
domenica 15 giugno
20 ore 21,00
Mausoleo Cecilia Metella - Chiesa di San Nicola
# teatrodanza
Obliquo - MDA Produzioni Danza
LA FABBRICA DEGLI ANGELI SENZA TEMPO
drammaturgia Brancaccio, Gatti
coreografia e regia Aurelio Gatti
con Lucia CINQUEGRANA, Elisa Carta CAROSI, Paola SARIBAS
e Mario BRANCACCIO
Nel ‘600 Napoli era la
città più grande e popolata d’Europa e “faceva” musica, tanta musica. Tra
il Seicento e Settecento la gerarchia sociale poneva i musicisti al
livello dei servi, costretti a lavorare per un tozzo di pane. A Napoli e in
Italia, la maggior parte della gente viveva in stato di semi-schiavitù,
assoggettata a gente straniera. Gli apprendisti delle botteghe musicali, come
per l'arte figurativa, erano spesso gli autori reali delle musiche, mentre i
compositori di successo, incaricati dai potenti di turno, supervisionavano il
lavoro e questo spiega come un compositore riuscisse a comporre in poche
settimane una mole immensa di musica. I copisti professionisti mettevano
assieme opere con pezzi diversi, traendo temi e brani da materiale
preesistente. Questa
situazione era diffusa in tutta Europa e come non c'erano geni in
Italia, così non c'erano geni neppure in Europa… C'erano solo bravi artigiani e
validi Maestri di bottega. L'idea del genio è tutta romantica. Nel Settecento è
del tutto fuori luogo, mentre nell'Ottocento è frutto di fantasia.
Questo il contesto da cui si è partiti per la messa in scena di “La fabbrica
degli ANGELI SENZA TEMPO”. Ci si è concentrati sul Barocco come tempo storico,
come condizione esistenziale di un’ epoca che pone alla base una asimmetria fra
tempo del mondo e tempo vissuto, tra il vuoto di prospettiva e l’attesa
dell’occasione per il riscatto. Un tempo in cui l’idea di autonomia e di
libertà è mortificata e in cui l’imperativo è trovare le forme, i
modi, la lingua, per convivere con un potere che rende gli spazi di
azione sempre più esigui e dove dunque è cruciale dotarsi di un codice
espressivo e di comportamento che consenta di «salvarsi». Un momento storico
attraversato da inquietudini e contraddizioni potenti con eccessi in tutti i
campi, da quello artistico a quello scientifico, come nella vita sociale e
quotidiana, determinando un diffuso senso di relativismo, di precarietà , di
caducità, di morte.
Così Il fenomeno degli
“evirati cantori” e tutto il mondo della castratio euphonica, aspetto singolare
della scuola operistica napoletana, non può prescindere dalla sua epoca, in cui
sacro e profano sconfinano
nell’immaginario e
curiosità, seduzione, sperimentazione diventano la miscela di una ricerca
“vorace” di riscatto.
Il riscatto è il tema
di questo danza teatro, attraverso la musica e le visioni dell’ormai vecchio
maestro di musica Nicola Antonio Porpora, ennesimo protagonista dei fasti e
dell’oblio di un’epoca tanto straordinaria quanto indifferente ai suoi numerosi
artefici.

domenica 15 giugno
20 ore 21,00
Mausoleo Cecilia Metella - Chiesa di San Nicola
# teatrodanza
Obliquo - MDA Produzioni Danza
LA FABBRICA DEGLI ANGELI SENZA TEMPO
drammaturgia Brancaccio, Gatti
coreografia e regia Aurelio Gatti
con Lucia CINQUEGRANA, Elisa Carta CAROSI, Paola SARIBAS
e Mario BRANCACCIO
Nel ‘600 Napoli era la
città più grande e popolata d’Europa e “faceva” musica, tanta musica. Tra
il Seicento e Settecento la gerarchia sociale poneva i musicisti al
livello dei servi, costretti a lavorare per un tozzo di pane. A Napoli e in
Italia, la maggior parte della gente viveva in stato di semi-schiavitù,
assoggettata a gente straniera. Gli apprendisti delle botteghe musicali, come
per l'arte figurativa, erano spesso gli autori reali delle musiche, mentre i
compositori di successo, incaricati dai potenti di turno, supervisionavano il
lavoro e questo spiega come un compositore riuscisse a comporre in poche
settimane una mole immensa di musica. I copisti professionisti mettevano
assieme opere con pezzi diversi, traendo temi e brani da materiale
preesistente. Questa
situazione era diffusa in tutta Europa e come non c'erano geni in
Italia, così non c'erano geni neppure in Europa… C'erano solo bravi artigiani e
validi Maestri di bottega. L'idea del genio è tutta romantica. Nel Settecento è
del tutto fuori luogo, mentre nell'Ottocento è frutto di fantasia.
Questo il contesto da cui si è partiti per la messa in scena di “La fabbrica
degli ANGELI SENZA TEMPO”. Ci si è concentrati sul Barocco come tempo storico,
come condizione esistenziale di un’ epoca che pone alla base una asimmetria fra
tempo del mondo e tempo vissuto, tra il vuoto di prospettiva e l’attesa
dell’occasione per il riscatto. Un tempo in cui l’idea di autonomia e di
libertà è mortificata e in cui l’imperativo è trovare le forme, i
modi, la lingua, per convivere con un potere che rende gli spazi di
azione sempre più esigui e dove dunque è cruciale dotarsi di un codice
espressivo e di comportamento che consenta di «salvarsi». Un momento storico
attraversato da inquietudini e contraddizioni potenti con eccessi in tutti i
campi, da quello artistico a quello scientifico, come nella vita sociale e
quotidiana, determinando un diffuso senso di relativismo, di precarietà , di
caducità, di morte.
Così Il fenomeno degli
“evirati cantori” e tutto il mondo della castratio euphonica, aspetto singolare
della scuola operistica napoletana, non può prescindere dalla sua epoca, in cui
sacro e profano sconfinano
nell’immaginario e
curiosità, seduzione, sperimentazione diventano la miscela di una ricerca
“vorace” di riscatto.
Il riscatto è il tema
di questo danza teatro, attraverso la musica e le visioni dell’ormai vecchio
maestro di musica Nicola Antonio Porpora, ennesimo protagonista dei fasti e
dell’oblio di un’epoca tanto straordinaria quanto indifferente ai suoi numerosi
artefici.
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