ULTIMI CREPUSCOLI SULLA TERRA
Liberamente ispirato
all’opera letteraria di Roberto Bolaño
Regia e
drammaturgia Fabio Condemi
Scene, drammaturgia dell’immagine, costumi, Fabio Cherstich
con Anna Bisciari, Lorenzo Ciambrelli, Federico Fiochetti, Vincenzo
Grassi, Sofia Panizzi, Eros Pascale
luci Paride
Donatelli
disegno del suono Andrea Gianessi
assistente alla regia Andrea Lucchetta
assistente alla drammaturgia Vera Ortega
foto di scena Claudia Pajewski
si ringrazia Silvia
Rigon per la consulenza teorica e drammaturgica
produzione La Fabbrica
dell’Attore – Teatro Vascello, Accademia Nazionale D’Arte Drammatica
Silvio D’Amico
Quando è stato più
felice?
Io sono stato felice quasi tutti i giorni della mia vita,
almeno per un piccolo momento, anche nelle
circostanze più avverse
(Roberto Bolano,
intervista con Mónica Maristain)
Questo spettacolo
tratto da vari testi di Roberto Bolaño (Consigli di un discepolo di Jim
Morrison a un fanatico di Joyce; 2666; puttane assassine; chiamate telefoniche)
nasce come saggio finale del biennio dell’accademia nazionale d’arte drammatica
Silvio d’Amico. Attraverso il montaggio di vari testi di Bolaño abbiamo cercato
di comporre un mosaico di temi, personaggi e parole. Nella
drammaturgia due storie viaggiano in parallelo: da una parte la storia di Angel
Ross (personaggi principale di ‘consigli di un discepolo di Jim Morrison a
un fanatico di Joyce’), scrittore fallito con l’ossessione per Stephen Dedalus
che precipita in una spirale allucinata di delitti e violenza insieme quando
incontra Ana. Dall’altra la storia delle vittime di femminicidio nel deserto di
sonora in una città che prende il nome fittizio di Santa Teresa e che ricorda
molto Ciudad Juarez, che è, secondo Bolaño ‘ la nostra maledizione e
il nostro specchio, lo specchio inquieto delle nostre frustazioni e della
nostra infame interpretazione della libertà e dei nostri desideri’. Il
labirinto di Dedalo e il deserto (che secondo Borges è il labirinto più
irrisolvibile) sono le coordinate all’interno delle quali si manifestano i
fantasmi evocati da Bolaño e dalla sua scrittura. In questo territorio
letterario si incontrano e si mescolano in modo stupefacente i ricordi del
golpe di Pinochet del 73 in Cile, i film di Tarkovskji e di Godard, i versi di
Leopardi, le canzoni dei Doors, e una miriade di storie e di vite che si
intrecciano tra loro spesso guidate dal caso.
”Leggendo i libri di
Roberto Bolaño si ride, ci si infastidisce, ci si commuove, si ha paura, ci si
annoia, si soffre, ci si sente persi, si prova ansia, si sogna, si crede che
possano esistere ancora passioni estreme, ci si illude che la poesia abbia
senso, si pensa che niente abbia senso, si crede che tutto sia vano, e ci si
convince che vivere sia meravigliosamente insano: dove si trova qualcosa del
genere nei romanzi degli ultimi trent’anni? in nessun altro scrittore di oggi
la letteratura è così grandiosamente allegra e disperata. Ammaliati dalla
stupefacente capacità affabulatoria di Bolaño, e dalla sua voce al tempo stesso
amabile e ironica, ci addentriamo in un labirinto di luoghi, di segni, di
incontri, di libri, di quadri, di sogni, di storie che generano altre storie:
un labirinto dove ci aggiriamo frastornati e felici, senza tuttavia sentirci
mai perduti. Giuseppe Montesano
Per i temi
trattati si consiglia la visione dello spettacolo ad un pubblico adulto.
ULISSE, MACERATA
Debutta a Roma lo spettacolo diretto e interpretato da Luigi
Moretti
In scena per la prima volta a Roma Ulisse, Macerata, spettacolo diretto e interpretato da Luigi
Moretti, scritto da Fiammetta Carena e
prodotto dalla Compagnia del Sole in
scena dal 25 al 30 aprile al Teatro Tordinona (repliche
ogni sera alle ore 21 tranne domenica 28 aprile ore 18).
Lo
spettacolo racconta di Ulisse, un comune
uomo di provincia, incattivito dalla vita, dalle proprie
sconfitte e dalla consapevolezza di essere disperatamente solo che pensa, dice
e fa cose orribili. Quando la sua squadra di calcio perde la coppa di
campionato contro il Troia, la rabbia per la sconfitta è tale che decide di
andare a riprendersela. Inizia un viaggio tra il delirante e
l’onirico in cui, questo Ulisse contemporaneo,
volgare, ottuso e affatto astuto, incontra i personaggi e gli ostacoli del
poema omerico.
«Ulisse, il
celebre eroe omerico. Ulisse Macerata, un uomo di provincia, molto ignorante e
con la grande convinzione di essere furbo. Macerata è forse un patronimico, una
sensazione, un rimando sentimentale alle Marche? Sicuramente un
luogo dove l’espressione dialettale raggiunge un’immediatezza estrema e a
tratti grottesca.» Prosegue Moretti nelle note di regia
dedicate allo spettacolo «L’omonimia del nome, dunque, e la similitudine del
viaggio sono solo un meraviglioso espediente letterario perché qui non c’è che
un paesaggio desolato, sporco dove la grandezza nemmeno si affaccia. Ma la
complessità della costruzione del personaggio non lascia scampo: un uomo
patetico e rabbioso, che vive di espedienti, razzista, misogino, omofobico,
erotomane, si muove basso basso, spinto da un vento implacabile che non
rigenera mai, sognando un approdo irraggiungibile, una grandezza impossibile. Tutto
è giocato sull’illusione: durante tutto il viaggio si notano
trasfigurazioni della realtà nell’immaginazione del personaggio: l’effetto
è quello del sogno o dell’allucinazione, a volte pesantemente
provocata.»
ULISSE, MACERATA
Di
Fiammetta Carena
Diretto e
interpretato da Luigi Moretti
Musiche Paolo
Principi
Luci Francesco
Mentonelli
Scena Guerrino
Andreani
Costumi Stefania
Cempini
Assistente
alla regia Adriana Formato
Studio di
registrazione Punctus
Foto di
scena Rodolfo Marziali
Video Matteo
Giacchella
Produzione Compagnia
del Sole
Organizzazione Dario
Giliberti
Comunicazione Marilù
Ursi
Amministrazione Lucia
di Mauro
Auditorium Spin Time
Labs
P A S O L I N I
O R G I A
UNA LETTURA
Con Mariangela
Granelli e Francesco Villano
Sound design Dario
Felli
A seguire
conversazione con Sergio Lo Gatto
Grafica Cristina
Gardumi
In una delle tante
case di questo quartiere, in una sera ferma, di festa, una coppia di
coniugi decide di tentare un rituale orgiastico per liberarsi, seppur
momentaneamente, del corollario di norme e ideali borghesi a cui la loro vita è
votata.
Cullati da sempre nel
sonno della morale comune - ereditata da un passato fascista e da un presente
diversamente fascista (conformista, tecnocratico, qualunquista) - decidono di
svegliarsi, di bucare il velo e “toccare la realtà”.
Questa orgia non
riuscirà. La grazia dell’ordine saprà farli desistere.
Il loro corpo è ormai
segno vivente di quel mondo che fa dell’amore degli altri purezza e del loro
colpa.
Finché in una sera di
primavera… nell’aria si muove l’aria.
Finalmente. Senza
rimorsi, senza decidere.
Trallalà.
Siamo nel 1966.
Forse.
Òrgia s. F. [dal lat. Orgia,
neutro pl., gr. ὄργια (pl. Di ὄργιον), affine a ἔργον «opera»] (pl. -geo -gie). –
1. Cerimonia rituale,
frequente nella tradizione di numerose religioni[...], consistente in una
manifestazione di carattere tumultuoso, i cui partecipanti, sottraendosi
temporaneamente alle norme che regolano il comportamento consueto della
comunità, si abbandonano a un’esplosione senza freno della vita fisica e psichica
[...]. Orge (o feste) dionisiache, nell’antica Grecia, le celebrazioni del
culto di Dioniso, durante le quali le baccanti partecipavano al furore sacro
indotto dal culto orgiastico proprio di quel dio con forme di eccitazione
parossistica che si coronava addentando vivo o mangiando crudo (omofagia) un
cerbiatto, incorporazione di Dioniso.
MATERNITÀ
UNO SPETTACOLO DI
FANNY & ALEXANDER TRATTO DAL RACCONTO DI SHEILA HETI (TRADUZIONE MARTINA
TESTA, SELLERIO EDITORE, 2019)
DRAMMATURGIA, COSTUMI CHIARA
LAGANI| REGIA, LUCI, PROGETTO SONORO LUIGI DE ANGELIS| CON CHIARA
LAGANI| ARTWORK ELEANOR SHAKESPEARE| ARCHITETTURA SOFTWARE
MULTISCELTA, CURA DEL SUONO, SUPERVISIONE TECNICA VINCENZO SCORZA| ORGANIZZAZIONE,
PROMOZIONE MARIA DONNOLI, MARCO MOLDUZZI| PRODUZIONE E
PRODUCTION/FANNY & ALEXANDER| GRAZIE A ATELIERSI, GIOVANNI
CAVALCOLI, SILVIA VEROLI
In Maternità,
tratto dal racconto di Sheila Heti, una donna si chiede, di fronte al pubblico
seduto davanti a lei, cos’è che la trattiene dal mettere al mondo un figlio.
Non si tratta di un monologo, ma di una strana specie di dialogo, sospeso tra
dimensione assembleare e gioco con il caso. Di fronte alle domande più
difficili Sheila si rivolge alle persone in sala a cui è stato dato un piccolo
telecomando con cui rispondere ai suoi quesiti. Le risposte si proiettano a
ritmo incalzante su uno schermo sospeso sulla scena in un oppressivo codice
binario: tutto è sì, oppure no, tutto è bianco, oppure nero. Sì e no è il
timbro di un accanimento, di un’ostinazione, di una strana slabbratura
dell’anima della protagonista che, mentre si interroga con ironia e ferocia su
una questione così nodale, tende il ragionamento fino all’eccesso infrangendo a
tratti il velo del pudore e portandoci a riflettere sul valore della scelta.
Il dialogo col pubblico oscilla tra immedesimazione e giudizio proiettando sul
testo una serie di interrogativi intimi e comuni su temi da sempre controversi.
Description (of a
description)
di Lucinda Childs e Hans
Peter Kuhn
con Lucinda Childs
testo Susan Sontag
musica, set e light design Hans Peter Kuhn
direttore tecnico Reinhard Bischsel
direzione di progetto Marta Dellabona
direzione di produzione Martina Galbiati
produttore Franco Laera
……………………………
Schrödinger
had a cat named Milton
di Michele Pogliani e MP3
Dance Project
coreografia Michele Pogliani in collaborazione con i danzatori
con Agnese Trippa, Nicolo’ Troiano, Mattia Romano, Michele Pogliani
visual design Michele Innocente
sound design Maurizio Bergmann
voce recitante Lucinda Childs
light design Stefano Pirandello
costumi e scenografia Tiziana Barbaranelli
riprese video Daniele Lazzara
coordinatore di produzione Fabrizio De Angelis
Durata: 60’
LUCINDA
CHILDS E LA COMPAGNIA MP3 DANCE PROJECT DI MICHELE POGLIANI DI NUOVO INSIEME A
ROMA
Dopo il successo della tournée italiana e poi internazionale
dello spettacolo Relative Calm, la grande
coreografa statunitense Lucinda Childs torna a Roma assieme a Michele Pogliani
e alla sua compagnia MP3 Dance Project per un evento al Teatro Vascello di
Monteverde, dal 4 al 7 aprile 2024.
Lo spettacolo, composto da due parti vede nella prima, in
esclusiva italiana, Description (of a description) di
Lucinda Childs e Hans Peter Kuhn, narrazione nata da un inquietante testo di
Susan Sontag. Che accade se un uomo collassa su un marciapiede? In scena la
coreografa stessa con la sua magnetica presenza a recitare in un’ascesa di
movimenti sempre più rarefatti e malcerti. Un’occasione per godere ancora di
questa protagonista della scena minimalista USA, e in questi nostri tempi
incerti per farci aiutare dall’arte a trovare chiavi per leggere la realtà.
Michele Pogliani – che con la compagnia di Childs ballò a lungo
prima di questa rinnovata collaborazione – nella seconda parte presenta, in
prima assoluta, Schrödinger had a cat named Milton (ispirato
al celebre paradosso sulla probabilità della meccanica quantistica del gatto di
Schrödinger, secondo cui finché non si apre la scatola è impossibile sapere se
il gatto all’interno sia vivo o morto). Un pezzo che ci ricorda che tutto può accadere,
ma può anche non accadere: per MP3 Dance Project, in scena con Pogliani anche
Agnese Trippa, Nicolò Troiano e Mattia Romano con il sound design di Maurizio
Bergmann. In uno spazio astratto si aprono porte [portali] che lasciano
intravvedere un’altra realtà e altre dimensioni. Le video installazioni sono
curate da Michele Innocente, i costumi e le scene da Tiziana Barbaranelli.
La compagnia MP3 Dance project e lo stesso Pogliani saranno impegnati anche il
27 e 28 marzo alla Nuvola dell’Eur con il progetto Dancing Glass uno
spettacolo\evento con la direzione artistica di Lucinda Childs per la danza e
Oscar Pizzo per la musica, in cui risuoneranno 12 Etudes per piano di Philp
Glass in dialogo con altrettante creazioni originali commissionate a 14 tra
coreografi, musicisti e video artisti internazionali.
OH SCUSA DORMIVI
di Jane Birkin
traduzione di
Alessandra Aricò (Edizioni Barbès, 2008)
con Alessandra
Vanzi e Marco Solari
collaborazione Gustavo
Frigerio | Produzione Florian Teatro – Centro Produzione Teatrale
Grazie a Artisti 7607
– Patrizia Bettini – Marcella Messina – Mario Romano – Paolo Modugno – Paola e
Alessandro (Spazio di Mezzo, Baglio d’Arte di Marausa). Per le foto ad
Andrea Cavicchioli, Piero Marsili, Marcello Mascara, Ionela Mimiteh
Negli anni ’90 Jane
Birkin scrive Oh pardon tu dormais, testo teatrale con l’andamento di un
lungo racconto, un atto unico che si sviluppa in 17 quadri nell’arco di tempo
di una notte in una camera da letto.
Una coppia che convive
da anni, in cui la donna cerca conferma di amore dal suo compagno, ma lui non
riesce a dimostrarglielo. In questa notte difficile i due si rimproverano,
lottano, si lasciano, si riuniscono, si straziano ed inteneriscono in un gioco
doppio, tra parole e azioni che a volte le contraddicono: come se un filo
parallelo al dialogo materializzasse pensieri e desideri più o meno espliciti.
Alle volte la vita di
una coppia può trasformarsi in un vero terreno di lotta. Un ring.
Rivendicazioni, insicurezze, rimproveri, debolezze, gelosie. Tutti i colpi sono
ammessi, anche i più bassi. Ma nel confronto c’è spazio anche per alcuni
momenti di dolcezza, di tenerezza.
Per osservare da fuori
questo agone niente di meglio di una scena vuota dove si disegnano i percorsi
dei due protagonisti: incroci, faccia a faccia, schivate, rifiuti,
accerchiamenti.
Un atlante
sentimentale dove ogni passo è un messaggio per l’altro, un segnale che può
essere di minaccia o di coinvolgimento. C’è spazio anche per la seduzione
naturalmente. Ma anche quella in un attimo può trasformarsi in vendetta o in un
ricatto.
C’è spazio anche per
la simulazione. I protagonisti ci sono o ci fanno? Ognuno mette in scena un
teatrino per l’altro che è complice nella finzione. Quante volte l’hanno già
fatto!
È un gioco che può
sorprenderli, che può animare la noia data dall’abitudine. Sono disillusi,
stanno invecchiando, forse non si amano più, ma hanno bisogno l’uno dell’altro.
Il confronto è crudele e il testo di Jane Birkin è asciutto, battute brevi e
secche, un ritmo implacabile che costringe i protagonisti a uno svelamento che
ci rende voyeur, che ci fa tifare per l’uno o per l’altro, ci rimanda alla
nostra vita, al nostro personale confronto con l’altro che amiamo.
Un allestimento
volutamente essenziale, una scenografia fatta di luce, per un’ora circa di
spettacolo.
Lo spettacolo ha avuto
un’anteprima nazionale il 10 settembre 2023 nella rassegna Tempora
Contempora al Convitto Palmieri di Lecce e in prima nazionale
il 14 e 15 ottobre al Florian Espace di Pescara.
Dosaggio ormonale
di e con Giuditta Cambieri, eclettica artista romana.
Parole e canzoni si intrecciano durante una tempesta
ormonale in cui Giuditta si ritrova a navigare in un mare di sudarelle tra
verità più o meno scomode venute a galla durante quella perturbazione. Pezzi di
cuore tagliuzzato, ricordi di speranze naufragate, parole che era meglio non
sentire e altre che sarebbe stato meglio dire, immagini uscite da scene di vita
vissuta e di vita sopravvissuta. L’ormone, si sa, è come un coreografo
impazzito; ti fa saltellare un po’ qua e un po’ là. Così in un percorso di riflessioni
drammaticamente comiche e non solo, le due si ritrovano a fare il punto sull’
essere donne, sull’essere bisessuale, sull’essere madre in un mondo fatto a
misura di maschio. Insomma un mondo fatto apposta per lui, fatto apposta come
un dispetto. Ma non tutte le perturbazioni vengono per nuocere. Non è più tempo
d’aspettare, di non dire, di non fare è tempo invece d’imboccare la gloriosa
strada della tanto temuta ed agognata menopausa.
In sintesi, attempate da ora ma resistenti da sempre!
DAVIDSON | MAURIZIO CAMILLI/BALLETTO CIVILE
liberamente tratto dalla sceneggiatura Il Padre Selvaggio di Pier Paolo
Pasolini, concept e drammaturgia Maurizio Camilli | coreografia Michela
Lucenti | con Maurizio Camilli e Confident Frank | disegno luci
Vincenzo De Angelis | disegno sonoro Andrea Gianessi | datore luci
Francesco Traverso | assistente alla regia Ambra Chiarello assistente
alla coreografia Francesco Collavino | produzione Balletto
Civile, in collaborazione con ERT Emilia Romagna Teatro / Teatro
Nazionale / focus CARNE | con il sostegno di ATER (Modena) e ICK
(Amsterdam) e del Ministero della Cultura Italiana MIC
– Che cos’è la poesia, signore?” chiede Davidson
– Ma tu lo sai! – dice il professore.
– No, non lo so! – protesta il ragazzo scuotendo la testa ricciuta.
– Sì, lo sai!
– No, non lo so!
– Sei un africano, sei immerso nella poesia!
– No, la poesia è una cosa dei bianchi.
– Canta una canzone del tuo villaggio!
Davidson si mette a cantare uno dei canti del suo villaggio.
Ma il canto è nella sua testa strettamente unito alla danza. E allora
cantando si mette a danzare.
Un lungo canto, una lunga danza.
– Ecco, questa è la poesia!
Il Padre Selvaggio è un abbozzo di sceneggiatura scritta nel ’63
e pubblicata postuma nel fatale 1975. Il regista non trovò finanziatori,
spaventati dalla sua libertà di pensiero, e il film non si realizzò. È la
storia di Davidson, un ragazzo nero sensibile e acuto, proveniente da una tribù
dell’Africa e del suo incontro con un insegnante progressista e tormentato –
una figura di frontiera alter ego dello stesso Pasolini – che cerca
di dare ai suoi ragazzi un’istruzione moderna e anticolonialista. Questa opera
sospesa racconta soprattutto il conflitto tra l’insegnante e Davidson,
diffidente alle novità di metodo e di cultura del nuovo insegnante proprio
perché è il più intelligente. Il cuore di questo contrasto è il dilemma del
rapporto tra bianchi e neri, il problema della libertà e della democrazia,
della tensione verso l’altro da sé.
Uno scritto breve ed intenso, con una forte valenza politica e non solo
poetica, una sorta di canovaccio che sfugge alle definizioni concepito da
Pasolini soprattutto come una successione di immagini e di indicazioni di
azioni. Una sceneggiatura ibrida che mischia codici e linguaggi differenti e
proprio nell’assenza della sua realizzazione offre un grande potenziale
espressivo.
Una forma indefinita che presenta qualità visive che si prestano alla messa
in scena danzata, in una vertigine tra opera letteraria e teatro fisico.
Balletto Civile ha incontrato nei suoi viaggi il suo scaltro
Davidson a Modena.
Questo spettacolo sarà fatto con lui.
Il Padre Selvaggio è un abbozzo di sceneggiatura scritta nel ’63
da P.P. Pasolini. È la storia di Davidson, un ragazzo nero sensibile e
acuto, proveniente da una tribù dell’Africa e del suo incontro con un
insegnante progressista, tormentato e anticolonialista. Uno scritto breve ed
intenso, con una forte valenza politica e non solo poetica, che mischia codici
e linguaggi differenti, canovaccio perfetto per una vertigine tra opera
letteraria e teatro fisico.
Il Padre Selvaggio scritto nel ’63 da P.P. Pasolini è una
sceneggiatura che mischia codici e linguaggi differenti, una vertigine tra
opera letteraria e teatro fisico.
È la storia di Davidson, ragazzo nero sensibile e acuto,
proveniente da una tribù dell’Africa e del suo incontro con un insegnante
progressista, tormentato e anticolonialista
Il cuore dello spettacolo è il dilemma del rapporto tra bianchi e neri, il
problema della libertà e della democrazia, della tensione verso l’altro da sé.
Teatro Tordinona 3 Marzo 2024
Monica è una madre single che spinge la figlia di 10 anni, Erika, a partecipare a estenuanti concorsi di bellezza per piccole miss. Durante l’ennesima gara, Erika ha un blocco: non vuole più competere e non riesce a spiegare il perché. La madre cerca di spronare la bambina a non mollare, ma questo non farà che peggiorare la situazione.
Miss Mother affronta in toni crudi
e grotteschi una delle competizioni più pesanti al mondo: quella tra madre e
figlia. Tra battute che strizzano l'occhio alla stand up comedy ed echi di
fatti di cronaca realmente accaduti, il primo studio dello spettacolo cerca di
rispondere a diversi interrogativi: fino a che punto un rapporto tra due
persone che si amano può essere compromesso dalla smania di vincere? A cosa si
è disposte a rinunciare, in quanto donne, per avvicinarsi al sogno dorato del
"jet set"? Chi vince davvero alla fine?
Testo di Emilia Agnesa, regia di
Francesca Orsini, con Bianca Mastromonaco
Per info e prenotazioni missmotherproduzione@gmail.com