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Mamma Medea

Teatro ValleOccupato 15 Febbraio 2014 ALTRESISTENZE in ANTEPRIMA NAZIONALE
 “Mamma Medea” POUR TOI J’IRAI JUSQU’À ÉTEINDRE LE SOLEIL
di TOM LANOYE
regia CHRISTOPHE SERMET
traduzione Alain Van Crugten
con Ann-Claire | Claire Bodson | Adrien Drumel | Pierre Haezaert | Francesco Italiano
Philippe Jeusette | Romain David | MathildeRault | Yannick Renier | Fabrice Rodriguez
i bambini Jules Brunet e Balthazar Monfè
co-prodotto da Rideau de Bruxelles, realizzatato con il sostegno del «Ministère de la Communauté française » Service du Théâtre – CAPT e con la partecipazione del « Centre des Arts scénique » si ringrazia l’Academia Belgica, social media partner Fattiditeatro
Ora nessuna debolezza. Forza, stringi i denti! Spegni la tua ragione e incatena il tuo cuore.Un solo istante. Un colpo! E avrai tutta la vita per vivere il tuo lutto in una lunga agonia.
Dopo il debutto al teatro Rideau de Bruxelles, una tournée che ha toccato i maggiori teatri francesi e belgi, tra cui l’Odéon di Parigi e il Téâtre national di Bruxelles, venerdì 14 e sabato 15 febbraio 2014 va in scena in esclusiva nazionale al Teatro Valle Occupato Mamma Medea. Il testo, mai tradotto e mai rappresentato in Italia, è scritto da Tom Lanoye, il più importante drammaturgo contemporaneo di lingua fiamminga, la produzione è del teatro Rideau de Bruxelles e la regia è di Christophe Sermet, uno dei più importanti registi della nuova generazione belga e nuovo regista associato del teatro Rideau de Bruxelles. Lo spettacolo è in lingua francese con sovratitoli in italiano e ha una durata di 2 ore e 50 minuti con intervallo.
Con Mamma Medea, testo di rara forza e intelligenza, Tom Lanoye offre una visione personale, alimentata da fonti diverse, del mito di Medea. Un’interpretazione dura, sensuale e tragi-comica, in cui tutto è sottilmente in bilico e in contrapposizione: uomo e donna, passione selvaggia e civile razionalità, tragedia e commedia, epico e drammatico, poesia e prosa. Tom Lanoye infatti non si accontenta di realizzare l’ennesimo adattamento di uno dei miti più affascinanti della mitologia occidentale, ma se ne appropria e lo reinterpreta proponendo una riflessione sullo scontro di culture come matrice di tutte le guerre. Citando “Chi ha paura di Virginia Woolf?” mette in risalto il concetto alla base del testo: per fare la guerra bisogna essere sempre in due – due gruppi etnici, due lingue, un padre e una madre, due bambini.
Prendendo ispirazione da Le Argonautiche di Apollonio Rodio, la prima parte del testo si concentra sull’incontro fatale tra Giasone e Medea, quest’ultima ancora vergine nell’amore – come nei delitti – ritratta nella profonda veracità della sua terra natia, la Colchide.
La seconda parte è scandita dai tempi della drammaticità, della lentezza e dell’inerzia. Qui Lanoye riprende la trama di Euripide con l’annuncio dell’immediata espulsione da Corinto di Medea, tradita da Giasone, diventato amante della figlia del re Creonte. Protagonisti di questa seconda parte sono la debolezza di Giasone e i suoi sforzi di riprendersi “un posto al sole” sacrificando la “straniera”, Medea, la cui passione, trasformatasi ormai in risentimento, alimenta il desiderio di una terribile vendetta. E così, l’atto ultimo: l’assassinio dei figli, quello che il mito non può risparmiare a Medea e dove Lanoye riserva il suo colpo di genio.
5.3.14
 

Incontro con Bernard Quiriny

Biblioteca Rispoli 17 febbraio 2014
“Strane presenze di libri probabili: La biblioteca di Gould. Una collezione molto particolare, di Bernard Quiriny”
In dialogo con l’autore, Edoardo Camurri. Letture e musica a cura della Compagnia Teatrale Barone Chieli Ferrari. Introduce Julien Donadille (responsabile editoria per l’Istituto di Cultura Francese). La biblioteca di Gould. Una collezione molto particolare: un libro che non è né un romanzo né una silloge di racconti e che nonostante questo ti tiene legato storia dopo storia, come succede quando si entra per caso nella biblioteca di qualcuno di molto, molto affascinante: e affascinante lo è, Monsieur Gould, il misterioso protagonista che affianca il narratore nella sua passeggiata di volume in volume, di città immaginaria in città immaginaria, regalandoci un mondo parallelo e incredibilmente spassoso dove convivono i peggiori difetti di “certi umani”, quelli da sempre a caccia di una storia, insieme al loro compagno fedele di sempre: il libro. Un omaggio ludico e sconfinato a Italo Calvino e alle sue Città invisibili, ai più dissacranti e irraggiungibili tra i maestri, da Borges a Queneau, senza rinunciare a mettere alla berlina i tanti tic intellettualistici di una società̀ che delega agli “esperti” la propria opinione, anche di fronte agli eventi più̀ sconcertanti. Resurrezioni di massa, città assurdamente e pedantescamente votate al silenzio, uomini che dopo il sesso si ritrovano nel corpo della partner e viceversa: queste e altre storie fuori dall’ordinario rendono davvero “particolare” la collezione di libri e città inanellate nella mirabolante Biblioteca di Gould, che con voce ironicamente autorevole ci descrive la sua variegata e originalissima selezione di testi così immaginaria da essere vera, formata da libri-matrioska, manuali di cucina dalle ricette impossibili e persino volumi responsabili della morte del loro autore.
5.3.14
 

Fuorigioco di rientro

TEATRO TORDINONA 26 febbraio 2014 “Fuorigioco di rientro”
(Vita calcistica di Mirko Botteghi )
di e con Andrea Mitri. Regia di Alberto Di Matteo.
Se si osserva il teatro dal punto di vista degli attori, il confronto con il gioco del calcio è evidente. In inglese la stessa parola players definisce sia gli attori che i giocatori. Solo che nella scena del calcio l’attore ha vincoli meno costrittivi: il regolamento, il limite del rettangolo, le linee dell’arena, le regole di tornei. Nel teatro è il testo, quando c’è che limita la libertà dell’attore. Nonostante le differenze il player teatrale e il player calcistico sono accomunati dal fatto di disporre di una variabile quantità di “gioco” e di “emozioni”. Nello sport come nel teatro si cerca di recuperare un tormento, una pratica, un sacrificio, un rischio ed un pericolo che abitualmente non viviamo nella vita quotidiana. Nello spettacolo di Mitri le due figure, quella del calciatore e quella dell’attore si fondono per dar vita ad un lavoro che attraverso le regole del “gioco” teatrale racconta da un punto di vista privilegiato (quello dei calciatori) uno spaccato del mondo agonistico del calcio. Fuorigioco di rientro è nel gergo calcistico il ricevere la palla in posizione regolare ma provenendo da una posizione di fuorigioco al momento dell’inizio del passaggio. Andrea Mitri, ex-calciatore professionista a livello anche di serie B ed attualmente tra le varie cose attore nell’ambito dell’improvvisazione teatrale, prova in qualche modo a rientrare in quello che è stato per molto tempo il suo mondo, vedendo dalla posizione privilegiata di chi da quell’ambiente si è staccato ed ha nuovi strumenti per ricordarlo ed analizzarlo. Utilizzando il teatro di narrazione, il cabaret, il lavoro sui personaggi e qualche brano di Shakespeare, l’attore, solo in scena, prova a raccontare per passaggi laterali la vita dell’immaginario Mirko Botteghi, calciatore troppo presto fermato dagli infortuni; cercando di regalare allo spettatore una visione dall’interno, di un mondo troppo spesso visto dall’esterno in maniera esaltativa oppure viceversa all’occorrenza denigratoria. Ne esce un percorso divertente divertito tra le figurine del calcio: da quella più nota di Gianni Rivera fino ad altre meno conosciute, la cui foto sull’album Panini (sempre che esista) sarebbe in grado di raccontarci ben poco rispetto al loro passato. Un viaggio tra le persone a convalidare la tesi di Velasco, allenatore della nazionale di pallavolo brevemente prestato al calcio, che comunque aldilà di tutto, il calcio rimane sempre un gioco in cui ventidue uomini in mutande si divertono ad inseguire un pallone.
5.3.14
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