La vela nera di Teseo - (27/04/15)


CANALE:
Teatro dell’Orologio 18 aprile 2015
La vela nera di Teseo
di Valeria Moretti
"Sbalorditivo accecante interno nero nella più profonda delle nostre grotte"
diretto e interpretato da Gianni De Feo
aiuto regia Elisa Pavolini
scene Roberto Rinaldi
costumi Sonia Piccirillo
foto di scena Manuela Giusto
produzione Compagnia del Metateatro diretta da Pippo di Marca
Teseo, figlio di due padri, uno mortale e l'altro divino, dopo un rito mantrico propiziatorio si prepara al viaggio danzando al ritmo greco del Sirtaki e avvolgendosi nella sua ampia vela nera, come la veste roteante di un Derviscio. Arianna, come intorpidita da uno stato ipnotico, lamenta il suo abbandono: “Tu m’as abandonnée au bord de la plage, Thésée..” facendo eco al canto di Monteverdi : “Lasciatemi morire!”. L’urlo solitario del Minotauro, proveniente da spazi interiori, sembra invocare urgenti desideri carnali. Labirinti non ancora esplorati.
Su diversi piani espressivi si incastrano le atmosfere dello spettacolo in cui la contaminazione delle lingue straniere, oltre a scandire il ritmo sonoro della parola, sembra tracciare il lungo percorso necessario all'esperienza della conoscenza. Il viaggio di Teseo è il viaggio di un'iniziazione. Un viaggio nel cuore del Labirinto attraverso un percorso circolare dove innumerevoli e fatali sono le combinazioni. Una leggera fragranza di sensualità pervade allora il suono, il colore, il gusto della scena. La musica fa da contrappunto fino a diventare canto. Ed ecco che una nota canzone di Cole Porter ci trascina subito nelle fumose atmosfere di un locale notturno dove forse è la stessa Arianna a cantare, pallida, smarrita e solitaria, o forse lo stesso Teseo un attimo prima di varcare l'ultima soglia che lo porterà davanti all'uomo/animale. Ma quel Mostro deve davvero essere ucciso? E se l’aggirarsi tra le ombre della caverna si rivelasse più intrigante del richiamo della luce del sole? E se l’incontro con il Minotauro…?
I personaggi si riflettono come attraverso specchi frantumati, immagini della stessa anima. Carnali e mistici al tempo stesso. Al suono di un'unica voce si cercano, si rifiutano, si abbandonano. Anche l'atemporalità dell'azione si dilata, contrapponendo passato / futuro / presente. Lo spazio scenico, labirinto immaginario, si arricchisce di volta in volta di elementi scenografici fino a chiudersi in un labirinto reale. Tutto è pronto per l'ultima azione. Ora Teseo, vestito di oro come un principe alchemico, deve essere solo. Arianna allora si trasfigura in una corona di luci, costellazione stellare. E il filo/cordone ombelicale può essere finalmente reciso sulle note incantatrici di un'antica ninna-nanna. La vela nera diventa così simbolo della ribellione, dell'abbandono degli schemi e delle paure. Simbolo del lutto delle convenzioni. Il contatto carnale è avvenuto. La trasformazione è compiuta. Teseo esce dalla caverna per ritrovarsi nella luce e immergersi in un mare nuovo.
Il mistero dei miti continua ad affascinarci con i suoi incanti e a raccontarci qualcosa di noi, figli tutti di padri mortali e padri divini. (Gianni De Feo)
Teatro dell’Orologio 18 aprile 2015
La vela nera di Teseo
di Valeria Moretti
"Sbalorditivo accecante interno nero nella più profonda delle nostre grotte"
diretto e interpretato da Gianni De Feo
aiuto regia Elisa Pavolini
scene Roberto Rinaldi
costumi Sonia Piccirillo
foto di scena Manuela Giusto
produzione Compagnia del Metateatro diretta da Pippo di Marca
Teseo, figlio di due padri, uno mortale e l'altro divino, dopo un rito mantrico propiziatorio si prepara al viaggio danzando al ritmo greco del Sirtaki e avvolgendosi nella sua ampia vela nera, come la veste roteante di un Derviscio. Arianna, come intorpidita da uno stato ipnotico, lamenta il suo abbandono: “Tu m’as abandonnée au bord de la plage, Thésée..” facendo eco al canto di Monteverdi : “Lasciatemi morire!”. L’urlo solitario del Minotauro, proveniente da spazi interiori, sembra invocare urgenti desideri carnali. Labirinti non ancora esplorati.
Su diversi piani espressivi si incastrano le atmosfere dello spettacolo in cui la contaminazione delle lingue straniere, oltre a scandire il ritmo sonoro della parola, sembra tracciare il lungo percorso necessario all'esperienza della conoscenza. Il viaggio di Teseo è il viaggio di un'iniziazione. Un viaggio nel cuore del Labirinto attraverso un percorso circolare dove innumerevoli e fatali sono le combinazioni. Una leggera fragranza di sensualità pervade allora il suono, il colore, il gusto della scena. La musica fa da contrappunto fino a diventare canto. Ed ecco che una nota canzone di Cole Porter ci trascina subito nelle fumose atmosfere di un locale notturno dove forse è la stessa Arianna a cantare, pallida, smarrita e solitaria, o forse lo stesso Teseo un attimo prima di varcare l'ultima soglia che lo porterà davanti all'uomo/animale. Ma quel Mostro deve davvero essere ucciso? E se l’aggirarsi tra le ombre della caverna si rivelasse più intrigante del richiamo della luce del sole? E se l’incontro con il Minotauro…?
I personaggi si riflettono come attraverso specchi frantumati, immagini della stessa anima. Carnali e mistici al tempo stesso. Al suono di un'unica voce si cercano, si rifiutano, si abbandonano. Anche l'atemporalità dell'azione si dilata, contrapponendo passato / futuro / presente. Lo spazio scenico, labirinto immaginario, si arricchisce di volta in volta di elementi scenografici fino a chiudersi in un labirinto reale. Tutto è pronto per l'ultima azione. Ora Teseo, vestito di oro come un principe alchemico, deve essere solo. Arianna allora si trasfigura in una corona di luci, costellazione stellare. E il filo/cordone ombelicale può essere finalmente reciso sulle note incantatrici di un'antica ninna-nanna. La vela nera diventa così simbolo della ribellione, dell'abbandono degli schemi e delle paure. Simbolo del lutto delle convenzioni. Il contatto carnale è avvenuto. La trasformazione è compiuta. Teseo esce dalla caverna per ritrovarsi nella luce e immergersi in un mare nuovo.
Il mistero dei miti continua ad affascinarci con i suoi incanti e a raccontarci qualcosa di noi, figli tutti di padri mortali e padri divini. (Gianni De Feo)
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