggio | h 21 – caduta la neve da Moon
L’ultima TRILOGIA di Alessandra
Cristiani è ispirata alla questione del linguaggio corporeo e l’arte
di A. Mendieta, C. Cahun, S.Moon. La passata Trilogia_La
questione del corpo e l’arte di E. Schiele, F. Bacon, A. Rodin può
considerarsi la madre, il campo magnetico dal quale dedurre un ulteriore
orizzonte, una rinnovata tensione al performativo. La questione del
linguaggio corporeo nell’arte di A. Mendieta, C. Cahun, S. Moon, è l’elemento
figlio, lo sguardo declinato al femminile gettato sul contemporaneo.
La corporeità indaga
criticamente il linguaggio d’arte come mezzo espressivo, sottopone a
interrogazione l’artificio, il congegno, la rete, il recinto. Quale è la
condizione, il passo familiare e l’inciampo, che meglio può convocare la
propria natura viva, identitaria? In che modo il misterioso radicamento carnale
legittima l’efficacia della rappresentazione? È possibile intercettare zone di
collasso e di confine nel transito percettivo tra la performance e la modalità
installativa? Quale è il luogo in cui stare? Quale è il corpo da stanare?
L’Ankoku Butō nell’immenso materiale di pensiero, pratiche e poetiche da lui
germinate, è a fondamento del percorso creativo per la capacità che ha di
rendere urgente e necessario dissentire dal codice.
ALESSANDRA CRISTIANI
Performer e danzatrice,
lavora come solista e stabilmente nella compagnia Habillé d’eau che vince il
Premio Ubu 2018 come miglior spettacolo di danza con Euforia. Dello
stesso anno la
Nomination Premio Ubu 2018 come migliore attrice o performer per gli
spettacoli Clorofilla e Euforia. Dal teatro di marca odiniana
(Teatro Potlach, Toni Cots, Jean Paul Denizon, Teatro de Los Andes, Nino Racco,
Naira Gonzales) approda alla danza attraverso una personale esplorazione del
training fisico dell’attore. Studia danza contemporanea con Moses Pendleton,
Giovanna Summo, Domenique Dupuy, Hervè Diasnas; Tecniche del mimo trasparente
con Hal Yamanouchi; Respiro e movimento con il trainer Giuseppe Ravì; Qi gong
con Solene Fiumani; Ideokinesis: Placement e Riposo Costruttivo con Ursula
Stricker,Yoga con Maddalena Gana. Nel 1997 riceve il Premio Excelsior come
migliore attrice per il corto La foto, per la regia di Sara Masi,
concludendo un primo ciclo di formazione nel teatro di ricerca.
Dal 1996 indaga il pensiero e la pratica dell’ankoku Butō (Masaki Iwana,
Akira Kasai, Akaji Maro, Tadashi Endo, Ko Murobushi, Yoko Muronoi, Hisako
Horikawa, Toru Iwashita, Daisuke Yoshimoto, Atsushi Takenouchi, Kohshou Nanami,
Yuko Kaseki, Yumiko Yoshioka), laureandosi in Metodologia e Critica dello
Spettacolo con la tesi sperimentale: Masaki Iwana e la tradizione del
“Buto Bianco”. “The Intensity of nothingness”: una metodologia della danza.
28 maggio | h 21 |
Matrice- da Ana Mendieta
Trilogia_la questione
del linguaggio corporeo e l’arte di A. Mendieta, C. Cahun, S.Moon
Progetto e performance Alessandra
Cristiani | suono Ivan Macera | Luce Gianni Staropoli | Immagine e video Alberto
Canu, | Cuore, opera dell’artista Mirna Manni |un ringraziamento speciale
a Lorenzo Letizia | Produzione pindoc | Coproduzione Teatro Akropolis,
Triangolo Scaleno Teatro | Con il sostegno Associazione Culturale Le Decadi,
Associazione Vera Stasi / Progetti per la Scena | Con il contributo
di Mic, Regione Siciliana
Matrice, ossia alla
foce di se stessi. Il corpo come Mater, condizione generativa e trasformativa.
Luogo attraversato e attraversabile, infinite le sue nature, indecifrabili i
suoi sigilli. Con pudore cerco la via per retrocedere alla sorgente, nella visione
di un corpo originario e salvifico, colmo e cavo, nell’utopia di una terra
lentissima e propizia. Cerco nella performance una strategia esistenziale, la
ritualità di un viaggio che possa ricongiungermi a un innato sapere percettivo,
all’innesco delle forze primarie, alle loro pulsioni vitali. La corporeità
radica. È qualcosa che battezza, che intrappola, che libera. Desidero la
concretezza della sua lingua.
@spintimelabs
PARLA, CLITEMNESTRA! un’eterna tragedia, in versi
di Lea Barletti @leabarletti
regia di Werner Waas @wernerwaas
con Lea Barletti .e Gabriele Benedetti
testo di Lea Barletti
produzione Compagnia Barletti/Waas
Clitemnestra, nota prima come moglie fedifraga e
assassina di Agamennone, poi in quanto vittima del matricidio che il figlio
Oreste compirà per vendicare la morte del padre, non merita invece che le si
intitoli una tragedia. La sua storia? Non pervenuta.
È il momento dunque di far parlare Clitemnestra, e
di ascoltarla. Intrappolata in un ruolo, in un nome, in un personaggio, cerca
un'altra via, un'altra possibile rappresentazione di sé stessa, un'altra
storia. Il suo antagonista, Agamennone, è anche lui intrappolato in un ruolo,
in un nome, in un personaggio. Fin quando Clitemnestra e Agamennone non
deporranno definitivamente le maschere insite nei propri nomi, nessun dialogo
sarà possibile. Questa è l’unica certezza cui, attraverso un percorso pieno di
dubbi e domande, giungerà Clitemnestra. E Agamennone?
Su di un piedistallo al centro dello spazio
scenico, due corpi imbiancati e polverosi come antiche statue, un uomo e una
donna, seduti vicini a formare una sorta di gruppo marmoreo: Clitemnestra e
Agamennone. Gli spettatori prendono posto tutt’intorno. Su alcune sedie sono
appoggiate delle piccole torce a fascio strettissimo. Attraverso queste torce,
saranno infatti gli spettatori a illuminare lo spettacolo: a scegliere cosa
vedere, scrutando i dettagli, le minuscole reazioni dei corpi/statua, le espressioni,
le esitazioni, i lenti movimenti.
Il testo dello spettacolo è in versi, in gran
parte in rima baciata. Nella “gabbia” della rima, quasi ossessiva con il suo
ritmo e i suoi continui rimandi, il testo, un pamphlet femminista, addomestica
la sua furia e acquista paradossalmente libertà e leggerezza, con un’autoironia
che sorprende continuamente attori e spettatori, in un gioco quasi infantile
alla riscoperta del potere delle parole.
BLUSH
regia, disegno luci e colonna sonora Marcello Cotugno
drammaturgia di Charlie Josephine
traduzione Marta Finocchiaro
con Arianna Cremona, Claudio Righini
scene Luigi Ferrigno
produzione Teatro La Contrada
musiche Rival Consoles, Frank Zappa, CHVRCHES, Graham Lambkin, The Books,
Crass, Thomas Ross Fitzsimons, Scala & Kolacny Brothers
BLUSH mette in mostra le leggi non scritte riguardo la
responsabilità di genere e come la vergogna che proviamo quando non ci sentiamo
all’altezza possa diventare violenza. Cinque storie sul revenge porn,
l’abuso attraverso immagini sessuali postate sul web senza il consenso di chi
vi è ritratto con l’intento di procurare disagio, di fare del male. Tre donne e
due uomini divorati dalla vergogna. Ciascuno di loro vuole vendetta.
L’opera è stata un successo al Fringe Festival di
Edimburgo e ha poi replicato al Soho Theatre a Londra. Il
regista Marcello Cotugno prende in mano il testo per la rassegna
romana di drammaturgia straniera “Trend” a cura di Rodolfo di Giammarco,
riscoprendo un attore stupefacente. Il drammaturgo Charlie Josephine (non
binario, a cui riferirsi con lui/loro) racconta così l’ispirazione che l’ha
condotto a scrivere il testo: “Ho iniziato a scrivere Blush per
rabbia. Una rabbia profonda. Rabbia verso gli uomini che agiscono il revenge
porn. Ma anche rabbia per il termine “revenge porn”, che di per sé è
estremamente inappropriato. Suggerisce che la vittima abbia fatto qualcosa che
merita vendetta. Rabbia verso un sistema legale che è tremendamente lento nel
modificare leggi che dovrebbero proteggere le donne. Rabbia per la totale mancanza
di educazione sessuale a scuola mentre la pornografia e l’idea dello stupro
diventano virali sui telefoni dei nostri figli. Rabbia per l’imbarazzo che
provo nell’essere una donna arrabbiata. La rabbia è davvero utile quando è
focalizzata nel modo giusto e ho imparato molte cose. Ho imparato che la
vergogna cresce nella segretezza e nel silenzio, e il miglior antidoto alla
vergogna è l’empatia.”
In uno spazio occupato solo da un elegante divano, che
ricorda gli arredamenti dei salotti ottocenteschi, i cinque personaggi – due
uomini e tre donne, interpretati da un attore e un’attrice – daranno vita a un
testo che, partendo da una specie di literary drama, evolve in un
sabba infernale dove nessuno si salva e dove il ritmo delle battute e dei
personaggi si confonde come in un sogno acido. Un bad trip senza ritorno
inclusivo, in cui l’autore ha voluto raccontare il revenge da
tutti i punti di vista, in contrasto con una narrazione semplicistica,
inserendo anche aguzzine donne, uomini non-alfa per raccontare una
violenza totale, senza confini e definizioni di genere.
Una cornice sospesa, all’interno della quale si alternano
dipinti del romanticismo che rimandano al divano. I dipinti sono Fête galante
di Jean-Antoine Watteau, I fortunati casi dell’altalena di Jean- Honoré
Fragonard, Paolo e Francesca di Frank Dicksee, Pigmalione e Galatea di
Jean-Léon Gérome, An amourous couple picking cherries di Émile Pierre
Metzmacher e Il tramonto di Caspar David Friedrich.
Cotugno realizza l’allestimento pensando alle nuove
generazioni, mettendo la sua esperienza al servizio di un cast giovanissimo per
anagrafica e sensibilità, cercando di riprodurre la catarsi esperita dalla
visione del celeberrimo quanto discusso Dionysus in 69, alla luce
dei problemi che affliggono le nuove generazioni. Un rito della violenza
al servizio delle coscienze di oggi.
Believe it!
ALESSANDRO SALVATORI –
VERONICA MILANESCHI
FRANCESCO STELLA – PIETRO BECATTINI – GABRIEL DURASTANTI – FRANCESCA
BRUNI
e con la partecipazione di LORENZA GUERRIERI
di Roberta Skerl
regia Vanessa Gasbarri
Roberta Skerl con
questa splendida commedia ci racconta una periferia romana qualsiasi dove una
famiglia qualunque cerca di sopravvivere alle mille difficoltà di una vita
ordinaria. Una figlia adolescente che resta tutto il giorno incollata di fronte
ad un reality medico, un figlio dall’inequivocabile talento nel mettere
continuamente alla prova il sistema nervoso di un padre malato ed una madre che
tenta in tutti i modi di arrivare al prossimo mese, un amico deluso dalla vita
ed una nonna ormai soggiogata dai consigli culinari di Samir, il fruttivendolo
indiano. Una commedia sui sogni, quelli infranti e quelli improvvisamente
realizzati, sulla vita, quella vissuta o immaginata attraverso uno schermo, sui
miracoli quelli nei quali non possiamo far altro che credere, Believe it!