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HAMLETOPHELIA

Teatro Tordinona 24 aprile 2015
HAMLETOPHELIA
(s h a k e s p e a r e + m u l l e r )
drammaturgia e regia Luca Gaeta
con (in ordine di apparizione sul palco della vita)
Massimiliano Vado, Salvatore Rancatore, Federica Rosellini.
Live painting Alessandro Vitale.
Costumi Laura Di Marco.
Attraverso l’utilizzo dell’immagine simbolica più forte del teatro moderno, ossia la figura di Amleto, si realizza sulla scena il concetto di negazione del presente e rifugio nel giardino del ricordo, della difficoltà e della fuga dalle responsabilità.
Amleto, interpretato da Massimiliano Vado, resta un eterno bambino, relegato in un ovattatokindergarten, in cui oggetti, odori e sapori rievocano lo stato infantile che il protagonista non riesce a superare.
Ophelia circonda, accompagna e asseconda Amleto nella sua follia: bambola senz’anima destinata a un finale tragico. L’origine dei mali di Amleto si nasconde quindi nell’infanzia, dove un unico personaggio aveva accesso alla sua serenità, il buffone di corte Yorick: il giocattolo mancante che con una sorta di flash-foward dall’aldilà ci racconta l’esistenza ancora da compiere e i perché irrisolti del protagonista. La drammaturgia dello spettacolo, ispirata all’Hamlet di William Shakespeare e all’Hamletmachine di Heiner Muller, è contaminata dall’utilizzo di altre forme artistiche, la video-arte, la pittura e la musica, per esasperare il concetto di possibilità di scelta, e per rafforzare così la fuga da essa, e per moltiplicare l’effetto dell’isolamento sui protagonisti.
La stanza di Amleto è proprio come quella di un bambino: c’è la tv, la radio, il computer, i giocattoli…tutti strumenti accesi, tutti nello stesso momento, tutti inutilizzai, perché la noia ci invade già da piccoli, quando dobbiamo scegliere con cosa giocare, e allora consumiamo tutto in una bruciante Nausea.
La reiterazione del tempo che fu; la sindrome di Peter Pan come elemento che contraddistingue l’odierna generazione; non un viaggio nell’infanzia, ma più una fuga come regressione emotiva indotta dall’arte, un salto verso le fantasie e paure di un tempo ma con gli occhi del presente. L’uomo rinchiuso nel suo kindergarten, nel sogno infinito dell’infanzia dove tutto è scelto; nessuna scelta, nessuna responsabilità. La negazione del destino, che come un fantasma futuro, lo pone davanti alla crescita.
La distruzione dell’amore che lo richiama al cambiamento.
Il rifiuto della donna, innamorata o madre che sia, condannata per il peccato che è nel suo grembo; la vita. La follia nata dal deserto emotivo che porta alle estreme conseguenze, la morte. (Luca Gaeta)
4.5.15
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Black Reality – Aspettando, cercando…

TEATRO FURIO CAMILLO 25 Aprile 2015
Black Reality – Aspettando, cercando…
idea e regia di GIANLUCA RIGGI, VALERIO GATTO BONANNI
con Flavio Ciancio, Valerio Malorni Camilla Bertini, Flavio Ciancio, Valerio Malorni, Cristiana Vaccaro, Gladys Stephen, Mohamed Alimarouf, Shakhawat Hossain, Mohamed Kamara, Mabel Igbinedion Obasuyi, Simo El Idrissi, Adil El Gaadiri, Ishtiaq Khan
preparazione ritmica Alessio Brugiotti
aiuto regia e scene Federica Fiorenza e Francisco Garcia
luci Rocco Giordano
grafica Bruno Valente
ufficio Stampa Bendetta Cappon
in collaborazione con Provincia di Roma – Arci Malafronte
produzione TEATRO FURIO CAMILLO, SEMIVOLANTI, Fondazione RomaEuropa
Cinismo, sarcasmo, sberleffo spesso sono usati dal teatro come strumenti per decifrare la realtà, anche le più dolorose e inquietanti: è il caso di Black Reality, ciclo di spettacoli dedicato ai migranti e inventato da Valerio Gatto Bonanni e Gianluca Riggi, che con Black Reality. Aspettando, cercando… giunge alla sua seconda edizione.
La prima edizione di Black Reality (2012) puntava la sua attenzione sul viaggio e le sue aspettative. Quest’anno invece indagherà l’attesa, vista come condizione straniante; l’attesa per il migrante diviene uno stato esistenziale che stravolge le relazioni e la visione del mondo come ha descritto Beckett, una terra di nessuno che mina l’identità del migrante poiché lo tiene sospeso nella non-azione, nell’incapacità di costruire rapporti stabili sull’avvenire, rendendolo instabile come sono spesso le nostre esistenze.
Per il migrante è la condizione straniante di chi sempre aspetta: un permesso di soggiorno, un lavoro, un tetto, un foglio di via, il lavoro, una banalissima telefonata o il temutissimo rimpatrio coatto. Un’incertezza generatrice di un pensiero corto, di vite dipendenti da quel che accade o potrebbe accadere, dove memoria, desiderio, futuro, perdono significato.
Per dare carne e sangue a questa idea Black Reality porta sul palcoscenico un gruppo di migranti, coagulato in un anno di laboratorio teatrale, con spunti e testi liberati in una scrittura scenica creata sul vissuto.
Uno spettacolo condotto con humour nero, con l’obiettivo di scrostare la realtà dai luoghi comuni, metterli alla berlina, anche attraverso i mezzi della satira e dell’avanspettacolo, irridere senza troppi complimenti la pretesa di tanti spettatori di sentirsi con la coscienza a posto. Il gioco di Black Reality continua. Aver scelto di rimanere in un paese straniero può rivelarsi molto crudele!
4.5.15
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Don Quijote

Teatro Vascello 22 aprile 2015
 AcT_Cie Twain physical dance theatre
DON QUIJOTE
coreografia e regia Loris Petrillo
consulenza musicale Pino Basile
musiche Pino Basile, aa vv
consulenza drammaturgica Massimiliano Burini
interpreti Nicola Simone Cisternino, Yoris Petrillo, Giacomo Severini Bonazelli
disegno luci Loris Petrillo
con il contributo di OFFicinaTwaIN_Centro Promozione Culturale_Regione Lazio
con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo
Quella di Don Quijote è una follia sana. Spinta da un impulso interiore che ne deforma la realtà, tanta è la voglia di cambiarla. Il "folle" cavaliere ci mostra il problema di fondo dell'esistenza, cioè la delusione che l'uomo subisce di fronte alla realtà, la quale annulla l'immaginazione, le proprie aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui l'uomo si identifica. Non è quindi difficile immaginarci come lui, oggi. Eterni cavalieri che combattono quotidianamente con i mulini a vento di una società decadente. Il Don Quijote contemporaneo è un uomo che viene illuso, deluso, ingannato e si trasforma da sognatore ironico e spensierato in un personaggio tragico, che prima di dichiararsi risanato e pentito, e dunque vinto, sul letto di morte, esclama: io sono nato per vivere morendo".
"Non muoia, signor padrone, non muoia. Accetti il mio consiglio, e viva molti anni, perché la maggior pazzia che possa fare un uomo in questa vita è quella di lasciarsi morir così senza un motivo, senza che nessuno lo ammazzi, sfinito dai dispiaceri e dall'avvilimento..." E' a queste parole, quelle che Sancho Panza rivolge al suo cavaliere errante in fin di vita, che Loris Petrillo si ispira per affrontare il suo nuovo lavoro coreografico. Un inno alla resistenza, al coraggio, un invito a rimettersi in piedi per combattere la delusione che si subisce di fronte alla realtà. Oggi come centinaia di anni fa, l'uomo si ritrova a subire una visione crudele della realtà che non ha spazio per l'immaginazione, la fantasia, le aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui identificarsi. Da sempre l'uomo è stato costretto dalle vicende della vita a ripetuti compromessi, a sconfitte, a tristezze, ma con un pizzico di idealismo ogni folle potrebbe essere più savio di quanto si possa credere e scoprire, contro ogni apparenza, la vera essenza dell'esistenza. Con la sua sete di giustizia, il Don Quijote di Loris Petrillo, è quel qualsiasi ma non qualunquista uomo che non teme di essere sconfitto e che anzi cerca il continuo confronto come fonte di conoscenza, quell'uomo che non si stanca di combattere, che se cade non ha timore a rialzarsi e più forte di prima, quell'uomo che crede fortemente nei grandi ideali e si batte contro gli pseudo-principi privi di ragione, quell'uomo disposto ad affrontare il lungo viaggio della ricerca del proprio io per perdersi tra i labirinti del mondo. Attraverso il carattere e la personalità dei personaggi del capolavoro seicentesco di Cervantes, Don Quijote, Sancho Panza e Ronzinante, lo spettacolo affronta i temi più profondi dell'esistenza dell'uomo ma senza tralasciare gli aspetti più grotteschi ed esilaranti degli stessi che per fortuna pure gli appartengono. Lo stesso spettacolo, ora più simile ad una parodia ora ad un elaborato di più complesso spessore, è proprio per questo, soprattutto un viaggio simbolico nei meandri dell'esistenza.
4.5.15
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Sweet Home Europa

Teatro India 23 aprile 2015
Sweet Home Europa
Una genesi. Un esodo. Generazioni
di Davide Carnevali | regia Fabrizio Arcuri
con Matteo Angius, Francesca Mazza
Michele di Mauro
musiche composte e eseguite dal vivo
Davide Arneodo, Luca Bergia (Marlene Kuntz) + Nico Note
ideazione progetto scenico Andrea Simonetti
sculture sceniche esplosive
Riccardo Dondana (3tolo) e Enrico Gaido
assistente alla regia Francesca Zerilli
Quello che accade qui, accade nello stesso paese, in epoche differenti.
Oppure in paesi differenti, nella stessa epoca.
In fondo non importa nemmeno dove e quando accada.
Per questo non è necessario stabilire né una topologia, né una cronologia degli eventi.
Tanto la storia universale tende a ripetersi.
Sovrapponendosi alle storie personali, che si tramandano di generazione in generazione.
Per sempre.
Oppure fino alla loro scomparsa.
Dopo le divisioni del secolo XX, nel vecchio continente il grande progetto politico del secolo XXI è quello di costruire la Grande Casa Europea. In un discorso davanti al Consiglio d’Europa, il 5 ottobre 1998, Michail Gorbaciov auspicava “un ampio spazio di cooperazione in cui tutti si sentiranno a proprio agio, come se si trovassero nella propria casa”. L’immagine della casa è ripresa anche da Benedetto XVI in un discorso davanti al rappresentante della Commissione delle Comunità Europee presso la Santa Sede, del 19 ottobre 2009, in cui parlava di un territorio che è “più di un continente, una ‘casa spirituale’”, rivendicando le radici cristiane dell’Europa.
“SWEET HOME EUROPA è un testo sul problema dell’integrazione. Sulla possibilità e la capacità di accettare l’estraneo, lo straniero, l’altro. Un Uomo, una Donna e Altri uomini sono i protagonisti di differenti storie particolari e allo stesso tempo di una stessa storia collettiva – quella di una famiglia, di un popolo, dell’umanità intera – che, nel continuo incontro e scontro tra civiltà, sembra ripetersi in eterno. Sull’Altro uomo ricade il peso delle generazioni precedenti e di quelle successive, il peso di una tradizione secondo la quale chi non può vivere nella propria terra ne cerca un’altra in cui fondare una casa e una famiglia, per un nuovo posto in una nuova società. L’Uomo che nella propria comunità occupa invece una posizione di potere – politico, economico, culturale – farà di tutto per mantenere il privilegio di cui gode ed esercitarlo a suo vantaggio, a discapito del debole. La Donna, dal canto suo, cercherà sempre il suo ruolo in una società occidentale che, mentre critica quella orientale, tarda ancora a riconoscere la reale parità tra i sessi. A quasi vent’anni dalla nascita della UE, la Grande Casa Europea è un “cantiere ancora aperto”, come lo definiva Gorbaciov. Ma in che direzione stanno andando i lavori? Stiamo costruendo uno spazio privilegiato per la garanzia dei diritti umani, o stiamo solo recintando una proprietà privata per vietarne l’accesso a chi non è desiderato? Questa Casa sarà una casa accogliente? A chi sarà davvero disposta ad aprire le sue porte?”
(Davide Carnevali)
4.5.15
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#Tessuto

Teatro Due 29 aprile 2015
#TESSUTO
da un’idea di Daniela Scarpari
scritto da Alessandra De Luca
con Daniela Scarpari
Cascina Barà – Capannoli (PI)
Teresina è un’immigrata scomparsa misteriosamente. Mia, sua figlia, non conosce le sue origini, ha bisogno di costruire un nesso fra la persona che è ed il suo passato. Con questo spirito affronta un lungo viaggio per cercarla, ma ciò che trova è il diario di tessuto incompleto iniziato da sua madre insieme ad una casa vuota. Emigrazione, maternità, clandestinità e lavoro sono i protagonisti di uno spettacolo giocato su un rivoluzionario dialogo tra diverse esperienze artistiche: musica, diario di tessuto e disegno digitale.
4.5.15
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