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Buca di sabbia

Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica

Teatro dei Conciatori dal 16 novembre 2013 “BUCA DI SABBIA”
di Micha Walczak,
regia di Gabriele Linari,
con Sabrina Todaro e Tony Allotta;
movimento scenico Elisabetta di Fonzo.
Una messa in scena divertente ma anche cruda e diretta sulla non comunicazione...Nel fosso si va consumando il gioco più complesso di tutti, un gioco di intese e contese, un gioco in cui regole e confini sono fatti per essere infranti. Un bimbo e una bimba in una fossa si dividono lo spazio complesso di una guerra il cui fine è unirsi per sempre o per sempre dividersi.
Il fosso dei giochi è per noi una camera dove sezionare un rapporto di coppia, dal primo incontro alle conseguenze estreme del conoscersi, per capire che, forse, l'unico vero confine non è tra uomo e donna ma tra condivisione e solitudine…
2.12.13
 

Just intonation

Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica 

Angelo Mai Altrove Occupato 19 Novembre 2013 Masque teatro in “Just intonation”
 ideazione e regia: Lorenzo Bazzocchi
con: Eleonora Sedioli
physical computing, suono e luci: Lorenzo Bazzocchi
elettronica: Matteo Gatti
co-produzione: Mood Indigo
produzione: Masque teatro
Il lavoro trae la sua origine da due polarità solo apparentemente distanti: da una parte l’interesse manifestato da Kafka per la pura intensa materia sonora, in un costante rapporto con la sua abolizione, dall’altra l’affezione di La monte Young per un suono concepito come atomizzato, evento singolare con vita a se stante, indipendente dall'esistenza umana.
Quello che veramente conta non è ciò che il suono rappresenta, ma la sua intensità fisiologica: "One must get inside the sound", sostiene Young, bisogna letteralmente entrare nel flusso armonico dei suoni.
La prima via ci ha portato ad attraversare Deleuze per ascoltare Kafka, la seconda ci ha condotto nei meandri concettuali del corpo sonoro e delle questioni legate al temperamento equabile. Just intonation sposa la filosofia di La Monte Young, lavorando sul nascondimento e sulla rarefazione, lanciando la figura sulla via di quel tono “primordiale”, quel basso continuo che sembra riportare ad eventi sonori lontani nel tempo: il fischio del vento oppure il ronzio continuo prodotto dai trasformatori dei cavi elettrici dell'alta tensione.
Al centro della vicenda stanno due destini: quello dello strumento e quello della figura.
Resta il corpo e il movimento che rende impercettibile la forma.
Il segreto opera nella più grande visibilità, data dalla moltiplicazione delle figure astratte e animali che creano l’effetto di un nascondimento.
Il corpo-donna diviene segreto senza nascondere niente, a forza di innocenza e precisione, persino a costo di una spaventosa tecnicità. Just intonation ci pone di fronte ad una figura che si rende impercettibile per eccesso di trasparenza. La ricerca del rapporto tra suono e movimento nasce dalla necessità di mettere a punto un sistema di autogenerazione del suono, di produzione di masse sonore complesse, formate da glissandi, di frequenza ed intensità, le sole ad interessare musicalmente Kafka. Al centro dell’azione rimane la relazione tra il performer e il disklavier, pianoforte della Yamaha in grado di essere pilotato in remoto.
Masque da anni si dedica allo sviluppo di interfacce per il controllo di apparecchiature elettromeccaniche, in questo caso sono stati sviluppati specifici algoritmi per il controllo del pianoforte, messi successivamente in diretta connessione ai movimenti del performer tramite un sistema di video-tracking. Suddiviso lo spazio d’azione in regioni, ad ognuna è assegnato un parametro per la generazione del suono. Al volto le frequenze, alle spalle le intensità, alle gambe la durata delle note. Just intonation è dunque un lavoro di decifrazione. “È' il pianista che non suona che fa nascere il suono dal fatto stesso di non suonare, la cui musicalità è diffusa in tutto il corpo nella misura in cui non emette musica”. Just intonation è corpo sonoro. Ci si allontana dalla orizzontalità melodica, in favore dell'armonia e di lunghi periodi di silenzio.
2.12.13
 

Van Gogh

Teatro Vascello 27 novembre 2013 - h21,00 MDA PRODUZIONI DANZA-PETRILLO DANZA “VAN GOGH” physical performance with adaptable installation da un'idea del Dott. Renzo Ovidi Coreografia Loris Petrillo
 Drammaturgia Massimiliano Burini
Interprete Nicola Simone Cisternino
musiche: diepenbrock, handel , ibsen , wagner , bach
disegno luci : Loris Petrillo
Ispirato da un'idea del Medico Chirurgo Dott. Renzo Ovidi, secondo il quale Vincent Van Gogh, notoriamente considerato un pittore pazzo morto suicida, in realtà non era quel folle che la storia ci ha presentato bensì un uomo affetto da sindrome carenziale affettiva di probabile origine familiare, Loris Petrillo crea la sua nuova opera utilizzando la coreografia non come mezzo descrittivo, ma conferendole una funzione espressiva istintiva in grado di suscitare emozioni.
Così come Van Gogh non narra attraverso la pittura fatti o descrive luoghi, ma è interessato piuttosto al significato di ciò che rappresenta, Loris Petrillo elude dal racconto biografico del personaggio per creare lui stesso opere corografiche a Van Gogh dedicate.
Dall'acquisizione incrociata della lettura specificatamente clinica del Dott. Ovidi da una parte, e quella poetica e teatrale del Regista Drammaturgo Massimiliano Burini dall'altra, Petrillo rielabora un'idea personale del caso, che sviscera attraverso la fisicità dell'unico performer in scena in una sequenza di quadri coreografici e teatrali. In un ordine temporale casuale, ma incastonati secondo l'istinto creativo di chi li ha realizzati, ciascuno dei quadri rievoca un sentimento o uno stato patologico del Pittore: la sindrome depressiva generata dal forte bisogno di affetto; la ricerca di comunicazione con suo fratello Theo; la vocazione alla professione di predicatore; l'angoscia e l'inquietudine che trasformano egli stesso in un corvo; l'entusiasmo del periodo luminoso e bucolico ad Arles; lo scompenso morale che lo conduce in una strada tortuosa fatta di crolli, collassi e cadute morali; l'autolesionismo come incapacità di subliminare la propria sofferenza; la totale crisi personale che lo condurrà alla scelta estrema di morire.
La scena è neutra, come una tela incontaminata che va via via riempiendosi di elementi, immagini, azioni e sguardi che rievocano tutta la natura del personaggio secondo la lettura personale del coreografo Loris Petrillo.
2.12.13
 

Il custode

Teatro Lo Spazio 24 NOVEMBRE 2013 “Il Custode” Di Antonio Lauro. Regia di Paolo Triestino. Con Paolo Triestino. Il custode entra e sputa in faccia ai Bronzi di Riace, bellissimi, nella sala del Museo Nazionale di Reggio Calabria desolatamente deserta. E poi un rancore assurdo: l’ultima personale resa dei conti tra il custode e le statue mute, mentre il mare fuori dalle vetrate non sopporta di rimanere escluso e fa sentire la sua voce prepotente. Nella storia Reggio Calabria è lo sfondo e insieme lo specchio di sogni e malesseri dell’anima, il Sud dell’anima. IL CUSTODE è scritto in dialetto reggino per restituire espressioni ed accenti altrimenti inesprimibili ed è al suo quarto allestimento. Con IL CUSTODE Paolo Triestino è entrato nella terna dei finalisti come miglior attore nella sezione monologhi della stagione 2002|2003 al premio GLI OLIMPICI organizzato dall’ETI e dal Teatro Stabile del Veneto.
2.12.13
 

Incontro con Zachar Prilepin

Al Teatro Tordinona 23 Novembre 2013 INCONTRO CON ZACHAR PRILEPIN con Gian Maria Cervo, direttore artistico del festival «Quartieri dell’Arte».Sara Cavosi, Laura Grimaldi, Fabio Marson, Antea Moro: allievi del Corso di Sceneggiatura del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma che hanno lavorato sul testo dell’autore russo. Quartieri dell’Arte riparte da Zachar Prilepin. Veterano della guerra di Cecenia, dove era arruolato nei corpi speciali russi, giornalista e scrittore Prilepin è considerato uno dei maggiori oppositori di Putin nonché il miglior prosatore della Russia, per la sua lingua innovativa ed evocatrice. Una vita da romanzo: pugile, guardia privata, amico di Anna Politkovskaja. Oggi è un attivista del movimento politico ‘The other Russia’, una coalizione di partiti, organizzazioni umanitarie e attivisti che si battono per la democrazia. Il suo libro ‘Grech’ (Il peccato) è stato giudicato dalla critica internazionale il miglior romanzo degli ultimi dieci anni. Proprio ‘Il peccato’ diventa la risorsa per un testo polivocale realizzato da un team di giovanissimi drammaturghi, in equilibrio tra drammatico e postdrammatico, messo in scena da Fabrizio Parenti, specialista della drammaturgia di linguaggio. Dieci storie ispirate alla vita di Prilepin prima che diventasse scrittore di successo. Zachar ragazzino, alle prese con i primi turbamenti erotici. Zachar che vive alla giornata. Zachar che cambia mille mestieri, scarica camion e scrive poesie. Zachar becchino e buttafuori. Zachar innamorato. Zachar padre. Zachar sergente in Cecenia. Zachar che trabocca d’amore per la vita, ma vive nel pensiero della morte, nell’idea che per sconfiggere la ripugnante, vergognosa paura della morte occorra sfidarla, andarle incontro, farne una scelta consapevole. Zachar ossessionato dalla paura dell’umiliazione. Zachar umiliato. Rifratta nelle tessere di un mosaico emerge la personalità di un eroe scisso, che ha fatto della virilità un epos, pur cogliendone l’intima fragilità, e finirà schiacciato sotto il peso di una visione acuta e tragica dei destini della Russia post-socialista.
2.12.13
 
 
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