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Oltremare

Carrozzerie_n.o.t 8 Maggio 2015
OLTREMARE
Testo Giorgio Serafini Prosperi
Regia Giles Devere Smith
Con Caterina Casini e Alessandro Marmorini
Scene Maria Inferrera
Tecnica Mattia Barni
Grafica Stefania Lucioli
“Oltremare” è un spettacolo sulla memoria che si affievolisce e sull'inaffidabilità degli ideali politici.
Anna fa fatica a ricordare il suo passato, mentre il suo compagno Slobo vacilla per la stanza come una bussola oscura, snodata, rigida, senza una direzione. Sono una coppia di Lear infuriati, rannicchiati insieme nella loro stanza dimenticata, galleggianti, alla deriva, mentre nuotano tra passato e presente, tra la rabbia e la stanchezza. Il loro mondo è freddo, compatto e aggrovigliato. Occhi come lampadine che sbiadiscono, sputando intimi scambi –
"Non ho mai detto a mio figlio " "che?"
"Non ho mai detto a mio figlio che lo amavo" "Non sono cose si dicono ai figli" Meraviglia la loro vivace capacità di vivere nel passato mentre i loro corpi decadono, conservando appena appena abbastanza energia per sviscerare la storia.
Non volevo dirigere un spettacolo storico, documentaristico, ma piuttosto una commedia contemporanea sui conflitti irrisolti. Se il nostro passato non è in discussione, se la crudeltà e le ingiustizie che ci sono inflitte rimangono inespresse, dove siamo noi come persone? I protagonisti non sono italiani, non sono croati, sono ormai lontani da questa storia brutale. Così ho scelto di ricercare la loro umanità ora, nel presente, dopo che la tirannia è stata lasciata alle spalle. Che cosa rimane? Fragilità, rabbia, paura e solitudine. Questo è ciò che rimane, quando siamo privati dell'umanità, quando siamo trattati e quando trattiamo le persone come animali.
Il grande regista italiano, Giorgio Strehler, una volta disse: "sopra di tutto, ci sono tutti". Se solo potessimo imparare a ricordarlo!
18.5.15
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Francesca Sana Subito

Nuovo Cinema Palazzo 7 Maggio 2015
Francesca Sana Subito
Scritto e interpretato da Claudio Morici
con Ivan Talarico alla chitarra onomatopeica
Sei del mattino. Un infermiere psichiatrico riempie il quaderno “delle consegne” con la speranza di far chiudere un occhio al suo capo, che arriverà di lì a poche ore, su una notte davvero turbolenta. Giorni prima Francesca, la “paziente più buona del mondo”, ha tentato il suicidio e gli altri pazienti hanno reagito in modo imprevedibile. L’infermiere, scrivendo, si troverà costretto a giustificare più di una verità su cosa succede ed è successo in clinica. Come le bottiglie di vino a terra, lo striscione con su scritto “Francesca sana subito” e addirittura il fatto che lui non sia un vero infermiere…
Claudio Morici racconta la paura di impazzire e la disattenzione della normalità attraverso una storia tenera, comica e drammatica. Con una modalità narrativa inusuale, a metà tra il reading e il teatro.
18.5.15
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NaMolletta

Teatro Biblioteca Quarticciolo 9 maggio 2015
NaMolletta
di Emiliano Valente e Antonella Bovino
con Emiliano Valente
Associazione culturale TiConZero
La vera storia della nascita della molletta come nessuno ve l’ha mai raccontata, e come nessun altro avrà mai il coraggio di farlo. Protagonista della storia David M. Smith, inventore della prima molletta. Immaginatelo nel 1852 alle prese con due legni e una molla, immaginatelo mentre costruiva l’oggetto più usato al mondo e poi provate a immaginare tutto quello che oggi viene costruito e inglobato nell’era della rivoluzione tecnologica. Immaginatelo. Adesso che l’avete immaginato dimenticatelo, perché tanto non vi servirà. Immaginate ora Smith catapultato nel 2014 per creare l’oggetto che stravolgerà la vita di tutti gli umani nei prossimi due secoli: una usb da narice? Gli occhiali smartphone? I condizionatori da ascella? Scarpe a motore? Immaginatelo e trovate voi una risposta.
NaMolletta è la storia incivile dell’uomo alle prese con la sua voracità, con la sua nuova necessità di avere e distruggere nello stesso istante, è la storia senza impegno dell’uomo che insegue la verità, crede di raggiungerla ma non riesce a tenerla ferma sul suo filo. La molletta è metafora del complottismo, è presa di coscienza di un’umanità alla deriva, è la nostra incapacità di prendere, è il simbolo del nostro restare appesi come una maglietta bagnata aspettando il sole, aspettando il vento, aspettando…semplicemente che si asciughi. Per fare un albero ci vuole un seme, ma per fare il seme dipende da che albero è.
18.5.15
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Generazione disagio

Teatro India 10 maggio 2015
lo spettacolo vincitore del PLAYFESTIVAL 1.0
GENERAZIONE DISAGIO
Dopodiché stasera mi butto
di e con Enrico Pittaluga, Graziano Sirressi, Luca Mammoli, Alessandro Bruni Ocaña
regia Riccardo Pippa (anche co-autore)
Proxima Res
Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea
in collaborazione con Teatro di Roma
ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili
Domenica 10 maggio (ore 21) al Teatro India debutta GENERAZIONE DISAGIO – Dopodiché stasera mi butto, lo spettacolo vincitore della prima edizione del Playfestival 1.0 di Roma, concorso dedicato alle compagnie under 40.
Una generazione di eterni giovani, studenti e coinquilini, che la compagnia Proxima Res porta sulla scena per esplorare e raccontare con ironia e grande divertimento una nuova classe sociale: una generazione di disagiati, precari non solo nel lavoro, ma anche nei sentimenti e nelle relazioni. Dalla resilienza agli stage, dal precariato alla decrescita felice, si disegna l’agognato disinteresse alla vita, attraverso un gioco al massacro in cui anche il pubblico diventa carnefice.
Così lo spettacolo – di e con Enrico Pittaluga, Graziano Sirressi, Alessandro Bruni Ocaña, Luca Mammoli, per la regia Riccardo Pippa (anche co-autore) – si presenta come un cinico e spassoso gioco dell’oca che mira all’annullamento. Gli attori sono i promotori e i profeti del disagio-pensiero, ovvero sono i rappresentanti di questa nuova classe nell’era dell’annullamento delle classi sociali: proletari senza prole, non più figli, ma non ancora padri, non hanno più la paghetta, ma non hanno ancora lo stipendio, sono bulimici di informazioni e avari di pensiero, e pertanto corrotti e segnati dalle nuove dipendenze, quelle da smartphone, da social network, da shopping on-line.
«Lo spettacolo nasce da una drammaturgia collettiva: gli attori scrivono per il proprio personaggio e per gli altri – come si legge nelle note di regia – Si parte da tematiche condivise, titoli, spunti, situazioni che ognuno sviluppa. I testi sono poi modificati da tutti, messi alla prova in improvvisazione e scambiati tra i vari attori/autori. È la prima drammaturgia del gruppo, che si cimenta anche nella scrittura, dopo aver maturato un’esperienza fino ad oggi prettamente attoriale. Lo spettacolo entra in contatto col pubblico, nelle cui mani la storia viene completamente consegnata». Disagio, crisi e voglia di cambiamento vengono trattate con un gioco di ribaltamento paradossale, invece di risolvere i problemi o lottare per un mondo migliore il pubblico viene invitato a scaricare tutti i suoi problemi su un attore che è un giocatore-pedina e che si contenderà con gli altri la possibilità di arrivare per primo alla casella finale: quella del suicidio. Varie prove e imprevisti faranno avanzare o indietreggiare i personaggi su un tabellone, anche grazie all’aiuto del pubblico.
18.5.15
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Déjà vu 0 . 0

Teatro Tordinona 6 Maggio 2015
Overground Studio e Ensemble Edizioni presentano
“Déjà vu 0 . 0"
Diario di bordo di uno sconosciuto
Scritto, diretto ed interpretato da Alessio Rizzitiello
Voce Narrante Clemente Pernarella
Musiche originali Endre Vazul Mandli
Scenografia Martyna Modzlewska
Disegni Jody Gorla
Video Overground Studio e Roberta Soru
Responsabile Organizzazione Alessio Rizzitiello
Un ringraziamento speciale a Francesco Rossini
Sulla scena prende vita, all’interno del flusso di coscienza di uno sgangherato personaggio immerso nel tentativo di recuperare la memoria, l’immancabile e persistente ripresentarsi di situazioni mai risolte.
Tutto ciò che gli resta dopo la caduta, dopo aver perso la memoria, è una serie di immagini, parole, appunti e sensazioni; sulla base dei quali si fonderà la possibilità di una differente presa di posizione, di una svolta individuale.
Parole, poesie, immagini, fumetti graffiati e istantanee in bianco e nero cercano di mettersi a fuoco e ricomporsi, per mezzo dell’analisi di quella che, prima della caduta, è stata “una vita passata”.
Il susseguirsi di istanti nei quali il vero e il sogno giocano a rincorrersi, dà vita ad un universo in costruzione, seguendo il percorso di rinascita di un antieroe dei giorni nostri alle prese con sé stesso.
18.5.15
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Trovata una sega!

Teatro Tordinona 10 Maggio 2015
TROVATA UNA SEGA!
Racconto su Livorno, Modigliani e “lo scherzo del Secolo” dell’estate 1984
di e con ANTONELLO TAURINO
Protagonista assoluto dello spettacolo è il Caso, che mise insieme in quell’estate una successione di eventi fortuiti talmente meravigliosa da rendere questa storia un “regalo del cielo”. La drammaturgia è perfetta, c’è solo da raccontare, e alcune coincidenze sono così incredibili che si stenta a crederci: può capitare, assistendo a questo spettacolo, di ascoltare qualche spettatore sussurrare al suo vicino frasi come “No.. non ci credo!” “Incredibile!”.. “No dai, questa se l’è inventata..”. L’intenzione era quella di fare uno spettacolo mettendo al centro proprio questa storia, quasi a voler far dimenticare al pubblico i consueti aspetti collaterali dell’evento teatrale: che è uno spettacolo, che c’è un attore di fronte, che si è in un teatro, e via discorrendo. La forma è quella della narrazione per “monologo e proiettore”, perché se la narrazione consiste nell’ evocare con la voce ciò che lo spettatore poi visualizzerà nella sua immaginazione, beh, la straordinaria bruttezza delle teste prese per autenticamente modiglianesche.. no, quella no, non c’è attore in grado di evocarla: bisognava farle vedere, il pubblico doveva goderne lo spettacolo. Da qui l’idea di proiettare, oltre alle foto dei “capolavori”, alcune immagini d’epoca, perché fungessero anche da testimonianza di ciò che lo spettatore altrimenti avrebbe difficoltà a credere. Dal punto di vista attorale il lavoro si è indirizzato verso un divertito mimetismo della galleria dei personaggi che popolano la storia, a partire innanzitutto dalla riproposta della parlata livornese. E in quella Livorno abbiamo veramente una gamma completa di tipi umani, dal comico al drammatico, dalla farsa alla tragedia: quasi come in Romeo e Giulietta, questa storia è anche una specie di guerra tra vecchi e giovani: Jeanne Modigliani (figlia del pittore, un’arcana sacerdotessa della verità la cui misteriosa morte apporta note thriller da “Ustica del mondo dell’Arte”) opposta alla vitale disperazione di Angelo Froglia (autore di due delle tre teste ritrovate, che col suo estremismo artistico pare uscito diretto da un romanzo di Dostoevskij); sapientissimi “dottori” sbertucciati (Vera Durbé e i critici d’arte) contro allegre brigate d’arlecchini burloni (i tre ragazzi che realizzarono per scherzo una delle tre teste). E troppi assessori “Brighella” e politici “Pantaloni” a completare il canovaccio da Commedia dell’Arte. Ha una presa straordinariamente accattivante questa ridicola sconfitta senza appelli dei grandi critici, perché ha significato una batosta clamorosa per un certo tipo di cultura altezzosa, occhialuta, accademica. I cattedratici tirati giù dal loro sacro scranno non solo ci ha fatto sbellicare, ma hanno fornito davvero spunti di riflessioni sul senso dell’arte e della cultura nella società mediatica. Questa vicenda, per tutta la critica d’arte mondiale, è davvero un punto di non ritorno. Da autore del testo, ho ovviamente dovuto consultare molti libri e documenti vari che trattavano la questione, tra cui citerei “La beffa di Modigliani” di Giovanni Morandi, una puntata di “Mixer” di Giovanni Minoli e il documentario “Le vere false teste di Modigliani”, di Giovanni Donfrancesco; il tutto corredato da interviste ai “tre ragazzi” e a Massimo Froglia, fratello dello scomparso Angelo. Infine, questa storia è anche una sintesi meravigliosa dell’italianità con tutti i suoi “tipi”, nonché uno spaccato quasi sociologicamente completo di quegli anni. Erano i goderecci e rampanti anni ’80, ma in quel decisionismo cialtrone ci sono i segni dell’attuale deriva. Sono passati trent’anni, ma sembra ieri, e il mix di superficialità ed urgenza di questi anni arruffoni, renderebbe possibile che ciò possa risuccedere anche oggi.
18.5.15
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