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Il gatto con gli stivali

Teatro Valle Occupato 23 febbraio 2014
“Il gatto con gli stivali”
Spettacolo ispirato alla fiaba di Charles Perrault testo, figure, regia Gianni Franceschini, musiche Marco Remondini, scene Gianni Volpe. La fiaba tradizionale è lo stimolo per sottolineare l’azione del gatto come un “portatore di buone cose”, un personaggio-animale, perciò con caratteristiche misteriose e magiche, che aiuta un umano in difficoltà. Il giovane è tra i fratelli il più debole e maltrattato, ma l’incontro col gatto lo renderà fortunato e felice. Il valore dell’amicizia e della solidarietà sono alla base di questo accompagnatore, di questo “aiutante magico” che ha come suo compito quello di accudire e soddisfare l’avventura della vita del ragazzo. Tutti possiamo identificarci sia nel gatto che nel ragazzo, in questo caso l’adulto-gatto si propone come solidale appoggio al bambino che sta affrontando la vita, solo e timoroso.” Niente paura la vita porta con sé incontri che diventano importanti per il crescere e per la scoperta dei suoi valori.” Un singolare personaggio, un pittore, forse un mago o uno stregone, dipinge un grande quadro. E’ un’immagine di gioco, d’amore, di ottimismo e solidarietà, sono gli argomenti che questo personaggio misterioso ama, temi di tante avventure e storie, come quella di un gatto che aiuta i più deboli. La sua pittura è il pretesto per raccontare questa storia fantastica, il pittore si trasforma in narratore, racconta la storia del “Gatto con gli stivali”, aiutandosi con figure ed immagini nate dalla sua arte. Il gatto con i suoi trucchi e con le sue magiche invenzioni aiuta un giovane a superare gli ostacoli della vita, la povertà, la difficoltà di avere una propria personalità, presenze malvagie e potenti. Gli apre la strada per diventare, nel più classico finale delle fiabe, sposo della figlia del re. Alla fine gli spettatori ed ascoltatori della fiaba scoprono che lo strano pittore non è altro che il protagonista, il gatto, che ricorda una delle sue straordinarie avventure. La narrazione è alla base della relazione tra attore e spettatore. L’attore parte da una sua esperienza personale e la testimonia con l’aiuto della fiaba, diventa quasi il gatto che racconta la sua storia, il gatto di tutti, cioè l’arte e il teatro che ci permettono di rapportarci col mistero e la parte della vita che non conosciamo o non comprendiamo. L’attore perciò gioca a narrare, ad interpretare e si avvale del sostegno magico di innumerevoli figure, animate e dipinte che, come delle stregonerie, efficacemente segnano l’immaginazione dello spettatore, creando lo stupore e il fascino che sono alla base del gioco e dell’invenzione. Sono come dei giocattoli creati con materiali poveri, carta, stoffe ecc. che, animati dall’attore, diventano i protagonisti del suo raccontare, sullo sfondo di tanti quadri che appaiono come opere di un artista nel suo studio di pittura. Le musiche e la suggestione delle atmosfere create dalle luci e dagli elementi scenografici completano questo viaggio, che è una scoperta continua di immagini e personaggi che nascono e spariscono in un gioco teatrale che non può non ricordare quello dei bambini che sfogliano un libro illustrato.
24.2.14
 

THE BIG BIGLE#1

Teatro dell’Orologio 23 Novembre 2013 the Avengers “THE BIG BIGLE#1”
di e con Giulia Aiazzi, Riccardo Goretti, Ciro Masella, Pasquale Scalzi. Con la consulenza di Tommaso Chimenti e il supporto tecnico di Chiara Saponari,
produzione Teatrino dei Fondi, The Avengers, Kilowatt Festival, Fonderia Performing Arts, Festival Tra Cielo e Terra, La Gualchiera – Montemurlo spettacolo finalista NeXtwork 2013.
"In principio era il Verbo, il Verbo era Dio e il Verbo era presso Dio". Tutti sanno che la Bibbia inizia con queste arcane parole. Talmente arcane che non è neanche vero che stanno all'inizio. The Big Bible #1 Antico Testamento è il primo movimento di un kolossal insensato tratto dal più grande best-seller di tutti i tempi: la Sacra Bibbia.
24.2.14
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Non sentire il male

Teatro Argot 12 dicembre 2013 “NON SENTIRE IL MALE” di e con Elena Bucci dedicato a Eleonora Duse immaginata nel momento in cui, malata e sostituita da Gabriele D’Annunzio nella Figlia di Iorio, prende il copione comincia a recitare tutte le parti, tutte le scene, tutte le figure e recitando guariva dai danni della vita. “C’è un tempo della vita in cui non bastano più mestiere, tecnica, lavoro, ma ci si domanda dove ci portino e cosa c’è oltre e altrove. Io ero proprio lì, quando, parlando con un amico sapiente, mi sono accorta che gli scritti e il pensiero della Duse mi avevano accompagnato per tutta la mia vita teatrale. Dedicando questo lavoro a lei ho raccolto i fili delle mie inquietudini, sperando che non fossero solo mie. Lo spettacolo è davvero scritto nel corpo, senza retorica, ed è questo che cercavo, e questo è il cuore del mio lavoro su Eleonora Duse, immaginata nel momento in cui, malata e sostituita da Gabriele D’Annunzio nella Figlia di Iorio, prende il copione e recita tutte le parti, tutte le scene, tutte le figure, davanti allo sguardo allucinato di Matilde Serao, puntuale e quasi invadente osservatrice e testimone. Forse in quel momento la Duse, che recitando guariva dai danni della vita, provava a liberarsi e a vedere oltre la materia necessaria, odiata e amata, del teatro: le scene, i costumi, gli attori. Forse sognava di poter volare per un attimo, come le altre arti tentavano, in uno spazio dove fosse possibile il teatro senza corpo e senza voce, libero dalla poesia inevitabile della sua continua distruzione nel qui e ora. Liberandosi della materia del teatro, forse si rinnova il contatto con la vita, da lei sempre inseguito e sfuggito. Ho attinto a lettere, scritti, testimonianze indirette che percorrono tutto l’arco della sua vita, ed il criterio di scelta è stato assolutamente personale, pur nel tentativo di comprendere e rispettare. E inevitabilmente, tentando di essere medium di qualcosa che si è molto amato, si parla di sé. Ho cercato di liberarmi da immagini indotte, stereotipi affascinanti, tentazioni estetiche e credo di avere trovato, nel coraggio e assoluta libertà di lei, una forza preziosa nell’accantonare regole e convenzioni. Allo stesso tempo, ho lavorato perché fosse possibile, anche a chi non ne avesse mai sentito parlare, attingere a qualcosa di lei.” Elena Bucci
24.2.14
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Ella

Teatro Argot 15 dicembre 2013 “ELLA” di Herbert Achternbusch con Marco Sgrosso dal testo di Herbert Achternbusch attraverso il quale in un flusso inarrestabile ed estenuante di una memoria sgangherata ma lucidissima nei dettagli, il personaggio Josef/Ella rivive umiliazioni e violenze in una dimensione allucinata dove il racconto della propria vita assume quasi le valenze di una confessione, estorta ma necessaria. La traduzione è di Luisa Gazzerro Righi. “Ho sempre ripensato ad “Ella” come ad una irresistibile occasione di confronto e di sfida, prima di tutto con me stesso e con la mia memoria.
Per me, “Ella” è nostalgia, e mi sembra che leggere e rileggere quelle parole sia un po’ come urlare da soli, fa male ma fa anche bene… Attraverso il flusso inarrestabile ed estenuante di una memoria sgangherata ma lucidissima nei dettagli, Josef/Ella rivive umiliazioni e violenze in una dimensione allucinata dove il racconto della propria vita assume quasi le valenze di una confessione, estorta ma necessaria. Ho visto in Josef un angelo bianco irrimediabilmente insozzato, in Ella una creatura sfacciata e grottesca precipitata in uno squallore straziante. Ho immaginato una sorta di ring, uno spazio costretto ed imploso, come il pollaio, le celle e tutte le stanze chiuse in cui questo ibrido di uomo/donna trascorre tanta parte della sua vita. Ho sentito il vuoto di chi perde le radici, come uno smarrimento da immigrati in una terra ostile. E, non so perché, ho pensato con ricorrente insistenza alle figure di Egon Schiele, alle loro espressioni allucinate e spigolose, al dolore dei loro corpi nodosi, alla loro bellezza rabbiosa, a quella irrinunciabile scomodità esistenziale oltre che fisica. Ho sentito il linguaggio continuamente interrotto ed insidiato di Achternbusch come una partitura sonora da sporcare con inflessioni umorali e dialettali, perché mi è sembrato che l’uso di una lingua “impura” potesse meglio restituire l’umanità dolorosa e plebea di questo Figlio e di questa Madre “strappati”.” Marco Sgrosso
24.2.14
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GABRIELE D’ANNUNZIO: Notturno, Notturni

Teatro Keiros 8 Febbraio 2014 “GABRIELE D’ANNUNZIO: Notturno, Notturni”
Le parole del poeta, le note dei musicisti suoi contemporanei.
Con MAURIZIO PALLADINO e imusicisti EMANUELA CHIODI ed EROS MELE.
Centocinquant’anni fa, a Pescara, nel marzo del 1863, nasceva GABRIELE D’ANNUNZIO.
La ricorrenza e il lungo tempo trascorso sono stimolo per una rilettura delle opere e della vita di un uomo molto discusso, ma che tanto ha influito sulla società letteraria, sul costume, sulla storia politica stessa dell’Italia. Questo recital vuole celebrare tale anniversario con le parole del POETA, lette, recitate e cantate, partendo dai suoi primi versi composti all’età di 16 anni, scorrendo le sue lettere, sfogliando alcune pagine del suo primo romanzo “Il piacere” e scegliendo come elemento portante, brani dalla sua opera più intima e non a caso autobiografica: “NOTTURNO”, una raccolta di meditazioni e ricordi con la quale D’ANNUNZIO tracciò una sorta di bilancio della sua vita. Tutto questo in stretto connubio con la MUSICA.
Parole e note si fonderanno insieme, con l’esecuzione di brani per Pianoforte e Clarinetto composti da musicisti suoi contemporanei, alcuni dei quali ebbero con lo scrittore rapporti diretti e di amicizia. Ascolteremo sonate e “NOTTURNI” di Claude Debussy, Gabriel Fauré, Felice Blangini, Francesco Paolo Tosti. Uno spettacolo di forte impatto emotivo, che coniuga felicemente l’aspetto culturale con quello dell’intrattenimento.
24.2.14
 

Felicitazioni

Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica

 Teatro Tordinona 25 Gennaio 2014 Zanfretta e il Gruppo di Teatro Campestre presentano “FELICITAZIONI” Di Maria Luisa Usai. Con Maria Luisa Usai e Elisabetta Granara. Due personaggi femminili, creano un surreale mondo domestico dove affrontano se stesse, l'altro e il domani che incombe. Perché muoversi? Cosa è possibile opporre allo scenario del mondo che viviamo? Le due donne decidono di reagire ai ripetuti attacchi della vita con canzonette, rock and roll e dive d'altri tempi. Combattono una lotta ostinata contro di sé e contro l'altro, dove ogni arma è ammessa e ogni sogno possibile.
24.2.14
 

Amleto?

Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica

Teatro Argot Studio 1 Febbraio 2014 “AMLETO?”
 con Stefano Detassis e Maura Pettorruso
testo e regia Carmen Giordano
disegno luci Alice Colla
organizzazione Daniele Filosi
uno spettacolo di compagnia Macelleria ETTORE
una produzione TrentoSpettacoli
in coproduzione con E45 Fringe Napoli Teatro Festival 2013
Fondazione Campania dei Festival
Amleto è una domanda che nasce dalla visione di uno spettro. Lo spettro è il momento in cui guardiamo dentro noi stessi. Una pausa del tempo, un frattempo, un buio. Ci sbatte in faccia quello che possiamo essere. Noi sappiamo quello che siamo, non quello che possiamo essere. Per tutti c'è un mistero nella realtà.
Un’ipotesi intorno al testo shakespeariano, una domanda insita in quel punto interrogativo che accompagna il titolo. Fedele alla sua ricerca artistica che si nutre del confronto con i maestri (quelli che ognuno di noi ha ascoltato almeno una volta e, almeno una volta, ha desiderato tradire) “Macelleria Ettore” accetta la sfida elisabettiana. Due attori in uno spazio nudo provano Amleto, sprofondano nel testo, squarciano scene, scavano immagini e prendono derive sorprendenti. Due vite alla prova, quelle di Amleto e di Ofelia. Fra attori e personaggi i piani si confondono e la vita si riversa in scena per lasciare una traccia, un’eco di sé. In una riscrittura che intercetta l’originale e lo attraversa, i due protagonisti raccontano la loro storia e, inevitabilmente, anche la nostra.
24.2.14
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Alice delle Meraviglie

Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica

Teatro Tordinona 4 Febbraio 2014 “Alice delle Meraviglie”
Compagnia Macelleria Ettore
con Maura Pettorruso
organizzazione Daniele Filosi
testo e regia Carmen Giordano
disegno luci Alice Colla
“La fantasia è un posto dove ci piove dentro” - Italo Calvino
Cadere nella tana di un coniglio, dentro un cassetto. Non riuscire a oltrepassare una porta. Espandersi. Allungarsi come un telescopio. Crescere. Piangere. Rimpicciolire. Cercare una chiave. La misura giusta per entrare nel giardino. Sottomondo. Ultra mondo. Wonderland. Il posto delle meraviglie. Alice si meraviglia di sé stessa, nello specchio. Come nei sogni dove siamo e non siamo, perché osiamo cose mai viste e parliamo una lingua misteriosa. La lingua delle meraviglie. La lingua di Carroll: parole–valigia piene di significati, vocazione al nonsenso, onnipotenza del gioco. Scopriamo la libertà assoluta di tradire il reale. Farci specchio deformante del mondo di tutti i giorni. Sovvertirlo. Superarlo. Meravigliarlo.
Alice nel paese delle meraviglie e Alice attraverso lo specchio non sono libri per bambini e non sono per adulti. Sono libri per adulti stanchi di crescere per niente. È il testo che non è: spostato un po’ più avanti e un po’ più indietro di dove lo si coglie. Ha più tempo di noi. Ognuno sta al proprio passo. Macelleria ETTORE incontra Alice e Lewis Carroll nel paese delle meraviglie e scopre il gusto di un’infanzia immaginata. Non essere mai adulti e all’improvviso non essere più bambini. La verità dell’assurdo. L’allucinatoria possibilità del linguaggio di produrre immagini.
Maura Pettorruso è interprete e artefice di un viaggio meraviglioso tra dentro e fuori, grande e piccolo, sogno e realtà. Basta seguire la regola per cui “Se non sai dove vai, qualunque strada ti ci condurrà” . La molla è la curiosità di sé stessi visti nello specchio dell’altro.
24.2.14
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Una specie di Alaska

Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica

 Teatro Biblioteca Quarticciolo 26 gennaio 2014 “Una specie di Alaska” di Harold Pinter con Sara Bertelà, Nicola Pannelli, Orietta Notari, progetto regia Valerio Binasco. Una specie di Alaska è una commedia terribile come un incubo, dura come una relazione scientifica e struggente come un mèlo. È ispirata alla Raccolta di testimonianze reali che il medico Oliver Sacks raccoglie nella sua memorabile opera “risvegli’ in cui racconta le esperienze dei suoi pazienti affetti dell’encephalitis letargica, epidemia che dopo il 1916 Terrorizzò buona parte del mondo. Una ragazzina è rimasta come ‘addormentata’ per quasi trent’ anni. Oggi si risveglia. È convinta di andare alla festa del suo compleanno, la mamma gli ha preparato un vestito per i suoi quindici anni. Ma non c’è nessuna festa. Non ci sono più né padre né madre. C’è una donna ‘vecchia’ di quarantacinque anni ed è lei stessa . Ad aiutarla nel suo nuovo contatto con il mondo ci sono la sorella prediletta – divenuta ‘vecchia’ a sua volta- e un amico di famiglia, un dottore che ha sperimentato la medicina (la l-dopa) su di lei… E’ quasi impossibile convincere quella ragazzina di ciò che le è successo. Nel bene e nel male, però, bisogna vivere lo stesso, anche se tutto è privo di senso.Gli spettatori sono essi stessi i ravvicinati testimoni nella camera d’ospedale in cui si svolge la storia. Sara Bertelà, nei panni di Deborah, affiancata da Orietta Notari e Nicola Pannelli, conduce il pubblico in un clima sospeso – “… in una specie di Alaska”, per l’appunto – tra un presente assurdo dove non riesce a collocarsi e quel tempo ‘bianco’, non vissuto e rubato, che non tornerà più.
24.2.14
 

Italo e l’Italia che va alla guerra

Recensione della rassegna su Gufetto.it

Teatro Biblioteca Quarticciolo 1 febbraio 2014 "Rassegne in viaggio 2013/14" Casa dei Teatri “Guerra e Pace”
Italo e l’Italia che va alla guerra
Liberamente tratto da “L’entrata in guerra” di Italo Calvino
di Laura Rovetti e F. Valeriano Solfiti
con Laura Rovetti e Eugenia Scotti
regia F. Valeriano Solfiti
Associazione Malalingua
Mentre l’Italia entra in guerra, Italo, coinvolto suo malgrado tra i Balilla, scopre gli odori e i colori della guerra, conosce il dolore dei profughi, l’esaltazione del saccheggio, l’eccitazione dell’esercizio del potere, anche se è un gioco. Ma lui non è un gradasso come gli altri balilla, ed è combattuto tra il desiderio di ostentare la sua opposizione e un residuo di infantile vergogna di essere diverso. Non ruba quando gli altri lo fanno, non saccheggia le case dei poveri sfollati, non vanta trofei o bottini di guerra… ma piuttosto si domanda: sono forse meno sveglio degli altri? Sono un codardo? Chi sono io? Solo alla fine il protagonista capisce che il suo è «un contegno coraggioso, quasi eroico!». Lo spettacolo, rivolto prevalentemente ad un pubblico di adolescenti e famiglie, fonde la narrativa di Calvino alla sua biografia e alla storia dell’Italia di quegli anni fornendone un affresco vivo, che permette a tutti di entrare in immediata empatia con i protagonisti.
24.2.14
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CENERI... 2701194527012013

Recensione dello spettacolo su Gufetto

Casa delle Culture 2 febbraio 2014
 CENERI... 2701194527012013
Viaggio a due voci nel sistema concentrazionario dell’economia mondiale.
Letture dalle indagini sulla economia nazista, da testimonianze dei sopravvissuti ai lager ed estratti da documenti originali e da fonti storiche.
Di e con: Cam Lecce e Jörg Grünert.
Musiche di Luigi Morleo.
Progetto artistico: Deposito Dei Segni Onlus.
CENERI è una azione artistica che propone una lettura trasversale del genocidio nazista, del fallimento della società umana intesa come comunità dove ogni parola, gesto, segno furono relegati nel nulla, dove ogni corporeità e materialità dell’esistente vennero messe al bando e la condizione umana disumanizzata.
CENERI tenta di riportare l’indicibile storia del Nazifascismo alle sue matrici economiche e finanziarie seguendo il percorso, spesso sotterraneo e apparentemente velleitario, delle burocrazie europee, dalla guerra agli anni della pacificazione. La memoria diventa così una lente che mette a fuoco il presente, le dinamiche socio-economiche del nostro sistema globalizzato odierno. L’installazione utilizza la metafora del treno e in questa simbologia nota inserisce alcune immagini di repertorio dei campi di concentramento: la discarica dell’umanità, nel suo culmine tragico, diviene incomprensibile all’occhio dello spettatore che resta una figura in bilico tra la realtà testimoniata e i bilanci a freddo dell’eccidio e delle risoluzioni post-belliche.
Se si volesse trarre un senso, ancora spendibile, dalle testimonianze delle vittime, si dovrebbe finalmente liberarle dal ruolo che la storia le obbliga ad assolvere e ricondurre le loro voci alla singolarità del vissuto individuale mentre noi, estranei ai fatti, diventare testimoni della necessità dell’impegno assunto nel riaffermare, quotidianamente, nel nostro pensare ed agire, il monito espresso dai sopravvissuti di Auschwitz.
Dalle note di drammaturgia: “ CENERI ... è luogo in cui memoria e presente irrompono rimanendo in bilico. Questa coincidenza della memoria e del presente è situazione dialettica di tensione, identificazione e non distacco, osservazione che determina il testo e i performer. L’installazione è composizione residuale di frammenti emblematici della storia umana, in cui la libertà del singolo individuo è affermata solo formalmente: i singoli, gli individui, sono fungibili e scambiabili? Utili solo per l’economia e il potere? Ciò è tangibile negli orrori che la memoria storica e il presente ci consegnano, dimostrando inequivocabilmente il fallimento delle “culture illuminate”, testate sul binomio guerra/pace, produttrici di società e culture lager?”
CENERI... 2701194527012013, è parte di un articolato progetto sulla problematica del Nazifascismo e prevede incontri a scuola e con le cittadinanze, proiezioni di film, dibattiti, convegni di studio ed altro, ideato dall’associazione Deposito Dei Segni Onlus, che lo sta promuovendo sul territorio regionale, in collaborazione con l’Anpi Pescara. Un primo step del progetto è stato avviato in collaborazione con il Comune di Spoltore e l’Istituto Comprensivo “D. Alighieri”, nel mese di gennaio 2013, in occasione della Giornata della Memoria.

http://www.casadelleculture.net
24.2.14
 

La spallata

Recensione dello spettacolo su Pensieri di Cartapesta

TEATRO ROMA 7 Gennaio 2014 LA SPALLATA di Gianni Clementi, con Antonio Conte, Giorgia Trasselli, Gabriella Silvestri, Claudia Ferri, Alessandro Loi, Matteo Milani, Alessandro Salvatori
regia Vanessa Gasbarri
scene Katia Titolo
costumi Velia Gabriele
musiche Simone Martino
luci Giuseppe Filipponio
1963. Pieno boom economico. E’ l’epoca delle grandi rivoluzioni su scala mondiale, delle prime missioni spaziali, dei grandi contrasti, Mohamed Alì contro Joe Frazier, del grande mito americano, Marylin e John Kennedy, l’Italia del dopoguerra, Giovanni 23imo, Totò, Aldo Fabrizi ed Anna Magnani ... Mamma Roma, una mamma attenta, presente, attiva, come Lucia (Giorgia Trasselli), ma anche sognatrice, scanzonata e generosa, come Assunta (Gabriella Silvestri). Le due cognate affrontano in maniera opposta il grave lutto che ha colpito le loro famiglie, i rispettivi mariti sono infatti mancati in seguito ad un incidente sul lavoro.
E mentre la Roma di allora si ricostruisce, anche la famiglia Ruzzichetti cerca di rinascere dalle proprie ceneri, e quale modo migliore in un momento come quello se non “mettersi in proprio”? Ci vuole un’impresa, un Ditta ...sì! Un’attività di pompe funebri! L’idea geniale è di Benito (Alessandro Loi), detto Tito, intraprendente e confusionario figlio di Lucia, che insieme al rivoluzionario fratello Littorio (Matteo Milani), detto Vittorio, decide di fondare questa nuova attività, “L’Ultimo respiro”.
Come sostenere le prime spese? Il carro? Le corone? I vestiti? Entrare in società con Romolo (Alessandro Salvatori), cugino carabiniere stanco della divisa, la divisa sì ... quella della banda musicale! Il tippe tappe, gli anni d’oro di Cinecittà ... Edda (Claudia Ferri), la giovane e spigliata sorella di Tito e Vittorio, vive nel sogno Hollywoodiano di diventare una regina del grande schermo. A colorare ulteriormente la scena irrompe Cosimo (Antonio Conte), fresco di sfratto, galante e attempato Vespillone, che tra un consiglio paterno sul duro “mercato dell’aldilà”, un occhiolino a Lucia ed una sviolinata ad Assunta spera finalmente di “sistemarsi” in casa Ruzzichetti.
Scoppiettante ed attenta è la direzione di Vanessa Gasbarri, regista già apprezzata anche nei fortunati “Finchè vita non ci separi” e “Clandestini”, firmati anch’essi da Gianni Clementi.
Protagonista di questa esilarante commedia è la vita, la vita che si confronta, che si contrasta, che si costruisce con una vita e per una vita si spezza, la vita che riflette, che dispera e che ride fragorosa.
24.2.14
 
 
Support : MarXoB
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