Cannibali - (05/10/15)


CANALE:
Short Theatre 6 SETTEMBRE 2015 Roma LA PELANDA | TEATRO 1
teatro
CANNIBALI
di Fiammetta Carena
in scena Tommaso Bianco, Alex Nesti, Maurizio Sguotti
regia Maurizio Sguotti
elementi scenici e costumi Francesca Marsella
disegno luci Amerigo Anfossi
video animazione Fabio Ramiro Rossin
musiche MaNu!
si ringrazia Francesco Gigliotti per la concessione del video “La Sila”
www.kronoteatro.it
Moriamo ogni giorno, ogni giorno ci viene tolta una parte della vita e anche quando ancora cresciamo, la vita decresce. ( Lucius Annaeus Seneca) Lo spettacolo tratta l’esercizio del potere.
Come tutti gli accadimenti della vita, anche questo è illusorio, ci induce a crederci vivi, perché assorbe il nostro tempo, le nostre energie e i nostri pensieri.
Quello che in sintesi estrema chiameremmo vita.
L’uomo crede di essere vivo e si sente tale solo nel confronto con le cose di tutti i giorni e le convenzioni sociali nelle quali siamo immersi, ci mettono in costante relazione con l’altro in uno stato o di subalternità o di preminenza.
Tra le attività che maggiormente alimentano in noi un’illusione di esistenza c’è di certo l’esercizio del potere; questo è forse l’accadimento che più ci spinge nell’illusione, poiché prevede il dominio dell’uomo sull’uomo.
In scena vediamo due differenti abitudini di praticare il potere.
Per l’uomo adulto questo è tangibile perché politico, sociale ed economico.
Lo sforzo è quindi il tentativo di accrescere il proprio dominio o perlomeno mantenere uno status quo.
Il giovane possiede un potenziale: la sua giovinezza è il suo potere.
Per lui il futuro è tutto in divenire, tutte le possibilità gli sono concesse e la sua vita è nelle sue mani.
Ciascun individuo lotta per accrescere l’unico dato sensibile che gli conferma d’essere in vita: il potere sull’altro.
Ne nasce uno scontro volto all’accumulo di comando.
Ed è la vita a diventare terreno di conquista, far west dove espandere i confini del proprio dominio.
Le due forme differenti di potere si rispecchiano anche nei corpi.
L’anziano, carico di potere, porta appresso un corpo su cui chiari sono i segni del decorso degli anni e che egli tenta in tutti i modi di mantenere giovane, performante.
Il giovane, pieno di potenziale esprimibile, fa del corpo il tempio del proprio potere, rendendolo competitivo ed omologato agli ideali di forza, potenza e bellezza.
Sono proprio questi ideali che dall’esterno danno il modello ai due. Su entrambi, con risultati e modalità differenti, influiscono messaggi di potenza, bellezza, prestanza e longevità cui il nostro quotidiano ci ha abituati.
Il messaggio è semplice e percorre aspetti solo apparentemente distanti.
Non si deve morire.
Non morire è non mostrare i segni del tempo sul corpo.
Non morire è non accettare l’inevitabile decorso biologico.
Non morire ci è impossibile.
Soprattutto se si pensa che si inizia a farlo in giorno in cui si viene concepiti.
La resa è ancora una volta l’unica possibilità.
Short Theatre 6 SETTEMBRE 2015 Roma LA PELANDA | TEATRO 1
teatro
CANNIBALI
di Fiammetta Carena
in scena Tommaso Bianco, Alex Nesti, Maurizio Sguotti
regia Maurizio Sguotti
elementi scenici e costumi Francesca Marsella
disegno luci Amerigo Anfossi
video animazione Fabio Ramiro Rossin
musiche MaNu!
si ringrazia Francesco Gigliotti per la concessione del video “La Sila”
www.kronoteatro.it
Moriamo ogni giorno, ogni giorno ci viene tolta una parte della vita e anche quando ancora cresciamo, la vita decresce. ( Lucius Annaeus Seneca) Lo spettacolo tratta l’esercizio del potere.
Come tutti gli accadimenti della vita, anche questo è illusorio, ci induce a crederci vivi, perché assorbe il nostro tempo, le nostre energie e i nostri pensieri.
Quello che in sintesi estrema chiameremmo vita.
L’uomo crede di essere vivo e si sente tale solo nel confronto con le cose di tutti i giorni e le convenzioni sociali nelle quali siamo immersi, ci mettono in costante relazione con l’altro in uno stato o di subalternità o di preminenza.
Tra le attività che maggiormente alimentano in noi un’illusione di esistenza c’è di certo l’esercizio del potere; questo è forse l’accadimento che più ci spinge nell’illusione, poiché prevede il dominio dell’uomo sull’uomo.
In scena vediamo due differenti abitudini di praticare il potere.
Per l’uomo adulto questo è tangibile perché politico, sociale ed economico.
Lo sforzo è quindi il tentativo di accrescere il proprio dominio o perlomeno mantenere uno status quo.
Il giovane possiede un potenziale: la sua giovinezza è il suo potere.
Per lui il futuro è tutto in divenire, tutte le possibilità gli sono concesse e la sua vita è nelle sue mani.
Ciascun individuo lotta per accrescere l’unico dato sensibile che gli conferma d’essere in vita: il potere sull’altro.
Ne nasce uno scontro volto all’accumulo di comando.
Ed è la vita a diventare terreno di conquista, far west dove espandere i confini del proprio dominio.
Le due forme differenti di potere si rispecchiano anche nei corpi.
L’anziano, carico di potere, porta appresso un corpo su cui chiari sono i segni del decorso degli anni e che egli tenta in tutti i modi di mantenere giovane, performante.
Il giovane, pieno di potenziale esprimibile, fa del corpo il tempio del proprio potere, rendendolo competitivo ed omologato agli ideali di forza, potenza e bellezza.
Sono proprio questi ideali che dall’esterno danno il modello ai due. Su entrambi, con risultati e modalità differenti, influiscono messaggi di potenza, bellezza, prestanza e longevità cui il nostro quotidiano ci ha abituati.
Il messaggio è semplice e percorre aspetti solo apparentemente distanti.
Non si deve morire.
Non morire è non mostrare i segni del tempo sul corpo.
Non morire è non accettare l’inevitabile decorso biologico.
Non morire ci è impossibile.
Soprattutto se si pensa che si inizia a farlo in giorno in cui si viene concepiti.
La resa è ancora una volta l’unica possibilità.
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