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Viva Maria

Teatro Antigone 6 Novembre 2016
“Viva Maria!”
uno spettacolo di Laura Jacobbi con Lucianna De Falco
Maria Senese parlava solo il dialetto e solo quello di Forio d’Ischia, aveva studiato poco, solo fino alla quarta elementare perché ” la storia la imparo dalla vita e la geografia dai racconti della gente”, eppure conosceva i più grandi protagonisti del mondo.
Erano gli anni ’50, il mondo si riprendeva dagli orrori della guerra, Ischia ritornava ad essere luogo ameno di vacanze per tanti personaggi famosi e tutti, in qualche maniera, erano passati per il “Bar Internazionale”, il bar di Maria, poi ricordato solo come “Bar Maria”.
E lei, donna di origini umili, ma forte e volitiva, capace di incantare e ammaliare, dai modi schietti e sinceri, riusciva a catalizzare l’attenzione di tutti a partire dal poeta Auden che le dedicò la poesia “Viva Maria” che dà il titolo alla piéce, a Pasolini, Elsa Morante, Jacqueline Kennedy che “‘n capa teneva na scolapasta e se vuleva accattà tutti i quadri miei”. Perché a Maria ognuno donava un po’ di se e un po’ alla volta il suo bar divenne un vero e proprio cenacolo culturale.
“Era una donna forte e libera- aveva raccontato la protagonista, la splendida Lucianna De Falco, nel corso di un’intervista – e tutti la ricordano ancora anche se nessuno ne ha mai narrato la sfera privata”.
Oltre trenta ore di registrazioni di interviste a chi l’aveva conosciuta hanno fatto nascere l’idea di una narrazione parallela che in qualche modo raccontasse l’anima di Maria.
“Ho immaginato che Maria si confidasse ad una nipote che insistentemente le chiedeva del suo passato – racconta la regista Laura Jacobbi che è anche autrice del testo – ed è nata questa drammaturgia che intreccia storie in un accavallarsi cronologico che rincorre ricordi”.
24.11.16
 

Papà sei di troppo

Teatro Tordinona - Dal 5 al 20 novembre 2016
PAPA' SEI DI TROPPO
di Yannis Hott
Regia
Mario Mattia Giorgetti
Con:
Vincenzo Bocciarelli
Mario Mattia Giorgetti
L'opera di Yannis Hott, in chiave grottesco-allegorica, affronta un tema di grande attualità: l'occupazione al lavoro che per volere di un probabile Governo del Capitale Totale, obbliga i figli a sopprimere i padri settantenni non più produttivi per avere un posto assicurato. Condotto con un linguaggio ironico-grottesco, il testo solleva molti interrogativi sulla nostra vita a partire dalla nascita del Cattolicesimo, originato dagli Apostoli di Cristo, al futuro di nuove generazioni.
I due interpreti sono di provata esperienza: Bocciarelli già nel 1999 fu protagonista con Marisa Fabbri in "Processo agli innocenti" di Carlo Terron, andato in scena al Teatro Manzoni di Milano, regia dello stesso Giorgetti, il quale vanta oltre cinquant'anni di attività come attore.
Di Yannis Hott poco sappiamo, essendo un tipo un po' schivo; vive in Italia, appartato, ma ben sei opere hanno partecipato recentemente al "Sipario Reading Festival" che gli ha dedicato una rassegna monografica curata dagli attori della Compagnia "La Contemporanea".
24.11.16
 

Vecchi tempi

Teatro Palladium 3 Novembre 2016
VECCHI TEMPI
di Harold Pinter
Regia di Pippo Di Marca
Con Fabrizio Croci, Francesca Fava, Anna Paola Vellaccio
Scene e costumi Laboratorio Florian Metateatro
Assistente alla regia Diletta Buschi
Direttrice di scena Marilisa D’Amico
Produzione Giulia Basel, Massimo Vellaccio
Florian Metateatro-Centro di produzione teatrale
In Vecchi Tempi ci sono tre personaggi: una coppia londinese sui quarant’anni, Deeley e Kate; e una vecchia amica di quest’ultima, Anna, anche lei sui quaranta, rimasta lontana per oltre vent’anni dall’amica di gioventù e dall’Inghilterra, e che ora viene a far visita a Kate e al di lei marito. All’apparenza una commedia: un vacuo e “nostalgico” incontro durante il quale “ricordare” i Vecchi Tempi. Ma Pinter è un autore non facile, ambiguo, anche “astuto”: utilizza il linguaggio corrente caricandolo di ambiguità, di pause, di silenzi, con cui spesso crea effetti di surrealtà. Viene dopo Beckett e il teatro dell’assurdo e ne subisce in parte l’influenza. Si muove, dunque, solo in apparenza, su un terreno naturalistico, realistico (anche se, beninteso, c’è pure questo). Qui, in Vecchi Tempi, mi pare che questo climax sia presente forse più che in altri testi. È pieno di pause, di lunghi silenzi, di lapsus, in un’altalena di scene “al presente” montate a ridosso di scene “al passato”, come fossero flash-back da sceneggiatura cinematografica. Nessuno dei personaggi ha una “memoria” oggettiva del proprio passato; ciò che ciascuno di essi ricorda è molto soggettivo e diverso dal ricordo degli altri. Niente, o quasi, coincide. Sono loro ad esser gravemente smemorati, malati o disturbati nel ricordo? Oppure è il tempo che è in sé bugiardo, inaffidabile? Oppure la nevrosi dell’uomo contemporaneo rappresentata incapace di esprimere una qualsivoglia certezza, irretita com’è in una dimensione sentimentale falsa, una sorta di ipocrisia atavica? Oppure, ancora – e questo sembra l’interrogativo più intrinseco al testo – è proprio il linguaggio che è inadeguato a raccontarci la realtà, il tempo, le ragioni profonde di qualunque storia, persino della Storia? (Dalle note di regia di Pippo Di Marca)
24.11.16
 

LUI E LEILA


Teatro Biblioteca Quarticciolo 4 Novembre 2016
Territorio Narrante presenta
LUI E LEILA
di Claudio Morici e Daniele Parisi
con Claudio Morici
Una storia d’amore nell’era globale. Si evolvono gli strumenti di comunicazione, maturano gli esseri umani, ma i sentimenti restano sempre drammaticamente incomprensibili.
Diego ama Leila. Leila non lo sa. C’è chi dice che l’amore a nove anni è una materia difficile da comprendere. Non certo per Diego, come dimostrano le note sul registro e i piccoli, ma eroici, gesti di vandalismo per dimostrare il suo sentimento. Siamo negli anni ’80 e si parla d’amore su bigliettini lanciati tra i banchi. I due si incontrano nuovamente a liceo. Diego ama Leila. E Leila non lo sa. Il finto braccio ingessato e la mitomania di Diego non sembrano essere lo strumento migliore per conquistare il suo cuore. Negli anni Novanta lunghe telefonate, scritte sui muri e messaggi nei bagni di scuola. Passano ancora gli anni, i due andranno all’università (dove si scambiano email), poi entreranno nel mondo del lavoro (e delle chat), diventeranno adulti con Facebook, invecchieranno. Cambia la società ma non cambia l’amore di Diego. E l’incertezza di Leila. Questa è una storia d’amore nell’era globale. Dove si evolvono gli strumenti di comunicazione, maturano gli esseri umani, ma i sentimenti restano sempre drammaticamente incomprensibili. Attraverso crisi anni ottanta, tradimenti 2.0, litigi multitasking, riappacificazioni postmoderne e romanticismo new age, Diego e Leila si accompagneranno per tutta una vita e anche di più. Non smetteranno di corteggiarsi neanche in un futuro ipotetico dove le persone si leggono nel pensiero e quello di Leila resta sempre molto, molto, incerto.
24.11.16
 

CANI (primo studio)


Teatro Vascello 5 novembre 2016
CANI (primo studio)
regia Vincenzo Manna
con Federico Brugnone, Aram Kian, Zoe Zolferino
disegno luci Javier Delle Monache
costumi e oggetti di scena Cassepipe Compagnia
service Esylight
una produzione 369gradi
con il sostegno di Armunia Festival Inequilibrio, Florian Metateatro, CapoTrave/Kilowatt
direzione di produzione Alessia Esposito
comunicazione Benedetta Boggio
Una postazione di alta montagna al confine tra due paesi differenti per etnia e religione. Due soldati a guardia di un passaggio di frontiera. Dopo due anni di isolamento K., il più anziano dei due, si imbatte in un uomo e, convinto che sia una spia, lo imprigiona. Subito dopo, anche una ragazzina raggiunge la postazione. Dice di essere la figlia dell'uomo, c'è stato uno scambio di persona, suo padre è solamente un pastore. Ma K. non le crede e imprigiona anche lei. Cani, testo inserito nell'antologia New Writing Italia. Dieci pezzi non facili di teatro (Editoria&Spettacolo), finalista al Premio Borrello 2010, vincitore del CassinOff 2014, viene allestito per la prima volta in forma di studio: un lento scivolare nella follia, una progressiva degenerazione della mente e del corpo, un disperato tentativo di sopravvivenza al cospetto di una natura maestosa che, nella sua immutabilità, può essere solo spettatrice dell'incredibile violenza umana. 
24.11.16
 
 
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