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Radio P - 1° Puntata



Prima parte



Seconda parte


Torna il 26 ottobre alle 18,30 Radio P - Coming Back/Nostalgia
sempre in diretta video su e-performance.tv o dal vivo (con prenotazione obbligatoria - ingresso gratuito) al Teatro Tordinona
Segnatevelo, ricordatevelo!
25.10.16
 

To be or not to be Roger Bernat

CENTRALE PRENESTE 6 Ottobre 2016
TO BE OR NOT TO BE ROGER BERNAT 
(Prima Nazionale)
produzione E / Fanny & Alexander
ideazione Luigi de Angelis e Chiara Lagani
drammaturgia Chiara Lagani
regia Luigi de Angelis
con Marco Cavalcoli
organizzazione Ilenia Carrone
amministrazione Marco Cavalcoli e Debora Pazienza
una conferenza spettacolo Fanny & Alexander
Chi sei tu che usurpi quest’ora della notte e insieme questa forma bella e guerriera con cui la maestà del defunto re di Danimarca a volte marciava? (Amleto: scena I, atto I)
Essere o non essere, questo è il problema. (Amleto: scena I, atto III)
Un artista contemporaneo tiene al pubblico una conferenza sull’Amleto di Shakespeare. Coerentemente alla questione che espone (l’identità e la trasmigrazione dell’identità nel lavoro dell’attore) da irredimibile camaleonte il relatore usurpa fin dal principio l’identità di un altro artista contemporaneo, Roger Bernat. Nel tentativo di illustrare la sua teoria, il nostro viene coinvolto in una serie di sprofondamenti sempre maggiori nella storia di Amleto, e al contempo nell’identità del suo avatar, tanto da esserne modificato profondamente nelle attitudini, nei gesti, nella voce e nell’essenza. In una parossistica e paradossale galleria di esemplificazioni di Amleti che hanno abitato la storia, il protagonista propone a se stesso e all’uditorio il tema di un’identità infedele e in costante metamorfosi, quello dell’usurpazione e dell’essenza, ma anche una riflessione incessante sul teatro e la sua funzione nella vita umana.
Primo studio per un progetto più ampio dedicato ad Amleto, la performance nasce da un giocoso incontro tra l’artista Roger Bernat e Fanny & Alexander nel corso di una residenza/workshop condivisa in Polonia. È una riflessione sulla presenza e sull’essenza dell’attore, sulla sua ombra e la sua luce, sull’attività e la passività, ma al contempo è un divertissement sull’arte, e in definitiva un paradossale omaggio agli artisti di tutti i tempi.
Parte del testo deriva dal rimaneggiamento di una serie di interviste fatte a Roger Bernat che qui si ringrazia per la generosa collaborazione
20.10.16
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Socialmente

CENTRALE PRENESTE 5 Ottobre 2016 Festival Teatri di Vetro
FRIGOPRODUZIONI
SOCIALMENTE
ideazione e regia Francesco Alberici e Claudia Marsicano
drammaturgia Francesco Alberici
assistente alla regia Daniele Turconi
interpreti Francesco Alberici e Claudia Marsicano
produzione FRIGOPRODUZIONI e Borsa Anna Pancirolli
Un giorno o un anno di vita (la dimensione atemporale impedisce ogni cronologia esatta) di due giovani totalmente alienati. In un’allucinazione continua scorrono i sogni di successo e gli incubi di fallimento di due soggetti desiderosi di essere, ma incapaci di farlo.
La nostra poetica è volta a esplorare il grado zero delle dinamiche di relazione interpersonale. Gli elementi caratterizzanti sono da una parte la compressione del testo, o meglio del linguaggio utilizzato, che implode e si disintegra: la forma privilegiata di comunicazione non è né il dialogo, né il monologo, ma lo sproloquio, verbale e fisico, che si muove tra lunghi silenzi e improvvise esplosioni. Dall’altra, la scelta di lavorare nelle coordinate dello spazio mentale dei personaggi, spazio nel quale non è possibile stabilire una linea netta di demarcazione tra un’azione ed un pensiero del personaggio.
20.10.16
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Scarabocchi

Centrale Preneste Teatro 5 Ottobre 2016
Festival Teatri di Vetro
Teatro Rebis e Maicol & Mirco presentano:
SCARABOCCHI
da Gli Scarabocchi di Maicol&Mirco
con Meri Bracalente, Sergio Licatalosi, Fernando Micucci
scenografie Cifone
musiche Maestro MAT64
drammaturgia e regia Andrea Fazzini
Qui è possibile acquistare stampe e CAVALLI E SLALOM il libro
de Gli Scarabocchi uscito esclusivamente per il circuito teatrale.
Due parole sullo spettacolo:
Gli Scarabocchi di maicol&mirco sono un vestito stracciato. Un sassolino nelle scarpe. Il sale nel caffè, il dente da latte sputato in terra. L'incendio di una biblioteca. Il sorriso di un decapitato.
Sono una guerra persa.
Profondi e vuoti. Come un burrone.
Scarabocchi in teatro, nasce dalla collaborazione del Teatro Rebis con maicol&mirco, ed è la metamorfosi scenica dei loro fumetti, caratterizzati dalla feroce comicità dei testi e dall'immediatezza folgorante del segno grafico.
Lo spettacolo non si limita a riportarne in scena gli sketch, ma vuole entrare nei silenzi che dividono i personaggi, nell’intimità scabrosa che evocano, nell’azzeramento del discorso che disperatamente denunciano, attraverso una riscrittura drammaturgica che attraversa tutto il materiale, edito e inedito, messo a disposizione dagli autori.
20.10.16
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Io che volevo Virginia Woolf

Teatro Tordinona 15 ottobre 2016
“Io che volevo Virginia Woolf”
Scritto e interpretato da Francesca Romana Miceli Picardi
Regia Donatella Corrado
Aiuto Regia Lara Panizzi
Tecnica luci video e audio Lara Panizzi
Un atto unico irriverente, ironico e completamente autobiografico. Una donna di 40 anni che ripercorre il suo “cammino”: da etero sedicenne convinta fino alla sua vera essenza: lesbica, libera e viva. Una storia che abbraccia dilemmi sessuali, dicotomie erotico sentimentali, per poi arrivare al suo cuore pulsante: l’amore.
Quello vero. Quello che ti fa sognare una casa con il giardino e un triciclo giallo. L’amore dei diritti riconosciuti (?) a stralci. A brandelli. L’amore che altro non è che normalità ed evoluzione. Una storia come tante, semplice, diretta, nata per sottolineare una cosa soltanto: la fatica e la felicità di riuscire ad essere sé stessi.
Lo spettacolo si muove attraverso lo stilema del monologo, il ‘per voce sola’. Ma in questo caso, il racconto autobiografico della protagonista e la sua scoperta dell’universo omosessuale femminile, si frammenta in una pluralità di voci, coincidenti non solo con le differenti fasi di crescita ed evoluzione emotiva e sessuale della stessa, ma con quelle di tante altre donne come lei. Che probabilmente albergano in lei. Ed escono alla luce come evocate da quel buco nero che è la memoria. Non più fagocitate dall’oblio, le Donne emergono, raccontano, fanno pazzie di cui non sempre si pentono. Per poi tornare a vivere, docili e risolte, nel corpo di colei che ha il coraggio di compiere quello sforzo che spesso ostacola la crescita personale e i rapporti umani: la scelta consapevole. Volevo Virginia Woolf, è un inno alla Consapevolezza. E alla consapevolezza dell’Amore, come conquista del sé, del proprio corpo e delle proprie pulsioni. Ma per raggiungere tale grado di evoluzione, ci si addentra per forza di cose in percorsi non sempre ben illuminati. Il palcoscenico è una tabula rasa. E lo sforzo della protagonista sarà quello di scegliere, ogni volta, di emergere dal buio dell’inconsapevolezza per fissare nuove conquiste di luce.
I coni di luce rendono il palcoscenico una gruviera di emozioni. Attraversando il buio, tra una fase di crescita ad un’altra, la protagonista accoglie in sé la responsabilità del racconto.
Ogni cono di luce rappresenta una tappa. Ma nel buio fitto che pervade tutto il resto, altri elementi concorrono ad alimentare e sostenere i ricordi e il percorso: proiezioni, musica accompagnata da movimenti del corpo non sempre controllati, suoni provenienti da ‘altrove’. La natura ironica del testo, offre la possibilità di giocare con le proiezioni come fossero talvolta delle piccole, scomode protuberanze del racconto. La protagonista ha un imaginario fervido e la surrealità di ciò che viene proiettato ne è la prova tangibile: come spesso accade, la memoria lascia emergere elementi distorti, ricordi talvolta sbiaditi. Così che, la prima donna che ci ha fatto battere il cuore, da Divina Creatura viene invece ‘risputata fuori’ come una sorta di maschera grottesca. La caricatura di una donna ‘che ci ha fatto battere il cuore’. Eppure, quei ricordi distorti, quelle immagini/proiezioni grottesche, incredibilmente coincidono con la verità. Con una realtà nella quale di già siamo immersi e che, solo evolvendoci, avremmo potuto guardare senza spaventarcene troppo.
Anzi, accogliendola.
Volevo Virginia Woolf diventa quindi a questo punto e per paradosso l’antitesi del ‘per voce sola’: quando i coni di luce collezionati nell’arco di un’esistenza diventano una miriade, allora inevitabilmente tutto intorno si illumina.
E la scelta può compiersi.
La scelta dei coni di luce.
L’occhio di bue è da sempre utilizzato a teatro per estremizzare l’attenzione sul soggetto.
Ma cosa accade se il soggetto in questione non è più quello era all’inizio?
I coni di luce sono giudicanti, ma possono essere facilmente aggirati e costretti a ‘riprodursi’ anziché scomparire. La protagonista in un primo momento è a disagio sotto questo riflettore impertinente, poi però riuscirà a muoversi con nonchalance attraverso i vari fasci di luce che si saranno via via generati dal suo racconto. Come in una foresta di notte rischiarata solo dalla luce della luna. La scelta delle proiezioni.
Non tutto può essere raccontato a voce.
Non tutto può essere descritto minuziosamente con le parole.
Per questo la funzione delle proiezioni diventa catartica se, quando compaiono, è la stessa protagonista ad esserne colpita per prima. Come quando si guarda una vecchia fotografia e ci si sorprende nel fare fatica a riconoscere la compagna di banco delle elementari. Eppure siamo state fianco a fianco, per anni.
Ogni proiezione sancisce la scoperta di qualcosa di nuovo, una tappa raggiunta.
Un ricordo che non fa più male e che ormai è diventato una figurina in una collezione senza doppioni.
La scelta della musica, dei suoni e dei movimenti del corpo.
Quand’è che abbiamo incominciato a non vergognarci più del nostro corpo, di come siamo fatti, della nostra amabile ‘non perfezione’? La protagonista lo scoprirà mano a mano che la sua consapevolezza aumenta. Quando incomincerà a prendere confidenza con le sue cicatrici, con l’accettazione delle sue pulsioni amorose. E da Essere indefinito, privo di ritmo e grazia, si trasformerà in qualcosa che è Bello per il sol fatto di essere compiuto.
Volevo Virginia Woolf è un’incursione agrodolce nell’universo femminile e nell’ancora poco conosciuto mondo lesbo. E’ un racconto ironico costellato da fallimenti e risalite.
E’ un inno all’Amore. E a tutto ciò che bisogna attraversare senza paracadute, per conquistarlo.
20.10.16
 

Le difettose

Biblioteca Quarticciolo 13 ottobre 2016
EMANUELA GRIMALDA
in
LE DIFETTOSE
impianto registico Serena Sinigaglia
un progetto di Emanuela Grimalda
liberamente ispirato al romanzo Le difettose di Eleonora Mazzoni
drammaturgia Eleonora Mazzoni,Emanuela Grimalda, Serena Sinigaglia
aiuto regia Gianluca Di Lauro
scene Stefano Zullo
disegno luci Anna Merlo
aiuti alle scene Serena Ferrari, Elena Giannangeli
assistente alla produzione Valeria Iaquinto
consulente organizzativo Gianluca Balestra
Pierfrancesco Pisani, OffRome, Emanuela Grimalda con il sostegno de La Corte Ospitale
Le difettose, monologo per sette personaggi e un’attrice, è uno spettacolo, allegro, disperato, trasversale e vitalissimo esattamente come il microcosmo sotterraneo, apparentemente marginale ma assai popoloso che racconta. Tratto dal romanzo di grande successo Le Difettose di Eleonora Mazzoni.
“Ho letto il romanzo Le Difettose di Eleonora Mazzoni e ho pensato che la storia che raccontava mi riguardasse non solo come donna, ma come cittadina, come individuo che fa i conti con le trasformazioni in atto nella società in cui vive, con i sui conflitti, coi suoi costanti interrogativi. Mi interessava soprattutto approfondire il concetto del tempo nella società contemporanea, di come si spostato in avanti. Un tempo paradossale che ha allungato la durata della vita ma non l’età fertile. Il nostro tempo, in cui non è facile distinguere   i desideri dai diritti e in in cui la scienza apre continuamente nuovi orizzonti etici. Mi piaceva del romanzo, il parlare della fecondazione assistita nei termini di sentimenti e persone e non di leggi o ideologie. L’adattamento che ne abbiamo fatto per il teatro mi permette di dare voce e corpo, lacrime e risate a sette personaggi diversi per inseguire, attraverso la storia di Carla, la protagonista e del suo percorso di fecondazione assistita una metafora più grande della vita. Volevo raccontare il desiderio di Infinito di cui il desiderio di un figlio è parte, ma che appartiene a tutti. Donne e uomini. Ho proposto a Serena Sinigaglia la regia di questo spettacolo per   stima e perché mi piaceva l’idea di come le nostre sensibilità si sarebbero incontrate attorno a un tema così difficile. È una scommessa intellettuale che ha reso ancora più appassionante questo lavoro”. (Emanuela Grimalda)
20.10.16
 

Caffè Trilussa

Teatro Tordinona 6 ottobre 2016
CAFFE’ TRILUSSA
Pierfrancesco Ambrogio – voce e clarinetto
Salvatore Zambataro – fisarmonica e clarinetto
Spettacolo musicale con testi del grande poeta romanesco e musiche per clarinetto, voce e fisarmonica.

“Caffè Trilussa” vuole essere un luogo di ritrovo evocato da tende rosse al sapore di tabacco e di colonia francese delle ballerine pronte a entrare in scena… Dove una canzonetta licenziosa fa da sfondo a l’ultimo pettegolezzo del momento, si beve un bicchierino e si va via…
Il nostro spettacolo lo pensiamo li, in quei locali fumosi dove all’inizio del ‘900 si esibivano artisti e starlette di calibro internazionale, nel migliore dei casi, ma anche compagnie a volte scalcinate con i loro personaggi improbabili e sopra le righe. Ce l’ha suggerito lo stesso Trilussa sollevando un lembo di sipario del Caffè concerto e mostrandoci il retro palco animato da sciantose disilluse e pagliacci dal sorriso triste.
Il nostro autore lo immaginiamo insieme a noi, seduto ad un tavolino che tutto scruta e ascolta, con la luce che piove bassa sui fogli sparsi, a rigirare una rima intorno a un pensiero divertito, immaginando un mondo di favole animato da voci diverse e versi di voci. È partita proprio da quelle voci, da quei versi l’ispirazione a creare un lavoro musicale intorno alle sue favole. Oltre a Caffè concerto che apre la serata, il resto dello spettacolo prevede, infatti, la teatralizzazione delle sue poesie dedicate agli animali: L’elezione del presidente, Il cane moralista, Er sorcio de città e er sorcio de campagna, L’uguaglianza, La viola e la farfalla e tante altre. Perché sono tantissimi i personaggi animaleschi in esse rappresentati e tanta la varietà timbrica da trovare a quelle voci per esaltarne al meglio i caratteri. Allegorie di un’umanità che ammicca e poltrisce nelle sue abitudini morali, quelle voci rappresentano una giostra umana di tipi a volte divertenti, a volte patetici. Uno specchio che riflette ancora limpido i nostri vizi e le nostre poche virtù.
Abbiamo selezionato i brani musicali, li abbiamo provati, ne abbiamo accompagnati i versi e trovato i migliori che potessero enfatizzare il senso di ogni poesia. Per questo abbiamo pescato sia dalla tradizione musicale italiana che dalle composizioni di un bravissimo autore contemporaneo, Marco Turriziani.
Pezzo per pezzo abbiamo realizzato così questo montaggio teatrale e il risultato è stato sorprendente. Abbiamo messo in campo tutto quello che avevamo a disposizione: una fisarmonica, due clarinetti, una voce, la nostra presenza sul palcoscenico e, ovviamente, Trilussa.
11.10.16
 

Dalle ceneri

Teatro Vascello 1 ottobre 2016 - Le Vie dei Festival
DALLE CENERI 
di Tahar Ben Jelloun
elaborazione drammaturgica, regia e scena Massimo Luconi
con Ibrahima Diouf, Mamadou Seye, Ndiawr Diagne
Marie Madeleine Mendy, Jean Guillaume Tekagne
costumi Aurora Damanti, musiche Mirio Cosottini, Salif Keità
un progetto di Massimo Luconi
con la collaborazione di
Centro Culturale francese di St. Louis (Senegal)
Comunità senegalese di Prato, Associazione APPI
Teatro Metastasio Stabile della Toscana
prodotto da Terzopiano Teatro
spettacolo in francese, wolof e italiano
con sovratitoli in italiano
durata 70’
“… Una volta che si è stesa una coperta di sabbia e di cenere su migliaia di corpi anonimi, si coltiva l’oblio. E’ allora che la poesia si solleva. Per necessità. Diventa parola urgente nel disordine in cui la dignità dell’essere viene calpestata.”
Tahar Ben Jelloun affronta tramite la scrittura un nodo dolorosissimo, un atto d’accusa contro l’ottusa stupidità della guerra (di ogni guerra) dove la poesia e estremo baluardo, ultima speranza per il genere umano. La guerra non lascia solo rovine, ma anche migliaia di corpi insepolti che errano senza dimora, e Ben Jelloun decide di dare parola a quei fantasmi, ai tanti dispersi sepolti dalla sabbia o dalla neve o sommersi dall’acqua, che vagano fra cielo e terra e che attraverso la poesia possono diventare la voce di tutti i morti e di tutti i dispersi di tutte le guerre, vicine a noi, lontane ed esotiche, arcaiche o ipertecnologiche, ma non certo diverse fra loro nella loro scia di morte e distruzione. Autore marcatamente simbolico e allo stesso tempo realista, in questo poemetto poetico scritto dopo la guerra del golfo del 1990, Ben Jelloun riesce a fondere questi due diversi aspetti con una perfetta armonia, in cui il ritmo narrativo dal piano reale slitta in una dimensione onirica e poetica.
La scelta di lavorare con un gruppo di attori senegalesi è il proseguo di un percorso di ricerca, realizzato nel corso di tre anni in Senegal sul mito di Antigone che ha portato alla realizzazione di Antigone una storia africana andato in scena in Senegal e poi in tournée in Italia nel 2014 e 2015.
La sensibilità e la forte spiritualità dei senegalesi, il loro naturale misticismo e la capacità di essere direttamente in contatto con i rituali della tradizione, sono elementi che permettono una comunicazione poetica e onirica, delicata e forte, e possono dare corpo alle voci di tanti uomini che in nome del progresso e delle guerre giuste, sono ancor sospesi nel limbo fra cielo e terra e che, hanno almeno diritto alla poesia. Massimo Luconi
8.10.16
 

Ritornanti

Teatro Vascello 2 ottobre 2016 – Le Vie dei Festival
RITORNANTI
recital da Spiritilli, Rondò, Cartesiana
di e con Enzo Moscato
e con Giuseppe Affinito
produzione Compagnia Teatrale di Enzo Moscato
Casa del Contemporaneo
durata 60’
Ri-tornare, ri-percorrere, ri-sentire, ri-montare sono modalità ricorrenti nel lavoro di Enzo Moscato, affermato autore e interprete del nostro teatro. Anche i testi che vanno a comporre Ritornanti sono stati parte di altri suoi spettacoli qui accostati in maniera diversa. Ciò non significa certo riproporli così come sono o come sono stati ma, al contrario, farli agire, respirare, dibattersi, accanto o dentro uno spirito cambiato, nuovo; accanto o dentro un differente modo di capirli o percepirli. Quindi permearli di “altri” sentimenti, che li nutrono, danno loro una nuova vita, una nuove forma, che li fa percepire come diversi anche al pubblico. Dice l’autore: “…..nessuna parola già detta andrebbe abbandonata mai, in teatro. Nessun movimento, nessun gesto, nessun respiro, già vissuti, dovrebbero venir considerati finiti, de-finiti, esautorati. Morti. Il nomadismo della ricerca, lo spostamento continuo del limite attraverso i suoi territori, non dovrebbe esser disgiunto mai dal rassicurante, naturale, portarsi appresso sempre le proprie cose, il proprio passato, le proprie masserizie, ideologiche o grammaticali.”
8.10.16
 

Tutto scorre

Teatro Tordinona 5 Ottobre 2016
TUTTO SCORRE
La favola nera
di Massimo Sgorbani
con Rosanna Gentili e Gilberto Colla
regia di Gianfranco Pedullà e Massimo Sgorbani
scene Claudio Pini - musiche Jonathan Faralli
costumi Rosanna Gentili
Tra i nomi più apprezzati della nuova drammaturgia italiana, Massimo Sgorbani firma, con la regia di Gianfranco Pedullà, lo spettacolo “Tutto scorre”, da lunedi 3 a domenica 9 ottobre al Teatro Tordinona. Il “tutto scorre” del titolo è quello de bagni degli autogrill, di cui la protagonista/narratrice è la guardiana: una favola nera in cui, a suon di cantilene, si narra il dolore, la vendetta e, infine, la morte. Con Rosanna Gentili e Gilberto Colla.
Al centro della scena una donna che fin da bambina ha avuto problemi di linguaggio e che - bollata da un padre ottuso e autoritario come “mezza muta e mezza scema” - vince la sua afasia “pisciando fuori le parole”. Lasciarsi scorrere la pipì tra le gambe è l’unico modo che la donna conosce per rifiutare un mondo ostile e crearne un altro, accogliente e intriso del ricordo di una madre scomparsa lasciando di sé l’eco delle favole sussurrate all’orecchio della figlia. I personaggi diventano creature di una favola “nera” che getta una luce grottesca su una certa provincia del Nord Italia; una provincia dove i rapporti umani appaiono falsati dai luoghi comuni, dalle frasi fatte, dalla disperazione di una sottocultura fondata sui soldi, sull'idea ossessiva del lavoro, su un maschilismo banale e violento. E così in scena si confondono continuamente la vita della guardiana con il riattraversamento dei fatti salienti della sua vita passata.
8.10.16
 

Giacominazza

Teatro Biblioteca Quarticciolo 27 settembre 2016

GIACOMINAZZA

di Luana Rondinelli
con Giovanna Mangiùe e Luana Rondinelli
regia Luana Rondinelli
musiche originali Silvia Bello
aiuto regia Adriano Dragotta
AccurA Teatro

Lo sguardo stolto della gente che ti guarda di traverso, lo sguardo “schifiato”, molesto, indagatore e punitivo nei confronti di “Giacominazza” di fronte all’omosessualità dichiarata, lo sguardo del “lontani da me” di chi come Mariannina ha tante cose da nascondere, ma le ha nascoste bene e alla gente piace cosi. Un dialogo fra due donne, due generazioni, due modi opposti di affrontare la vita, le lega la stessa passione lo stesso modo di voler esserci a tutti i costi contro i pregiudizi inutili della gente, contro il chiacchiericcio maligno che spesso ci perseguita senza nessun motivo preciso solo perché “la gente” ha voglia di s-parlare.
Vincitore al concorso “Teatri Riflessi Festival Nazionale di Corti Teatrali” di Catania,come miglior drammaturgia (LuanaRondinelli).
Selezionato nella rassegna “Ma che cos’è questa drammaturgia contemporanea?” presso il Teatro Tor Bella Monaca di Roma.
3.10.16
 

Che se mangiò la zia

Teatro Vascello 29 settembre 2016 – Le vie dei Festival

CHE SE MANGIÓ LA ZITA 

un progetto di
Ambrogio Sparagna e Carmelo Chiaramonte
realizzato per Le vie dei Festival
con Ambrogio Sparagna, Carmelo Chiaramonte
e con i Solisti dell’Orchestra Popolare Italiana:
Eleonora Bordonaro (voce)
Raffaello Simeoni (voce)
Arnaldo Vacca (tamburelli e percussioni)
Erasmo Treglia (violino, ghironda e ciaramella)
Cristiano Califano (chitarra)
produzione Finisterre in collaborazione con Le vie dei Festival
prima nazionale
durata 90’

La musica raffinata e popolare di Ambrogio Sparagna e della sua Orchestra Popolare Italiana “condisce” e conduce la rivisitazione della tradizione culinaria dell’Italia meridionale e siciliana del “cuciniere errante” Carmelo Chiaramonte, eclettico chef, tra i protagonisti di alcune delle più originali iniziative di cucina creativa che dimostrano il rinnovato interesse per la cultura e la ricerca della qualità del cibo.
In scena entrambi gli artisti offrono una parata di odori, suoni, canti e racconti dedicati all’antica tradizione dei rituali dei matrimoni contadini, caratterizzati dalla presenza di un repertorio musicale specifico dove spiccano canti numerativi dedicati al cibo speciale della sposa, filastrocche, indovinelli, serenate e danze tradizionali fra le quali l’immancabile quadriglia.
Insieme ad Ambrogio Sparagna e Carmelo Chiaromonte, cerimonieri di questa serata tutta da gustare, appositamente commissionata da Le vie dei Festival, ci saranno anche alcuni straordinari solisti dell’Orchestra Popolare Italiana. In particolare la cantante siciliana Eleonora Bordonaro, Raffaello Simeoni, voce, Arnaldo Vacca ai tamburelli e alle percussioni, Erasmo Treglia, al violino, ghironda e ciaramella, e Cristiano Califano alla chitarra.
3.10.16
 

L'amore nun'è amore


Teatro Vascello 23 settembre 2016 – Le Vie dei Festival

L’AMMORE NUN’E’ AMMORE

30 sonetti di Shakespeare
traditi e tradotti da Dario Jacobelli
con Lino Musella
e Marco Vidino (cordofoni e percussioni)
produzione Le vie dei Festival
in collaborazione con Festa di Teatro Eco Logico a Stromboli
durata 55’

www.festaditeatroecologico.com

Dario Jacobelli, poeta napoletano scomparso prematuramente nel 2013, si dedicò negli ultimi anni della sua vita alla traduzione in napoletano e al tradimento, come amava definirlo, di 30 Sonetti di Shakespeare. Non aveva scadenze, non doveva rispettare le indicazioni o correzioni di nessun editore. Per committenti aveva i suoi amici più cari ai quali dedicava ogni sua nuova traduzione. Un legame sottile, autentico e senza alcuna pretesa speculativa lo portava di volta in volta a reinterpretare un altro numero del Bardo. E così nascevano il 55, il 116, il 150… Lo faceva per sé, per riuscire ad ascoltare fino in fondo quello che Shakespeare aveva da dirgli. Come un esercizio spirituale, come un gioco puro. I sonetti sono battute senza personaggio e nella traduzione di Jacobelli il paradosso sta proprio nel restituire una teatralità ai versi del più grande drammaturgo al mondo. Il suo napoletano attinge da una parte a una lingua teatrale e letteraria dall’altra a contaminazioni contemporanee che vanno dallo slang al linguaggio di strada. I Sonetti in napoletano suonano bene. Battono di un proprio cuore. Indossano una maschera che li costringe a sollevarsi dal foglio per prendere il volo, tenendo i piedi per terra. Lino Musella
3.10.16
 

Ci scusiamo del disagio

Teatro Vascello 23 settembre 2016 - Le Vie dei Festival

CI SCUSIAMO PER IL DISAGIO

di e con Francesco Rotelli, Francesca Sarteanesi
Giulia Zacchini, Luca Zacchini
luci Emiliano Pona
uno spettacolo teatrale de Gli Omini
prodotto da Associazione Teatrale Pistoiese
Centro di Produzione Teatrale
nell’ambito del Progetto T
con il sostegno del Mibact Regione Toscana

www.teatridipistoia.it
www.gliomini.it

Torna a Le vie dei Festival, forte dei tanti riconoscimenti nel frattempo ottenuti, tra cui, nel 2015, il Premio Rete Critica, il “teatro antropologico” de Gli Omini, gruppo attivo dal 2006, con il primo obiettivo di avvicinare le persone al teatro e di far nascere il teatro dalle persone. Anche Ci scusiamo per il disagio – parte del progetto triennale T, realizzato dall’Associazione Teatrale Pistoiese – si basa su un’ indagine territoriale condotta a partire dalla stazione di Pistoia allo scopo di valorizzare, conoscere e spettacolarizzare la Porrettana, la strada ferrata costruita nell’Ottocento per collegare la città a Bologna, una delle linee ferroviarie più antiche e suggestive d’Italia.
Con la consueta ironia, Gli Omini ci portano la loro personale sintesi di un mese di incontri, conversazioni, osservazioni con la varia umanità che popola la stazione: pendolari, persone che aspettano un treno, persone che guardano i treni passare, persone che alla stazione ci vivono, anziani, giovani, bambini. Gente che si nasconde, gente da guardare con la coda dell’occhio e che deve stare lontano dalla linea gialla.
La stazione di una periferia non è solo un luogo di passaggio. Non è un momento di transito, non è solo un non luogo. La stazione di una città piccola ha una sua identità, i suoi abitanti, le sue voci, le sue regole.
Gli Omini sono stati un mese alla Stazione di Pistoia, sui binari, nel bar a consumazione obbligatoria ogni due passaggi, verso i bagni, sulle panchine. Hanno capito le regole e le hanno viste infrangere. Hanno incontrato la gente. Alcuni pendolari, molti ex carcerati, altrettanti in libertà vigilata, piccioni, studenti confusi, marchettari, gente che si sposta in treno perché non ha più la macchina, coppie di ogni tipo, amore in ogni forma, piccioni, tossici, barboni suonatori di mandolino, donne che alla stazione leggono e poi parlano come un libro stampato, piccioni.
Ci scusiamo per il disagio ha debuttato a luglio 2015 nel Deposito dei Rotabili Storici di Pistoia, un luogo carico di memoria, un angolo protetto e sconosciuto della città che è stato aperto al pubblico diventando la scenografia con i suoi binari morti e i suoi vagoni d’epoca.
3.10.16
 

Vite parallele

TEATRO TORDINONA 23 Settembre 2016
"VITE PARALLELE"
Scritto e diretto da: Antonio Nobili
con Marco Giustini – Simone Guarany – Lucia Rossi – Cristina Frioni – Francesca Antonucci – Raffaella Camarda
Con la partecipazione straordinaria di Alessio Chiodini nel ruolo del Valerio
"Tutti facciamo un viaggio, comincia il giorno della nostra nascita e prosegue per la durata della nostra vita, comunque la mettiate è un viaggio fantastico e sorprendente. Una scatola magica che contiene di tutto: i rimpianti, i rimorsi, le decisioni prese, quelle rimandate, le delusioni, gli amori, la fatica, in una piccola enorme parola è la VITA. Poi alla fine il DOLORE. Ecco, il dolore, il capitolo finale è sempre quello, è diverso per ognuno di noi, ma dall'esito sempre uguale: la scatola si chiude, il viaggio finisce: è INEVITABILE.
Quello che si può evitare, invece, è perdere la dignità dell'essere umano ed è questo il tema che affronteremo in questa conferenza.
Analizzeremo il caso di chi sceglie come e quando chiudere la sua scatola, quando finire il viaggio, quando andarsene, mentre ha ancora un senso la parola: ESSERE UMANO. Le scatole di cui parliamo, oggi, non saranno solo cifre, o matricole, ecco, ma nomi e cognomi. Le loro vite, di giovani, di ragazzi, come molti di voi che vedo, seppure a distanza, seppure ignorandosi l'un l'altra, procedevano parallele, spinte dallo stesso vento, quello che spinge le giovani anime ambiziose, che si incontrano... parallele, di nuovo, ma stavolta distese, orizzontali nel letto di un ospedale. (Tratto da Vite Parallele)
Il destino mette alla prova i protagonisti di questa storia intensa e sofferta, quella di una esistenza segnata dalla malattia degenerativa, la SLA. Il destino incrocia la vita di due giovani che lottano con la vita e la morte, stringendo patti con l'una e con l'altra. Quale sarà l'istinto più forte, quello del viaggio qualsiasi cosa accada o la sua fine prematura? Un testo emozionante, un tema delicato. Un cast ed una regia che non hanno paura di affrontare il dolore che purtroppo, segna tante realtà.
1.10.16
 
 
Support : MarXoB
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