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L'HO VISTA PRIMA IO

Teatro Tordinona 19 Maggio 2022

L'HO VISTA PRIMA IO

Regia di Simone Fabiani e Alessandro Giorgi

Supervisione artistica Sabrina Pellegrino

Con Simone Fabiani, Irene de Gaetano Alessandro Giorgi 

23.5.22
 

MUSICARELLO SHOCK

Teatro Lo Spazio 14 Maggio 2022

MUSICARELLO SHOCK

di Matilde D’accardi

con Valentina De Giovanni

“Farai come ti pare quando ti sposerai!”. Italia 1960. In una piccola cittadina di provincia, una ragazza prigioniera delle rigide regole paterne sogna di essere salvata dall’amore, quello meraviglioso e senza fine di cui parlano le canzoni. Ma solo una volta sposata scoprirà chi è e cosa vuole davvero, e imparerà a lottare per la sua realizzazione. Liberamente ispirato alla vera storia della prima divorziata d’Italia e di molte altre delle nostre madri, questo monologo musicale racconta le vicende, i pensieri e le emozioni di molte ragazze del Boom, che suonano ancora tremendamente attuali. Attraverso brani che hanno reso immortale la musica leggera italiana negli anni ‘50, ‘60 e dei primi ‘70, Musicarello shock ricostruirà con ironia e nostalgia la battaglia per la legalizzazione del divorzio nel Bel Paese – che nel 2020 ha compiuto il suo settantesimo anniversario – e la trasformazione di mentalità che ha aperto la strada all’emancipazione delle italiane e al riconoscimento dei loro diritti.

Note sullo spettacolo

Musicarello shock racconta di una voce di donna che si libera. All’inizio è interiore, casalinga, inconsapevole, ma poi si esteriorizza, diventa pubblica, politica. La vicenda di Nora, restituita da Valentina De Giovanni, ripercorre indirettamente gli eventi sociali, culturali e istituzionali che hanno caratterizzato la storia della modernizzazione italiana e che, secondo quanto scrive Fiamma Lussana nel saggio L’Italia del divorzio, hanno portato l’opinione pubblica ad abbandonare formalmente il principio di indissolubilità del matrimonio. Oltre a ciò, lo spettacolo prova a fare luce su uno scarto di pensiero fondamentale per l’emancipazione femminile, ossia la messa in dubbio del mito dell’amore monogamico romantico come unico destino degno nella vita di una donna: un mito che in quegli anni veniva rinnovato, modellato e immortalato proprio dalla musica leggera nostrana. Infatti, in Musicarello shock le canzoni pop, proprio come nel genere cinematografico cui fa riferimento il titolo, costituiscono il vero fulcro drammaturgico e spettacolare. Non fanno solo da contraltare agli eventi della trama ma aprono, conducono e portano a compimento la narrazione, inscenando una storia parallela e facendo suonare i sentimenti della collettività. Cantando, De Giovanni ci invita a ricordare le parole d’amore con cui sono cresciute le nostre madri e a riflettere su questa eredità, oltre che a divertirci ed emozionarci di nuovo insieme, nella vicinanza fisica. Perché, e questo è un messaggio fondamentale dello spettacolo, la musica è un mezzo espressivo e comunicativo straordinario, che anche nei momenti di più grande repressione e sofferenza può aiutarci a veicolare all’esterno le nostre emozioni e a sentirci gli uni con gli altri.

18.5.22
 

IN EXITU

Teatro Vascello 4 Maggio 2022

IN EXITU

dall’omonimo romanzo di Giovanni Testori nell’adattamento, interpretazione e regia di Roberto Latini musiche e suono Gianluca Misiti luci e direzione tecnica Max Mugnai collaborazione tecnica Riccardo Gargiulo, Marco Mencacci, Gianluca Tomasella produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi con la collaborazione di Armunia Festival Costa degli Etruschi Associazione Giovanni Testori, Napoli Teatro Festival Italia con il contributo di Regione Toscana e MiBAC

Roberto Latini dà vita alle parole dell’omonimo romanzo di Giovanni Testori (1988). Il testo racconta l’uscita di scena di una vita consumata in evasione, in eversione. La vita di Gino Riboldi, un giovane tossico ridotto alla prostituzione, in una Milano intrisa di dolore e solitudine. La narrazione cede il passo alla forma e si sostanzia su un piano raffinatamente linguistico.

Il corpo-testo testoriano pulsa parole che sono sangue. La lingua è ferita dalla sintassi, diventa linguaggio. Il corpo-testo è le sue articolazioni, un movimento incessante, irrefrenabile, inesorabile. Lo si potrebbe percepire come indipendente. Non posso contrastarlo, organizzarlo, prevederlo. Devo permettere la sua intrattenibilità, lasciarlo andare via dal suo stesso corpo. Constatare lo strappo metrico delle sillabe, di ogni frase, del pensiero. Le parole abbandonano il testo, continuamente. Non attraverso di me, ma attraversandomi. Ho bisogno di non difendermi. E non potrei, non posso. Respiro. E non è l’attore ad agire la scena. Respira. L’attore in scena reagisce alla scena. Non posso recitare la provvisorietà di ogni passo, il disequilibrio. Non posso impararlo. Devo permettere il fluire. La sconfitta. Cadere. E non disturbare.

15.5.22
 

LINGUA MATRIGNA

Teatro Tordinona 28 Aprile 2022

LINGUA MATRIGNA

Da L’analfabeta di Agota Kristof

con Patrizia Labianca

Progetto e regia Marinella Anaclerio

Organizzazione Tiziana Laurenza

Comunicazione Antonella Carone Daniele Pratolini


E’ notte, Agota è sola nella sua casa con un registratore e, come Krapp o come un medico legale

durante un’autopsia, passa a setaccio la sua vita…o meglio la misura…nelle sue perdite e nelle sue

conquiste. Assistiamo al suo tirar le somme sulla sua vita, la vita di una profuga che mai è riuscita a

smettere di pensare di essere fuori luogo, fuori dal suo luogo.

Agota Kristof, una tra le più importanti ed amate scrittrici di lingua francese è nata in Ungheria nel

1935. Il padre è un insegnante, l’unico insegnante del suo piccolo paese. A 14 anni entra in collegio.

Nel 1956 lascia clandestinamente l’Ungheria, costretta ad abbandonare la sua terra natale insieme

al marito e figlia neonata, quando l’Armata rossa interviene in Ungheria per sedare le rivolte

popolari. Nella fuga porta con sé solo due borse: una di pannolini e biberon e l’altra per i suoi

vocabolari. Con la perdita della Madre Patria, si diventa orfani della Madre Lingua. “ come

spiegargli, senza offenderlo, e con le poche parole che so di francese, che il suo bel paese non è altro

che un Deserto, per noi rifugiati, un deserto che dobbiamo attraversare per giungere a quella che

chiamiamo “ integrazione”, “assimilazione”?.

In questa autobiografia scarna ma precisa, com’è il suo stile, la Kristof analizza e racconta la natura

del suo disagio più grande nella condizione di profuga: la perdita di identità intellettuale. Incapace di

esprimersi e di capire cosa le succede attorno, non conoscendo la lingua francese, si definisce muta

e sorda. Ed è questo che la messa in scena vuole urlare in silenzio allo spettatore…. Qual è lo stato

d’animo di urgenza comunicativa non sorretta da mezzi espressivi adeguati, l’inquietudine che prova

chi approda da profugo in terra straniera, chi da anziano non è messo nelle condizioni di capire i

nuovi mezzi di comunicazione pur costretto ad usarli, o ancora più semplicemente l’incomunicabilità

tra generazioni differenti, come tra lei e sua madre….

Questa esperienza, dalla Kristof, raccontata con tanta semplicità e profondità, è stata vissuta anche

da scrittori come Samuel Beckett, Irene Nemirovskij, Joseph Conrad, autori che nel ‘900 hanno alla

fine conquistato un posto di rilievo nella letteratura della loro… lingua Matrigna.

La Nostra Analfabeta, oramai tradotta in 18 lingue, considerata una delle maggiori autrici

contemporanee di lingua francese, parla al pubblico per ricordarsi quanta strada ha percorso prima

di avere la gratificazione di vedere le proprie opere tradotte da altri in tutto il mondo. Lo fa per per

ricordare ed incoraggiare quanti come lei, orfani di Terra e di Lingua devono ricominciare in età

adulta con l’alfabeto della Lingua Matrigna. Ogni parola ha una radice e questa germoglia in noi sin

 

dalla vita intrauterina, ascoltando il mondo che ci circonda… strappati da quel mondo si cerca di

restare a galla in acque sconosciute. Come sopravvivere senza disintegrarsi ma integrandosi? Ed

proprio lo Scrivere che, in esilio, diventa il suo mezzo per navigare nelle acque sconosciute di una

nuova cultura, il suo modo per sopportare gli anni tanto odiati, quelli in una fabbrica di orologi dove

sente soltanto il ritmo delle macchine e a quel ritmo deve adeguarsi. E decide di farlo proprio nella

lingua francese, che così tanto prima aveva detestato: leggere e scrivere è, per lei, “una malattia”,

un bisogno impellente.

“[…] questa lingua, il francese, non l’ho scelta io. Mi è stata imposta dal caso, dalle circostanze. So

che non riuscirò mai a scrivere come scrivono gli scrittori francesi di nascita. Ma scriverò come

meglio potrò. È una sfida. La sfida di un Analfabeta.”

 

Patrizia Labianca- Marinella Anaclerio
2.5.22
 
 
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