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Presunta morte naturale

Nuovo Cinema Palazzo 22 gennaio 2016
Presunta morte naturale
Presunta morte naturale. Un dramma pubblico
Ideazione – drammaturgia: Pako Graziani
Regia: Alessandra Ferraro e Pako Graziani
Con: Tiziano Panici
Musiche: Dario Salvagnini
Light designer: Valerio Maggi
Produzione Margine Operativo
In collaborazione con Kollatino Underground, Argot Studio, Attraversamenti Multipli
Presunta morte naturale prosegue la ricerca di Margine Operativo di confronto attraverso il teatro con i temi del presente. Lo spettacolo ripercorre la storia di Stefano Cucchi: geometra trentunenne morto a Roma il 22 ottobre 2009 per presunta morte naturale.
Una settimana prima era stato arrestato per spaccio: sette giorni nelle mani dello Stato, dai carabinieri alla polizia penitenziaria, dai magistrati ai medici del carcere e dell’ospedale. La famiglia lo rivedrà dietro una teca di vetro: sul suo corpo, inequivocabili segni di percosse.
Tiziano Panici dà voce e corpo alla storia di Stefano, attraverso una drammaturgia che affronta la sua vicenda da prospettive diverse, un intreccio di fonti e di voci diverse che si accavallano e si rincorrono.
“Perché quella di Stefano era una vita normale, con inciampi, sofferenze e sbagli normali, finita in un modo che normale non è”. Note di regia:
“Presunta morte naturale è spettacolo nato da una necessità: che non si ripeta più quello che è successo già troppe volte. Molte sono le storie “simili” a quella di Stefano, la storia di Federico Aldrovandi, quella di Davide Bifolco solo per ricordarne alcune. Presunta morte naturale nasce sia dalla consapevolezza che quello che è successo a Stefano poteva succedere a ciascuno di noi, ad un nostro fratello, ad un nostro amico sia come contributo al coraggio incredibile non solo della famiglia di Stefano, ma anche di tutte quelle famiglie e dei cittadini che non hanno accettato le versioni ufficiali e hanno intrapreso lunghe battaglie per chiedere verità e giustizia.
La storia di Stefano ci ha colpito anche perché viviamo a Torpignattara il quartiere di Roma dove Stefano Cucchi abitava e dove tuttora vive la sua famiglia. I muri del quartiere dove viviamo, le strade che attraversiamo quotidianamente sono piene di scritte per Stefano, è una memoria pubblica che ci interroga. Il nostro spettacolo è il nostro “piccolo” contributo perché nessuno più muoia come Stefano per” presunta morte naturale”. Pako Graziani e Alessandra Ferraro
29.1.16
 

Monologhi dell’Atomica

Teatro Due Roma 24 Gennaio 2016 Rassegna ospite
Marioletta Bideri per BIS TREMILA presenta
MONOLOGHI DELL’ATOMICA
Da Kyoko Hayashi e Svetlana Aleksievich a cura di Elena Arvigo
“Preghiera per Cernobyl’” – racconta l’autrice Svetlana Aleksievich, insignita del Premio Nobel 2015 per la Letteratura - “non parla di Cernobyl’ in quanto tale, ma del suo mondo. Proprio di ciò che conosciamo meno. O quasi per niente. Ad interessarmi non è l’avvenimento in sé, vale a dire cosa sia successo e per colpa di chi, bensì le impressioni, i sentimenti delle persone che hanno toccato con mano l’ignoto. Il mistero Cernobyl’ è un mistero che dobbiamo ancora risolvere... Questa è la ricostruzione non degli avvenimenti, ma dei sentimenti. Per tre anni ho viaggiato e fatto domande a persone di professioni, generazioni e temperamenti diversi. Credenti e atei. Contadini e intellettuali. Cernobyl’ è il principale contenuto del loro mondo. Esso ha avvelenato ogni cosa che hanno dentro, e anche attorno, e non solo l’acqua e la terra.”
Svetlana Aleksievich e’ una delle piu’ importanti giornaliste e scrittrici contemporanee e durante le repliche milanesi al teatro out off di Milano di “Donna non rieducabile - memorandum teatrale di Anna Politkovkaja” , ogni sera dopo lo spettacolo invitavo altri attori a fare letture di articoli di altri giornaliste o scrittrici e “Preghiera per Cernobyl “ mi e’ sembrata fin a subito avere una forza teatrale e drammaturgica formata. Non serve aggiungere o togliere nulla , non serve adattare – È già pronta – La Aleksievich ha strutturato il libro in testimonianze raccolte in “Monologhi“
È molto potente il teatro , e’ molto potente la voce della Aleksievich che racconta e l’argomento non e’ solo Cernobyl ma il nostro futuro . il nucleare e i suoi effetti sull’uomo . Non solo quelli devastanti sul corpo . Qua si parla di chi e’sopravissuto .È un libro e una lettura necessaria “Preghiera per Cernobyl “ , che merita un spazio e una riflessione importante .
“Cernobyl..e’ una guerra che va oltre qualsiasi guerra . L’uomo non ha via di scampo. Ne’ sulla terra, ne’ sott’acqua, ne’ in cielo“.
29.1.16
 

Viviamoci

Teatro Studio Uno, 23 Gennaio 2016
VIVIAMOCI
Di e con Giorgia “Gigia” Mazzucato
Non potete guardare “Viviamoci”, lo spettacolo-monologo di Giorgia “Gigia” Mazzucato se non siete in grado di immaginare la vostra barca personale, quella su cui navigate ogni giorno, quella con cui affrontate i flutti, quella che vi porta su spiagge meravigliose o contro scogli affilati. Non potete seguire la giovane attrice nella sua pièce se non potete colorare lo scafo con le emozioni più intense, le vele con le sensazioni più vere, il timone con le paure più reali. Perché “Viviamoci” è un viaggio tra le decine di sfumature del blu, un’immersione nella vita che inzuppa i vestiti, bagna la bocca di acqua dolce e salata, impregna le ossa di stupore e sorpresa.
Gigia Mazzucato si avventura subito oltre lo specchio, varca la soglia tra il reale e fantastico, l’uscio che la separa da un mondo che è un brodo primordiale di vita e meraviglia. Quando il pianto di gioia di una madre guerriera si spegne e diventa solo una linea dritta sul viso, sua figlia inizia a raccontare un sogno, segue un sentiero di mattoni gialli fatti di giochi di parole, di assonanze e paradossi, tesse la tela di favole comiche incrociando i fili raccolti in terra, gettati all’aria da chi non sa più cosa farsene. C’è, nel gioco della bambina, tutto il potenziale che solo lo stupore per la vita può iniettare nelle vene e l’attrice, con i suoi occhi furbi e lo strascico veneto, è in grado di inocularlo con dolcezza e bravura anche nel pubblico.
E quando il sorriso riappare sul volto della madre, un nuovo viaggio ha inizio. Il pensiero scivola lungo il cordone ombelicale della memoria, che la conduce a un utero caldo, a un ventre confortevole e mai dimenticato: quello delle origini. Perché Viviamoci è anche l’abbraccio delle proprie radici, che affondano nelle nostre ossa fino al midollo e si nutrono dei nostri ricordi e delle nostre emozioni. È vero che dalla prua della nostra barca colorata guardiamo il futuro attraverso un binocolo caleidoscopico, ma le assi della chiglia, la ruota del timone, il parapetto che ci protegge dal cadere in acqua sono costituiti di frammenti del passato, sono formati dal legno delle nostre origini.
La scena è semplice, nuda, le luci cambiano seguendo le emozioni e i personaggi interpretati, non c’è nulla di superfluo, nulla di ridondante. Giorgia “Gigia” Mazzucato ha la bravura di solcare quella scena con un piede leggero, di scivolare sulle sfumature della vita, dalla gioia alla tristezza, dalla rabbia al dolore senza calcare troppo, lasciando un’orma lieve nella sabbia e nello spettatore. Ma, come per lo spettacolo “Guerriere. Tre donne nella grande guerra”, finalista al Fringe Festival 2015 di Roma, quell’impronta è ancora lì.
29.1.16
 
 
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