CUORI STRAPPATI - (08/05/14)


CANALE:

Padiglione Borghese 1982 “CUORI STRAPPATI” spettacolo performance della compagnia “La Gaia Scienza” promotrice della postavanguardia  romana. Lo spettacolo evidenzia la necessità, derivante anche dall’analisi del linguaggio teatrale, di non riempire il palcoscenico, ma di svuotarlo completamente, non procedere per addizione ma per sottrazione fino al vuoto assoluto. Un estremismo che si riflette nell’atteggiamento rispetto alle istituzioni, al genere "teatro" ponendosi sempre ai limiti o addirittura fuori di esso, cercando sempre dei punti di non ritorno. Negando il teatro e la regia identificati come genere, non si utilizzano più gli spazi classici, ma si esce dai luoghi chiusi deputati allo spettacolo, identificati dalla cultura della generazione degli anni settanta come un assetto sociale inaccettabile. Questo anche se poi si mette l’accento sul punto di vista formale, e quindi il concetto di marginalità non passa mai attraverso i contenuti. Gli eventi svolti in piena piazza Cavour, coinvolgono  moltissima gente, ma non sono fatti per richiamare spettatori, ma perché ha senso fare queste esperienze in questo punto e in questo momento: il fine è quello di colpire la coscienza di chi passa nel preciso istante. L’azione si svolge in uno spazio scenico che non contiene nessun elemento autoritario, in cui non c’è nessun punto che richieda di essere guardato, l’occhio dello spettatore  circola e sceglie, come accade all’orecchio in certe esperienze musicali, si passa alla ricerca di centri d’attenzione, di segmenti, di linee. Da un movimento circolare, a segmenti molto definiti, predeterminati, che entrano sulla scena, e la tagliano. La scelta di determinare dei fuochi di attenzione dà vita al genere definito come " La nuova spettacolarità", con lavori in cui si imposta una geometria dello sguardo dello spettatore, una geometria costruita utilizzando come serbatoio tutto quello che si è analizzato in piccole sezioni durante gli anni precedenti. Visto retrospettivamente, è  come se ogni spettacolo contenesse un punto intorno a cui si fa terra bruciata. Un’identificazione di elementi minimi di significato teatrale: parole, radici, che possono essere articolate e messe a frutto in modi diversi. Questi elementi minimi sono nuclei che contengono in sé approcci verso altre forme artistiche, come il grande uso di materiali grezzi, primari, come la terra, il fuoco, i lapilli di brace, o strisce di stoffa colorata, vetro, lastre di metallo, colori liquidi o polveri colorate.   Materiali che non si inseriscono casualmente all’interno dello spettacolo ma con riferimento all’azione e al movimento. Essi si pongono come anelli tra il corpo e il significato dell’azione, come fossero un elemento metaforico. Ma non si saprà mai se questo elemento metaforico rappresenta il corpo dell’attore o se sia l’oggetto o se sia il suo significato; c’è un continuo travaso, per cui sono "metafore aperte". E non si saprà mai qual è l’oggetto della metafora.  Uno slittamento, una proiezione/identificazione tra il corpo dell’attore e l’oggetto agito, che si è sviluppa fino ai "costumi" di Cuori strappati, per esempio nella poltrona di roccia.  C’è la volontà di considerare il corpo solo come parte di un insieme; anche se comunque, con una importanza sostanziale una presenza fondamentale, un interesse per il corpo come parte di un paesaggio o di un insieme quindi continuamente interrotto, come in certi quadri futuristi dove c’è una spaccatura del movimento e del corpo. L’idea è che i materiali, e tutta la scena, sia il proseguimento del movimento dell’attore e, viceversa, che il movimento dell’attore sia il proseguimento della scena. In Cuori strappati il discorso sulla metropoli è fondamentale, ma si è consumato, c’è lo spazio urbano, ma non più la metropoli come sensazione forte. Lo sguardo è quello originario allo spazio urbano, quello di chi osserva un pò dall’esterno ma standoci dentro. Costruire uno spazio non reale ma mentale: quindi uno spazio interno, che si pone al di qua e non al di fuori, si tratta di pensare certi elementi non come dati in sé, non come esistenti nella realtà, ma come riflessi in una coscienza. E di conseguenza percepiti dallo spettatore come spazio interno, quindi immaginario. In Cuori strappati c’è un riferimento molto forte all’architettura: a un’architettura elementare, estremamente primaria, fatta di pareti mobili. E’ uno spettacolo sul rapporto tra interno ed esterno, un rapporto che è in continua mutazione. Benjamin, in un pezzo dedicato ad alcuni autori tedeschi, descrive come si possano considerare le strade, lo spazio urbano, come l’interno di una casa (per esempio, i caffè come balconi): è il passaggio da quello che era l’interno borghese ottocentesco a un’apertura sulla dinamica delle strade. Lo spettacolo inizia con un muro, una parete che chiude la scena. E poi pian piano questa prospettiva viene sfondata, aperta... Questo concetto può anche avere a che fare con uno stile dell’architettura romana, presenza molto forte: il barocco, in cui ci sono esterni che ricostruiscono interni e viceversa, soprattutto nel Borromini. Cuori strappati contiene e brucia in sé dieci spettacoli. C’è questa esuberanza, ma è voluta. L’esperienza di tutta una generazione che ha affrontato il teatro da questo punto di vista ha rigenerato una pratica teatrale. La Gaia Scienza compagnia teatrale di Roma della postavanguardia italiana fondata nel 1975, prende il nome dal celeberrimo testo di Friedrich Nietzsche composta nel suo nucleo artistico originario da Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari e Alessandra Vanzi. Debutta nel 1976 allo storico Beat '72 di Roma con La rivolta degli oggetti , ideato e diretto dagli stessi interpreti che dieci anni dopo si scioglieranno dando vita a due gruppi distinti: la compagnia G. B. Corsetti e la compagnia Solari - Vanzi. Contigua alla ricerca espressa in altri ambiti dalla neoavanguardia (pittura, musica, body-art, video arte) la produzione di G. S. si appropria anche di spazi extrateatrali coniugando l'attenzione per le contaminazioni linguistiche ed espressive nei diversi generi artistici con la rilettura della proto avanguardia del '900. Tra gli spettacoli più significativi del gruppo, ospite della Biennale - Venezia nel 1984: Luci della città (1976), Cronache marziane e Una notte sui tetti (1977), Blu oltremare, Sogni proibiti, L'uomo che sapeva troppo e Malabar Hotel (del 1978), Il ladro di Bagdad, La corrente del Golfo, Variations III di John Cage e Così va il mondo (allestiti tra il 1979 e il 1981), Gli insetti preferiscono le ortiche (1982), Cuori strappati e Animali sorpresi distratti (del 1983), Notturni diamanti e Il ladro di anime (del 1984).

Padiglione Borghese 1982 “CUORI STRAPPATI” spettacolo performance della compagnia “La Gaia Scienza” promotrice della postavanguardia  romana. Lo spettacolo evidenzia la necessità, derivante anche dall’analisi del linguaggio teatrale, di non riempire il palcoscenico, ma di svuotarlo completamente, non procedere per addizione ma per sottrazione fino al vuoto assoluto. Un estremismo che si riflette nell’atteggiamento rispetto alle istituzioni, al genere "teatro" ponendosi sempre ai limiti o addirittura fuori di esso, cercando sempre dei punti di non ritorno. Negando il teatro e la regia identificati come genere, non si utilizzano più gli spazi classici, ma si esce dai luoghi chiusi deputati allo spettacolo, identificati dalla cultura della generazione degli anni settanta come un assetto sociale inaccettabile. Questo anche se poi si mette l’accento sul punto di vista formale, e quindi il concetto di marginalità non passa mai attraverso i contenuti. Gli eventi svolti in piena piazza Cavour, coinvolgono  moltissima gente, ma non sono fatti per richiamare spettatori, ma perché ha senso fare queste esperienze in questo punto e in questo momento: il fine è quello di colpire la coscienza di chi passa nel preciso istante. L’azione si svolge in uno spazio scenico che non contiene nessun elemento autoritario, in cui non c’è nessun punto che richieda di essere guardato, l’occhio dello spettatore  circola e sceglie, come accade all’orecchio in certe esperienze musicali, si passa alla ricerca di centri d’attenzione, di segmenti, di linee. Da un movimento circolare, a segmenti molto definiti, predeterminati, che entrano sulla scena, e la tagliano. La scelta di determinare dei fuochi di attenzione dà vita al genere definito come " La nuova spettacolarità", con lavori in cui si imposta una geometria dello sguardo dello spettatore, una geometria costruita utilizzando come serbatoio tutto quello che si è analizzato in piccole sezioni durante gli anni precedenti. Visto retrospettivamente, è  come se ogni spettacolo contenesse un punto intorno a cui si fa terra bruciata. Un’identificazione di elementi minimi di significato teatrale: parole, radici, che possono essere articolate e messe a frutto in modi diversi. Questi elementi minimi sono nuclei che contengono in sé approcci verso altre forme artistiche, come il grande uso di materiali grezzi, primari, come la terra, il fuoco, i lapilli di brace, o strisce di stoffa colorata, vetro, lastre di metallo, colori liquidi o polveri colorate.   Materiali che non si inseriscono casualmente all’interno dello spettacolo ma con riferimento all’azione e al movimento. Essi si pongono come anelli tra il corpo e il significato dell’azione, come fossero un elemento metaforico. Ma non si saprà mai se questo elemento metaforico rappresenta il corpo dell’attore o se sia l’oggetto o se sia il suo significato; c’è un continuo travaso, per cui sono "metafore aperte". E non si saprà mai qual è l’oggetto della metafora.  Uno slittamento, una proiezione/identificazione tra il corpo dell’attore e l’oggetto agito, che si è sviluppa fino ai "costumi" di Cuori strappati, per esempio nella poltrona di roccia.  C’è la volontà di considerare il corpo solo come parte di un insieme; anche se comunque, con una importanza sostanziale una presenza fondamentale, un interesse per il corpo come parte di un paesaggio o di un insieme quindi continuamente interrotto, come in certi quadri futuristi dove c’è una spaccatura del movimento e del corpo. L’idea è che i materiali, e tutta la scena, sia il proseguimento del movimento dell’attore e, viceversa, che il movimento dell’attore sia il proseguimento della scena. In Cuori strappati il discorso sulla metropoli è fondamentale, ma si è consumato, c’è lo spazio urbano, ma non più la metropoli come sensazione forte. Lo sguardo è quello originario allo spazio urbano, quello di chi osserva un pò dall’esterno ma standoci dentro. Costruire uno spazio non reale ma mentale: quindi uno spazio interno, che si pone al di qua e non al di fuori, si tratta di pensare certi elementi non come dati in sé, non come esistenti nella realtà, ma come riflessi in una coscienza. E di conseguenza percepiti dallo spettatore come spazio interno, quindi immaginario. In Cuori strappati c’è un riferimento molto forte all’architettura: a un’architettura elementare, estremamente primaria, fatta di pareti mobili. E’ uno spettacolo sul rapporto tra interno ed esterno, un rapporto che è in continua mutazione. Benjamin, in un pezzo dedicato ad alcuni autori tedeschi, descrive come si possano considerare le strade, lo spazio urbano, come l’interno di una casa (per esempio, i caffè come balconi): è il passaggio da quello che era l’interno borghese ottocentesco a un’apertura sulla dinamica delle strade. Lo spettacolo inizia con un muro, una parete che chiude la scena. E poi pian piano questa prospettiva viene sfondata, aperta... Questo concetto può anche avere a che fare con uno stile dell’architettura romana, presenza molto forte: il barocco, in cui ci sono esterni che ricostruiscono interni e viceversa, soprattutto nel Borromini. Cuori strappati contiene e brucia in sé dieci spettacoli. C’è questa esuberanza, ma è voluta. L’esperienza di tutta una generazione che ha affrontato il teatro da questo punto di vista ha rigenerato una pratica teatrale. La Gaia Scienza compagnia teatrale di Roma della postavanguardia italiana fondata nel 1975, prende il nome dal celeberrimo testo di Friedrich Nietzsche composta nel suo nucleo artistico originario da Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari e Alessandra Vanzi. Debutta nel 1976 allo storico Beat '72 di Roma con La rivolta degli oggetti , ideato e diretto dagli stessi interpreti che dieci anni dopo si scioglieranno dando vita a due gruppi distinti: la compagnia G. B. Corsetti e la compagnia Solari - Vanzi. Contigua alla ricerca espressa in altri ambiti dalla neoavanguardia (pittura, musica, body-art, video arte) la produzione di G. S. si appropria anche di spazi extrateatrali coniugando l'attenzione per le contaminazioni linguistiche ed espressive nei diversi generi artistici con la rilettura della proto avanguardia del '900. Tra gli spettacoli più significativi del gruppo, ospite della Biennale - Venezia nel 1984: Luci della città (1976), Cronache marziane e Una notte sui tetti (1977), Blu oltremare, Sogni proibiti, L'uomo che sapeva troppo e Malabar Hotel (del 1978), Il ladro di Bagdad, La corrente del Golfo, Variations III di John Cage e Così va il mondo (allestiti tra il 1979 e il 1981), Gli insetti preferiscono le ortiche (1982), Cuori strappati e Animali sorpresi distratti (del 1983), Notturni diamanti e Il ladro di anime (del 1984).
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