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Ma perché non dici mai niente?

Biblioteca Quarticciolo 12 gennaio 2018
Nerval Teatro
Ma perché non dici mai niente?
di Lucia Calamaro
con Elisa Pol
regia Maurizio Lupinelli
produzione Nerval Teatro; coproduzione Armunia - Festival Inequilibrio; con il sostegno di Regione Toscana - Settore Spettacolo; in collaborazione con Santarcangelo Festival, Spazio Zut!, Il Moderno, Akt-Zent internationales Theaterzentrum Anteprima Festival Primavera dei Teatri 2016 , Castovillari (CS); Debutto Festival Inequilibrio 2016, Castiglioncello (LI)

"Mary, la protagonista del nostro dramma, è una donna sola, la cui mente cade a pezzi, il cui marito partì non si sa né quando né per quale motivo. Rimasta sola, lei aspetta che torni. La sua mente è piena di voci, sprazzi del suo passato, confusi con soldati in punto di , sparizioni e qualche illuminazione abitano i suoi ultimi giorni. Difficile giudicarla, ma abbiamo per lei una simpatia spontanea, innata, come per tutti gli avulsi della letteratura e della società, che nella fuga dalla ragione e dalla vita hanno saputo offrirci atti cristallini d'amore per l'esistenza.12 e 13 gennaio, ore 21"
27.1.18
 

Wild West Show

Teatro degli Acerbi 11 Gennaio 2018
Wild West Show
testo di Fabio Fassio
con Massimo Barbero, Patrizia Camatel, Dario Cirelli, Fabio Fassio e Elena Romano
scene di Francesco Fassone
costumi di Roberta Vacchetta
luci di Marco Alfieri
consulenza musicale di Matteo Ravizza
regia video di Diego Diaz
foto di Piermario Adorno
regia di Elvira Frosini e Daniele Timpano

SINOSSI
Un gruppo di attori insegue il sogno di mettere in scena "l'ultimo mito dell'occidente imperialista e trionfante": il west. "…Il nostro West asciutto e scarno sarà la sublimazione ascetica di ogni possibile West! Riusciremo, alla fine, con niente, a dimostrare ancora una volta l'ontologica superiorità del qui e ora…"
Ma perchè? "Perchè gli americani rappresentano il mito, ma noi ce l'abbiamo dentro" (cit. Pierfrancesco Favino)
È la storia di un viaggio mitico, prima alla ricerca del west, tra attacchi alla diligenza, duelli, massacri e poi in fuga da Ringo, il pistolero dagli occhi di ghiaccio, una sorta di allucinazione di giustiziere che ammazza sempre gli innocenti. Inseguimento e fuga, carnefici e vittime, il destino di noi democratici.
La rincorsa al west si interompe bruscamente davanti a un cratere, nebbia, fumo, rimane soltanto la tomba di John Wayne e non resta da cercare che la propria identità incerta, forse meschina, senz'altro insufficiente. Il west non c'è più e noi non ci siamo ancora trovati…

NOTE DI REGIA
"Ma come cosa stiamo facendo? The Wild West Show! Un grande spettacolo sull'origine di tutto". Nel febbraio del 1890 giungeva in Italia, preceduto da enormi campagne pubblicitarie, con una carovana di 59 vagoni ferroviari, il più grande spettacolo cialtrone di tutti i tempi: il "Wild West Show" di William Frederick Cody, in arte Buffalo Bill.
Centinaia di comparse, artisti, cavalieri, nativi americani, bisonti, cavalli, supportati dai mezzi tecnici più all'avanguardia del mondo. Ed è subito West! Grandiosità, spettacolo, mito.
Un esercito di 5 uomini (se ci son donne non conta), mette in scena l'ultimo mito dell'Occidente imperialista e trionfante, quello americano. Il West.
Uno spettacolo sull'inevitabile presenza dell'immaginario western nelle nostre vite, nei nostri ricordi, nel quotidiano: in noi. Near West, il Vicino Occidente. O Here West, il qui, il noi siamo qui, il noi siamo Occidente (e loro presumibilmente Oriente). Una galoppata folle alla ricerca del west, all'inseguimento del mito, alla ricerca di una identità appiccicata addosso come una camicia di flanella sudata. Qualunque cosa può succedere da un momento all'altro, qui, nel West. Il West ci attende. Go west!

FOCUS
Il West come avevamo imparato ad amare, quello in cartapesta e celluloide, non esiste più. I cinque avventurieri sullo sfondo di una scena minimale (solo uno schermo fluorescente a evocare canyon e pianure) inseguono gli stereotipi del cinema western in un'illusoria saga a episodi narrata per inquadrature e si agitano forsennatamente con la fissità imperturbabile degli automi.
Le ombre rosse, gli assalti alle diligenze, i pony express, i bivacchi intorno al fuoco, le musiche di Morricone, i risvegli in prigione, i duelli, gli scalpi e il piombo caldo: sono tanti gli "incidenti" narrativi da cui questi sgangherati cowboy entrano ed escono senza sosta aprendo infiniti squarci sulla realtà di oggi.
"Ci hanno scippato i sogni! Ci hanno tolto il West!" lamentano i cinque (anti)eroi.
Ma chi l'ha rubato davvero? Chi ha preso la terra dove i sogni di ogni uomo diventano realtà? Se lo sono portati via i pregiudizi patologici, che l'hanno trasformato in quel territorio di nessuno sempre più simile al nostro presente, dove se ti difendi con la pistola dall'aggressione di un malvivente, o una particolare questione non risulta regolamentata da una delle migliaia di leggi in vigore, la metafora del far west fuori controllo è dietro l'angolo.
Il far west l'hanno rubato anche i luoghi comuni sedimentati nel tempo da quando gli italiani hanno cominciato a farsi ipnotizzare dal faccione bianco di John Wayne o dalla mira infallibile di Clint Eastwood: "il West è l'estetica della sporcizia", "i western sono tutti uguali, come le canzoni di Ligabue", "Bud Spencer mi ha rubato il Tempo delle mele". Valentina Crosetto, Scene Contemporanee
27.1.18
 
 
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