Santo Genet - (02/09/16)


CANALE:
Palazzo Venezia 28 Giugno 2016
SANTO GENET
Rassegna Il giardino ritrovato - Compagnia della Fortezza
drammaturgia e regia Armando Punzo
musiche originali eseguite dal vivo e sound design Andrea Salvadori
scene Alessandro Marzetti, Silvia Bertoni, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
con Armando Punzo
e gli attori della Compagnia della Fortezza Aniello Arena, Placido Calogero, Rosario Campana, Eva Cherici, Gillo Conti Bernini, Nicola Esposito, Alban Filipi, Pasquale Florio, Ibrahima Kandji, Carmelo Dino Lentinello, Sergio Longobardi, Antonino Mammino, Edmond Parubi, Danilo Schina, Francesca Tisano, Alessandro Ventriglia, Giuseppe Venuto, Qin Hai Weng
e con i giovanissimi Amelia Brunetti, Gregorio Mariottini, Andrea Taddeus Punzo de Felice, Tommaso Vaja
con la partecipazione straordinaria di Isabella Brogi
Produzione VOLTERRATEATRO/CARTE BLANCHE - TIEFFE TEATRO con il sostegno di MiBACT-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo / Regione Toscana - Comune di Volterra - Provincia di Pisa / Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra / Ministero della Giustizia C.R. Volterra
La Compagnia della Fortezza attraversa tutta l'opera di Jean Genet. L'autore francese, che con le sue parole ha saputo trasformare la materia vile in oro, strappare bellezza al dolore, “creare buchi nella realtà”, trasfigurarla, immaginare collane di fiori lì dove c'erano catene, offre infatti la possibilità di raccontare del carcere come teatro, come luogo inattuale, in cui si vive un tempo fuori dal tempo ordinario. In origine la Fortezza Medicea ospitava il “castello interiore”, le stanze segrete del castello di Irma. Innumerevoli specchi dorati inseguivano gli spettatori nei cunicoli densi di altarini, velluti, pizzi e fiori, fino all'esplosione emotiva nel cimitero abbagliante dell'esterno, tra violini, fiori, euforiche processioni e struggenti litanìe. Dopo avere attraversato alcuni tra i più grandi teatri italiani, per i cui palcoscenici è stata ricostruita la stessa atmosfera di estasi e rarefazione, la poesia, il barocchismo scenografico, l'eccesso romantico, la musica trascinante, i costumi preziosi di Santo Genet ritornano adesso, eccezionalmente, all'aperto, in una versione site specific nel  meraviglioso giardino del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, dove un teatro totale darà forma visibile alla bellezza, alla libertà interiore, alla perfezione morale, ovvero a quella Santità che l'artista indaga da anni, in filigrana, nella sua radicale riflessione artistica.  Santo Genet Commediante e Martire
Come santi meravigliosi, nell’atto dell’estasi, dell’oblio.
Perché quel corpo deve essere mitizzato, non è il corpo del reato del reale,
ma è il corpo di chi si allontana dal reale, dalla storia e dalla sua storia.
Tutte qualità e potenzialità nello stesso soggetto.
Genet non uccide, si uccide, si sacrifica.
Sacrifica il suo essere.
I suoi eroi vengono svuotati della loro realtà.
Ogni omicidio diventa un suicidio, un morire a se stessi su un piano estetico.
Il teatro è la macchina del delitto. La realtà diventa immagine reale che si fa riflesso
che tradisce la realtà con tutta la sua arroganza.
Genet non è diversità in una società convenzionale.
È mastro indicatore di un modo di cercare altre possibilità.
È l’alchimista, colui che trasforma la materia vile in oro.
Genet applica la crudeltà artaudiana verso se stesso, verso la sua biografia,
trasformata, amputata di realismo, in un monumento alla diversità, all’esaltazione dell’inesaltabile.
Sulle scene siamo ancora al diritto di esistenza delle diversità, alla ricerca di accoglienza,
tra le braccia sempre dello Stato attuale.
Il diritto di cittadinanza, la battaglia per i diritti, il bisogno di entrare in seno all’esistente
che non è altro che proiezione di un desiderio di essere Stato.
Il diritto è senza battaglia, è l’essere fuori dallo Stato, l’essere senza il desiderio di esserci. 
Armando Punzo
Palazzo Venezia 28 Giugno 2016
SANTO GENET
Rassegna Il giardino ritrovato - Compagnia della Fortezza
drammaturgia e regia Armando Punzo
musiche originali eseguite dal vivo e sound design Andrea Salvadori
scene Alessandro Marzetti, Silvia Bertoni, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
con Armando Punzo
e gli attori della Compagnia della Fortezza Aniello Arena, Placido Calogero, Rosario Campana, Eva Cherici, Gillo Conti Bernini, Nicola Esposito, Alban Filipi, Pasquale Florio, Ibrahima Kandji, Carmelo Dino Lentinello, Sergio Longobardi, Antonino Mammino, Edmond Parubi, Danilo Schina, Francesca Tisano, Alessandro Ventriglia, Giuseppe Venuto, Qin Hai Weng
e con i giovanissimi Amelia Brunetti, Gregorio Mariottini, Andrea Taddeus Punzo de Felice, Tommaso Vaja
con la partecipazione straordinaria di Isabella Brogi
Produzione VOLTERRATEATRO/CARTE BLANCHE - TIEFFE TEATRO con il sostegno di MiBACT-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo / Regione Toscana - Comune di Volterra - Provincia di Pisa / Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra / Ministero della Giustizia C.R. Volterra
La Compagnia della Fortezza attraversa tutta l'opera di Jean Genet. L'autore francese, che con le sue parole ha saputo trasformare la materia vile in oro, strappare bellezza al dolore, “creare buchi nella realtà”, trasfigurarla, immaginare collane di fiori lì dove c'erano catene, offre infatti la possibilità di raccontare del carcere come teatro, come luogo inattuale, in cui si vive un tempo fuori dal tempo ordinario. In origine la Fortezza Medicea ospitava il “castello interiore”, le stanze segrete del castello di Irma. Innumerevoli specchi dorati inseguivano gli spettatori nei cunicoli densi di altarini, velluti, pizzi e fiori, fino all'esplosione emotiva nel cimitero abbagliante dell'esterno, tra violini, fiori, euforiche processioni e struggenti litanìe. Dopo avere attraversato alcuni tra i più grandi teatri italiani, per i cui palcoscenici è stata ricostruita la stessa atmosfera di estasi e rarefazione, la poesia, il barocchismo scenografico, l'eccesso romantico, la musica trascinante, i costumi preziosi di Santo Genet ritornano adesso, eccezionalmente, all'aperto, in una versione site specific nel  meraviglioso giardino del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, dove un teatro totale darà forma visibile alla bellezza, alla libertà interiore, alla perfezione morale, ovvero a quella Santità che l'artista indaga da anni, in filigrana, nella sua radicale riflessione artistica.  Santo Genet Commediante e Martire
Come santi meravigliosi, nell’atto dell’estasi, dell’oblio.
Perché quel corpo deve essere mitizzato, non è il corpo del reato del reale,
ma è il corpo di chi si allontana dal reale, dalla storia e dalla sua storia.
Tutte qualità e potenzialità nello stesso soggetto.
Genet non uccide, si uccide, si sacrifica.
Sacrifica il suo essere.
I suoi eroi vengono svuotati della loro realtà.
Ogni omicidio diventa un suicidio, un morire a se stessi su un piano estetico.
Il teatro è la macchina del delitto. La realtà diventa immagine reale che si fa riflesso
che tradisce la realtà con tutta la sua arroganza.
Genet non è diversità in una società convenzionale.
È mastro indicatore di un modo di cercare altre possibilità.
È l’alchimista, colui che trasforma la materia vile in oro.
Genet applica la crudeltà artaudiana verso se stesso, verso la sua biografia,
trasformata, amputata di realismo, in un monumento alla diversità, all’esaltazione dell’inesaltabile.
Sulle scene siamo ancora al diritto di esistenza delle diversità, alla ricerca di accoglienza,
tra le braccia sempre dello Stato attuale.
Il diritto di cittadinanza, la battaglia per i diritti, il bisogno di entrare in seno all’esistente
che non è altro che proiezione di un desiderio di essere Stato.
Il diritto è senza battaglia, è l’essere fuori dallo Stato, l’essere senza il desiderio di esserci. 
Armando Punzo
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