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LapènLapèn

Teatro dell’Orologio 11 Febbraio 2015
 nO (Dance first. Think later) presenta
 LapènLapèn
Ideazione: Elena Gigliotti, Dario Aita
Regia: Elena Gigliotti
Coreografie: Claudia Monti
Costumi : Giovanna Stinga
Luci: Claudio Amadei
CON : Cristina Donadio e (in ordine alfabetico): Dario Aita, Lucio De Francesco, Antonio Gargiulo, Elena Gigliotti, Ivan Marcantoni, Luca Catello Sannino, Nella Tirante,
Gli anni 90 sono un ricordo da sfogliare dopo pranzo, di domenica. Le foto dei compleanni passano davanti agli occhi, come se questi anni 90 stessi ci avessero lasciato solo immagini sbiadite, maglioni sbagliati, cerchietti, e canzoni. Gli anni 90 al sud, sono la famiglia. Sono le sorelle che ascoltano Alessandro Canino e si nascondono nel bagno per piangere. E i fratelli, che fanno ritorno e che parlano poco. E se parlano, litigano. Sono LapènLapèn, che esiste e non esiste, e guarda la poesia di questi anni andati con occhi pieni di nostalgia. Sono mamma e papà. Sono soprattutto mamma. A cui non sfuggono respiri, pensieri e agitazioni. Mamma che deve esserci sempre. Mamma che guverna centu figghi. E pronta a ricordarci, infine,che centu figghi non governanu na mamma. LapènLapèn è esattamente questo. Sfogliare le foto dei compleanni dopo pranzo, di domenica.
A distanza di tempo. Poichè nel tempo, gli anni raccontati, maturano. E noi pure. Insieme a nomi, legami , e ricordi. Pieni-pieni di questi magnifici anni 90. Da sfogliare. Dopo pranzo, di domenica.
Un regalo per chi ha famiglia. Per chi ne ha più di una. E per chi non ne ha.
23.2.15
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Peli

Teatro Argot Studio 12 FEBBRAIO 2015
PELI
scritto da Carlotta Corradi
regia Veronica Cruciani
con Alex Cendron e Alessandro Riceci
scene e costumi Barbara Bessi
musiche Paolo Coletta
luci Gianni Staropoli
assistente alla regia Tullia Raspini
organizzazione e distribuzione Francesca Montanino
foto Laila Pozzo
una produzione Quattroquinte
in collaborazione con OffRome
Due donne giocano a Burraco, l’una di fronte all’altra. “Alza”. Una distribuisce le carte. L’altra le raccoglie. “Ho delle carte orrende”. Dice sempre così, pensa l’altra. Un gioco educato, una conversazione formale, quella confidenza propria dei rapporti adulti appesantiti da una vita di non detti. Una è vedova, ha perso il suo uomo, il suo amore, l'altra è vedova pur non essendolo. Il passato e il presente gettano le due donne in un continuo scambio di potere. Domina una e l’altra soccombe, poi viceversa. Le carte seguono, bilanciano, enfatizzano gli attriti. Finché qualcosa interrompe il meccanismo di un dialogo borghese per entrare nella dimensione dell'emozione e dell'istinto.
23.2.15
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Sei personaggi in cerca di autore

Teatro dell’Orologio 18 Febbraio 2015
 SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE
da Luigi Pirandello
uno spettacolo di VicoQuartoMazzini
regia, luci e suono Gabriele Paolocà
con Michele Altamura, Nicola Borghesi, Riccardo Lanzarone, Paola Aiello, Natalie Norma Fella
costumi Cristina Di Bari
prodotto da VicoQuartoMazzini e Teatro Kismet Opera
con il sostegno di Progetto Goldstein e Teatro dell'Orologio
Sei personaggi irrompono nella testa di un ex teatrante. Sono un padre, una madre e quattro figli. Sei personaggi incompleti, talmente incompleti da esser rappresentati anche solo con una parrucca o una giubba da marinaretto. Portano con sé un dramma doloroso, macchiato di sangue e vergogna. Chiedono all'ex teatrante di poterlo vivere lì, davanti a lui, affinché lui lo possa trascrivere donandogli vita eterna.
L'ex teatrante è titubante. Lui ha smesso col teatro. “Io non voglio più essere io”, così dice a sua difesa.
I Sei Personaggi tentano il loro autore nell'ora del crepuscolo, quando egli, abbandonato su una poltrona, lascia che l'ombra invada la sua stanza e che quell'ombra brulichi della loro presenza. E' questa l'immagine con cui Pirandello descrive il sacro momento della creazione, è un'immagine magica e inquietante, bianca e nera: la questione creativa è una questione di vita o di morte. Pirandello intende l'artista come un sensitivo succube di un'idea che s'impadronisce della sua testa e ne modifica lo sguardo e la realtà. Ed è così che la realtà, quella riconosciuta da tutti, diventa distante, la realtà di un altro pianeta.
In che mondo vive un artista? Qual è la sua verità? Quanto una “realtà altra” diventa alienazione e quanto àncora di salvezza?
Affrontare Pirandello vuol dire sedersi accanto a lui, in quell'ora del crepuscolo, a fare la conta dei propri fantasmi.
“Ho scritto questa commedia per liberarmi da un incubo” così scrive Pirandello nella sua presentazione. E se invece di allontanarsi, quell'incubo s'impadronisse di noi?
Quando una piccola compagnia del ventunesimo secolo, con le sue difficoltà e le sue gioie, le sue ambizioni e le sue amputazioni si mette di fronte a un classico di tale portata, la prima cosa che salta agli occhi è l'abissale distanza che c'è tra la sua condizione e quella della compagnia degli attori con cui si relazionano i 6 personaggi nel testo originale. Attraverso la noia e il cinismo con cui fa parlare gli attori, Pirandello mette alla berlina un sistemo tronfio di vizi e scarno di virtù, dove il suggeritore è incapace di suggerire, gli attori di recitare e il regista di imporre il proprio pensiero, dove l'uomo di teatro è paragonabile a un impiegato statale in attesa di finire il proprio turno di lavoro. No, noi (per fortuna e purtroppo) non siamo questo. Noi la compagnia degli attori la simboleggiamo attraverso un uomo solo, prigioniero dei ricordi, intrappolato in un passato decisamente più interessante del suo presente. Noi la compagnia degli attori la simboleggiamo attraverso un uomo che non ha più una compagnia, che ha smesso di fare teatro (perché si deve pur mangiare) ma che al teatro non riesce a smettere di pensare e l'ossessione di questo ricordo lo porta a compiere una sciocchezza. Noi la compagnia degli attori la simboleggiamo attraverso un uomo che si punta una pistola alla tempia. Questo spettacolo potrebbe durare un istante, quell'istante, quando il freddo del ferro ti preme sulla tempia e il futuro, dall'altra parte, da dentro le cervella, aspetta in silenzio. E' a quest'uomo che i personaggi chiedono di essere ascoltati, è a lui che chiedono di poter rappresentare la propria storia. E' a lui che offrono una chance.

Gabriele Paolocà
23.2.15
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La Signorina Papillon

Teatro Tordinona 8 Febbraio 2015
 La Signorina Papillon
Di Stefano Benni
Con: Francesca Cama (Rose),Raffaele Carbone (Constantin Millet), Giorgia Catania (Marie Luise), Pietro D'Elia (Armand).
Regia: Piero Di Blasio
Costumi di Valentina Giura, direzione tecnica Federico Maria Isaia.
Rose Papillon vive in una dimensione sospesa nello spazio e nel tempo, racchiusa nel bozzolo protetto della tranquilla vita del suo giardino. Lontana dal mondo fatuo che le gravita intorno, la donna si diverte a collezionare farfalle e a parlare con il suo pappagallo morto, che inspiegabilmente conosce a memoria i versi di Mallarmè. A sconvolgere l’idillio di Rose saranno tre personaggi corrotti e dissoluti, personificazione della tentazione parigina che cercano di corrodere la purezza incontaminata della donna. Nello scontro tra sogno e realtà si perde la dimensione del vero e si cade inevitabilmente nel no sense e nel paradosso. Un’opera irriverente ed allusiva che risulta essere nella sua spontanea complessità assolutamente contemporanea.
23.2.15
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