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BOHEME!

Teatro Dell'Orologio 14 Marzo 2014 “BOHEME!”
 uno spettacolo di VicoQuartoMazzini, in coproduzione con Festival Internazionale Castel dei Mondi e Teatro dell’Orologio- Progetto Goldstein,con il sostegno di Straligut Teatro, Teatro Kismet Opera, La Luna nel Letto, Teatro Minimo. di Gabriele Paolocà regia Michele Altamura, Nicola Borghesi, Riccardo Lanzarone, Gabriele Paolocà con Michele Altamura, Nicola Borghesi, Gabriele Paolocà
assistenza alla regia Nicolò Giangaspero, scenotecnica Michelangelo Volpe.
Poiché qualunque cosa l’uomo semini, questa pure mieterà” (Galati:6:7)
“E allora, basta chiacchiere, giriamo pagina e mettiamoci davvero a cucinare!”(Benedetta Parodi)
Un Clown Obeso di nome Italia si aggira per i corridoi vuoti del Ministero della Cultura. Sono scappati tutti. Nessuno vuole più occuparsi di quella cosa stupida lì. Un redivivo Giacomo Puccini viene chiamato a risolvere la situazione: una gloria fra tanti, fosse venuto un Dante Alighieri o un Little Tony sarebbe stato lo stesso. Succede però che il maestro Puccini si lasci un po’ prendere dall’euforia dell’oggi, che si appassioni un po’ troppo alle tendenze del momento e che, a forza di tacchi a spillo e cocaina, perda un po’ il senso della missione culturale che avrebbe dovuto svolgere. Succede poi che Rodolfo, un giovane bohemien dell’ottocento, venga ad accusare Puccini di essere un venduto e che tenti di farlo sentire in colpa inscenando scadenti suicidi creativi. Succede che scontri generazionali di un secolo fa non siano poi tanto diversi dai nostri. Succede che una volta caduti nella valle del Presente, qualunque sia il Presente in questione, risalire in cima sia difficile per tutti. Succede che a pensare chi eravamo ci si dimentica chi siamo. Succede che Italia, nel frattempo, ci guardi da lontano e che, forse, stia meditando di ucciderci tutti.
25.3.14
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Save the world

Teatro Argot Studio 2 marzo 2014 «Save the world» di Leonardo Diana / Versiliadanza, finalista del bando Nextwork 2013 al Teatro Orologio. «Save the world» è una formula-emblema dei nostri giorni, che dal campo dell’ecologia è passata a quello della lotta contro le multinazionali, contro la mafia, contro gli abusi di ogni genere, ed è divenuta persino titolo di numerose canzoni... Una formula a volte abusata che lo spettacolo Save the world vuole riportare al suo originario significato di rispetto del mondo di cui siamo parte, e senza il quale non potremo essere. Lo fa con ironia, con quella paradossale comicità da cui scaturisce il riso e, per contrasto, l’interrogativo amaro su quale sia il confine di azione e inter-azione tra l’uomo e la Natura, o se quel limite non sia già stato superato. Siamo alla fine del XXI sec., devastazione e desolazione regnano ovunque, le forme di vita sono scomparse. Ma ecco apparire un uomo, uno dei pochi superstiti, colui che ha distrutto tutto ma ora tutto ricostruirà. È il nuovo supereroe che tutto può e che deve non chiedere mai. Eppure questo supereroe muscoloso si muove impacciato, sembra quasi la controfigura di se stesso, cerca ma non trova, quindi cade, si riprende, e lotta: lotta furiosamente interagendo con un mondo tutto virtuale, da cui dovrebbe rinascere la Natura, ma che rimane solo uno sfondo disegnato, un buco nel cielo di carta da cui non trapassa il sole.
16.3.14
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THE BIG BIGLE#1

Teatro dell’Orologio 23 Novembre 2013 the Avengers “THE BIG BIGLE#1”
di e con Giulia Aiazzi, Riccardo Goretti, Ciro Masella, Pasquale Scalzi. Con la consulenza di Tommaso Chimenti e il supporto tecnico di Chiara Saponari,
produzione Teatrino dei Fondi, The Avengers, Kilowatt Festival, Fonderia Performing Arts, Festival Tra Cielo e Terra, La Gualchiera – Montemurlo spettacolo finalista NeXtwork 2013.
"In principio era il Verbo, il Verbo era Dio e il Verbo era presso Dio". Tutti sanno che la Bibbia inizia con queste arcane parole. Talmente arcane che non è neanche vero che stanno all'inizio. The Big Bible #1 Antico Testamento è il primo movimento di un kolossal insensato tratto dal più grande best-seller di tutti i tempi: la Sacra Bibbia.
24.2.14
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Non sentire il male

Teatro Argot 12 dicembre 2013 “NON SENTIRE IL MALE” di e con Elena Bucci dedicato a Eleonora Duse immaginata nel momento in cui, malata e sostituita da Gabriele D’Annunzio nella Figlia di Iorio, prende il copione comincia a recitare tutte le parti, tutte le scene, tutte le figure e recitando guariva dai danni della vita. “C’è un tempo della vita in cui non bastano più mestiere, tecnica, lavoro, ma ci si domanda dove ci portino e cosa c’è oltre e altrove. Io ero proprio lì, quando, parlando con un amico sapiente, mi sono accorta che gli scritti e il pensiero della Duse mi avevano accompagnato per tutta la mia vita teatrale. Dedicando questo lavoro a lei ho raccolto i fili delle mie inquietudini, sperando che non fossero solo mie. Lo spettacolo è davvero scritto nel corpo, senza retorica, ed è questo che cercavo, e questo è il cuore del mio lavoro su Eleonora Duse, immaginata nel momento in cui, malata e sostituita da Gabriele D’Annunzio nella Figlia di Iorio, prende il copione e recita tutte le parti, tutte le scene, tutte le figure, davanti allo sguardo allucinato di Matilde Serao, puntuale e quasi invadente osservatrice e testimone. Forse in quel momento la Duse, che recitando guariva dai danni della vita, provava a liberarsi e a vedere oltre la materia necessaria, odiata e amata, del teatro: le scene, i costumi, gli attori. Forse sognava di poter volare per un attimo, come le altre arti tentavano, in uno spazio dove fosse possibile il teatro senza corpo e senza voce, libero dalla poesia inevitabile della sua continua distruzione nel qui e ora. Liberandosi della materia del teatro, forse si rinnova il contatto con la vita, da lei sempre inseguito e sfuggito. Ho attinto a lettere, scritti, testimonianze indirette che percorrono tutto l’arco della sua vita, ed il criterio di scelta è stato assolutamente personale, pur nel tentativo di comprendere e rispettare. E inevitabilmente, tentando di essere medium di qualcosa che si è molto amato, si parla di sé. Ho cercato di liberarmi da immagini indotte, stereotipi affascinanti, tentazioni estetiche e credo di avere trovato, nel coraggio e assoluta libertà di lei, una forza preziosa nell’accantonare regole e convenzioni. Allo stesso tempo, ho lavorato perché fosse possibile, anche a chi non ne avesse mai sentito parlare, attingere a qualcosa di lei.” Elena Bucci
24.2.14
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Ella

Teatro Argot 15 dicembre 2013 “ELLA” di Herbert Achternbusch con Marco Sgrosso dal testo di Herbert Achternbusch attraverso il quale in un flusso inarrestabile ed estenuante di una memoria sgangherata ma lucidissima nei dettagli, il personaggio Josef/Ella rivive umiliazioni e violenze in una dimensione allucinata dove il racconto della propria vita assume quasi le valenze di una confessione, estorta ma necessaria. La traduzione è di Luisa Gazzerro Righi. “Ho sempre ripensato ad “Ella” come ad una irresistibile occasione di confronto e di sfida, prima di tutto con me stesso e con la mia memoria.
Per me, “Ella” è nostalgia, e mi sembra che leggere e rileggere quelle parole sia un po’ come urlare da soli, fa male ma fa anche bene… Attraverso il flusso inarrestabile ed estenuante di una memoria sgangherata ma lucidissima nei dettagli, Josef/Ella rivive umiliazioni e violenze in una dimensione allucinata dove il racconto della propria vita assume quasi le valenze di una confessione, estorta ma necessaria. Ho visto in Josef un angelo bianco irrimediabilmente insozzato, in Ella una creatura sfacciata e grottesca precipitata in uno squallore straziante. Ho immaginato una sorta di ring, uno spazio costretto ed imploso, come il pollaio, le celle e tutte le stanze chiuse in cui questo ibrido di uomo/donna trascorre tanta parte della sua vita. Ho sentito il vuoto di chi perde le radici, come uno smarrimento da immigrati in una terra ostile. E, non so perché, ho pensato con ricorrente insistenza alle figure di Egon Schiele, alle loro espressioni allucinate e spigolose, al dolore dei loro corpi nodosi, alla loro bellezza rabbiosa, a quella irrinunciabile scomodità esistenziale oltre che fisica. Ho sentito il linguaggio continuamente interrotto ed insidiato di Achternbusch come una partitura sonora da sporcare con inflessioni umorali e dialettali, perché mi è sembrato che l’uso di una lingua “impura” potesse meglio restituire l’umanità dolorosa e plebea di questo Figlio e di questa Madre “strappati”.” Marco Sgrosso
24.2.14
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Amleto?

Recensione dello spettacolo su TeatroeCritica

Teatro Argot Studio 1 Febbraio 2014 “AMLETO?”
 con Stefano Detassis e Maura Pettorruso
testo e regia Carmen Giordano
disegno luci Alice Colla
organizzazione Daniele Filosi
uno spettacolo di compagnia Macelleria ETTORE
una produzione TrentoSpettacoli
in coproduzione con E45 Fringe Napoli Teatro Festival 2013
Fondazione Campania dei Festival
Amleto è una domanda che nasce dalla visione di uno spettro. Lo spettro è il momento in cui guardiamo dentro noi stessi. Una pausa del tempo, un frattempo, un buio. Ci sbatte in faccia quello che possiamo essere. Noi sappiamo quello che siamo, non quello che possiamo essere. Per tutti c'è un mistero nella realtà.
Un’ipotesi intorno al testo shakespeariano, una domanda insita in quel punto interrogativo che accompagna il titolo. Fedele alla sua ricerca artistica che si nutre del confronto con i maestri (quelli che ognuno di noi ha ascoltato almeno una volta e, almeno una volta, ha desiderato tradire) “Macelleria Ettore” accetta la sfida elisabettiana. Due attori in uno spazio nudo provano Amleto, sprofondano nel testo, squarciano scene, scavano immagini e prendono derive sorprendenti. Due vite alla prova, quelle di Amleto e di Ofelia. Fra attori e personaggi i piani si confondono e la vita si riversa in scena per lasciare una traccia, un’eco di sé. In una riscrittura che intercetta l’originale e lo attraversa, i due protagonisti raccontano la loro storia e, inevitabilmente, anche la nostra.
24.2.14
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Eneide

Teatro Argot Studio 7 Febbraio 2014 Arte e Spettacolo Domovoj presenta
“ENEIDE - CIASCUNO PATISCE LA PROPRIA OMBRA”
 da Virgilio, Ovidio, Marlowe
drammaturgia e regia Matteo Tarasco
con Viviana Altieri, Nadia Kibout, Giulia Innocenti
scene e luci Matteo Tarasco
costumi Chiara Aversano
assistenti alla regia Luca Gaeta e Katia Caselli
fotografie Pino Le Pera
organizzazione Marilia Chimenti
Una nube densa di fumo accoglie gli spettatori accorsi a vedere l'ultimo spettacolo di Matteo Tarasco. Il palco è cinto per tre lati da veli di organza macchiati di rosso. Da quello centrale emergono tre donne vestite di una ragnatela dal colore cremisi. Sono degli esseri spettrali provenienti da un luogo remoto nel tempo e nello spazio, che recitano una cantilena stordente di tutte le guerre che hanno insanguinato la storia dell'Uomo. Sono figure che recano nel petto un dolore senza fine e legate indissolubilmente ad Enea e al suo mito. La prima a parlare è la Sibilla Cumana (Giulia Innocenti), la quale, come se fosse Virgilio nella Divina Commedia dantesca, conduce l'eroe troiano nell'Infero, là dove i morti non trovano pace. Nel viaggio incontrano in principio Creusa (Viviana Altieri), la moglie di Enea, dispersa durante la fuga da una Troia in fiamme e ormai conquistata dai Greci; e poi Didone (Nadia Kibout), la regina fenicia di Cartagine, la quale, innamoratasi dell'eroe, si suicidò con la sua spada, dopo che egli l'abbandonò per andare incontro al volere degli Dei. Le due donne sono intrise di una viscerale comunanza tra Eros e Thanatos, dovuta nel loro caso ad un eroe che fondamentalmente è incapace di amarle perché chiamato dal Fato ad un più alto destino, la fondazione di Roma, piuttosto che a condividere con loro le gioie del matrimonio. Specialmente in Didone questa vicinanza tra vita e morte si fa più marcata perché ella incarna una ferinità ferita ed un abbandono ancora più straziante che in Creusa. A tirare le fila dello spettacolo è la Sibilla Cumana, che poi condurrà Enea nei campi Elisi e all'incontro con il padre Anchise, mentre lei, terminato il suo compito, si rannicchierà su se stessa aspettando quell'oblio che placherà finalmente il suo desiderio verso il Troiano. Nel complesso la drammaturgia e la regia di Matteo Tarasco sono animate di buone intenzioni e alcuni spunti del testo, tra i quali il guardare la Storia dal punto di vista delle donne, o di scrittura scenica come i costumi e la scenografia dei veli imbrattati dal sangue dell'Uomo caduto in guerra, sono realmente efficaci. Il problema è che a lungo andare si respira la pesante aria di un accademismo spinto che induce le attrici a badare maggiormente alla perfetta dizione delle battute che al comunicare delle emozioni al pubblico. Un modo di compiere il teatro che risente dalla volontà di strizzare l'occhio alle ultime mode vincenti (Emma Dante, Antonio Latella...), e non riesce al contempo a trovare, al suo interno, una struttura coerente e compatta, congelando in tal modo, nel testo e nella recitazione, la pur incandescente materia.
Alla fine ci troviamo di fronte ad un compito svolto diligentemente che lascia un po' di amaro in bocca per la ricerca, nella regia, del facile effetto, come quello di sparare dei controluce sugli spettatori mentre le attrici si dileguano dal palco; oppure di mettere una mielosa musica di pianoforte mentre Didone si affanna a spiegare come è potuta cadere in un amore così forte e disperato al punto di sacrificare il suo regno per uno straniero appena conosciuto.
18.2.14
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Amleto

Recensione dello spettacolo su Pensieri di Cartapesta

Teatro Dell'Orologio 26 ottobre 2013 "Amleto'', in scena Michele Sinisi, anche autore del testo in collaborazione con Michele Santeramo.
Amleto si trova in una stanza e vive in completa solitudine la sua storia. I fatti, i personaggi, sono caduti davanti ai propri occhi e malgrado il suo volere e i suoi desideri deve confrontarsi con questi e prendere delle decisioni. La tragedia sta nel fatto che deve comunque risolvere la sua storia da solo, deve stare lì a parlare con personaggi assenti. Polonio, Re Claudio, Ofelia, Laerte, la madre Gertrude, l'attore della compagnia girovaga, non ci sono o forse non sono arrivati. Solo le sedie gli fanno compagnia. L'unica presenza reale è il fantasma del padre che in quanto tale lo metterà al corrente di ciò che veramente è successo. La storia è quella che tutti noi conosciamo e il testo scespiriano è smontato e reintrodotto sulla scena attraverso un soliloquio che vuole rendere in modo chiaro lo svolgersi della storia sino alla morte. È possibile aggiungere ancora qualcosa ad un opera che è mito-teatrale? Ho cercato di avvicinarmi a più riprese al suo nucleo drammatico attraverso vari laboratori ma puntualmente mi confrontavo con l'ossessiva e malinconica qualità della lingua scespiriana. Scoprivo di essermi avvicinato ad un mistero senza riuscire a svelarlo del tutto. Una tragedia che sfugge all'analisi o che accetta tutte le analisi mentre racconta di un uomo che non accetta nulla. Rimane il mistero di un essere umano chiuso nella stanza dei ricordi e delle immagini che più l'assillano e da cui non vede l'ora di liberarsi. L'intensità favolosa delle sue utopie che non riesce a sostenere. '
18.11.13
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Col sole in fronte

Recensione dello spettacolo TeatroeCritica
Recensione dello spettacolo Pensieri di Cartapesta

Teatro Argot 2 Novembre 2013 “COL SOLE IN FRONTE” scritto da Maurizio Camilli interpretato da Maurizio Camilli e Ambra Chiarello, messa in scena Michela Lucenti, disegno luci Stefano Mazzanti, prodotto da BALLETTO CIVILE – CSS, teatro Stabile d’innovazione del fvg – Bassano opera Festival e con il sostegno del centro Dialma Ruggero di La Spezia. Vincitore Premio Nazionale Della Critica 2010.Un viaggio agghiacciante nei complessi abissi dell’animo umano. a partire dai nuovi mostri mediatici, prodotti dai più efferati fatti di cronaca nera, prende forma una domanda: qual’è il segnale che dà il via al massacro? un black-out? Basta un colpo, tutto finisce e il giorno dopo vai in banca a prelevare ciò che ti spetta. poi per trent’anni cerchi un modo per invocare il pentimento.
14.11.13
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