![](https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9IPHKB9OJckbAy3gAKM5POTmgf1WQG_rAd_c4j8NZPigT17LGwnZzwjQwOEYWDWmbf2t0qWpXd4CwzaH9dg5jxUwsxFMmChxb8AbaEObAdlp9lZHb95oQhTCo4uPHXzyaWgC2D53IOzc/s200/444015613_640.jpg)
Castello Pasquini, Castiglioncello 3 luglio 2013 “LO SGUARDO DEL CANE” ideazione Jadec N’Aren
coreografia e danza Elena Giannotti
con il contributo di Max Barachini e Mikel Aristegui
con il supporto di Centro Artistico Il Grattacielo Livorno, CSC-Bassano del Grappa,
Company Blu-Sesto Fiorentino, Dance Ireland
Lo Sguardo del Cane trae ispirazione da La Visione di Sant’Agostino (Sant’Agostino nello
Studio) di Vittore Carpaccio (c. 1465 - 1525/1526) e fa parte di una serie di composizioni chiamate RIA - Rider In Arena. L’assolo esplora la relazione tra l’interprete e gli elementi eterei della performance, quello che si afferra della visione, la trasmissione da occhio a occhio. La coreografia circola intorno alla discontinuità fra ciò che viene fatto, ciò che viene visto e i resti della nostra esperienza. Il lavoro mette il danzatore al centro di una matassa coreografica dove strati di struttura diventano come fantasmi. I movimenti, intricati e minimalisti, vengono eseguiti con precisione e dimenticanza.
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Castello Pasquini, Castiglioncello 3 luglio 2013 “LO SGUARDO DEL CANE” ideazione Jadec N’Aren
coreografia e danza Elena Giannotti
con il contributo di Max Barachini e Mikel Aristegui
con il supporto di Centro Artistico Il Grattacielo Livorno, CSC-Bassano del Grappa,
Company Blu-Sesto Fiorentino, Dance Ireland
Lo Sguardo del Cane trae ispirazione da La Visione di Sant’Agostino (Sant’Agostino nello
Studio) di Vittore Carpaccio (c. 1465 - 1525/1526) e fa parte di una serie di composizioni chiamate RIA - Rider In Arena. L’assolo esplora la relazione tra l’interprete e gli elementi eterei della performance, quello che si afferra della visione, la trasmissione da occhio a occhio. La coreografia circola intorno alla discontinuità fra ciò che viene fatto, ciò che viene visto e i resti della nostra esperienza. Il lavoro mette il danzatore al centro di una matassa coreografica dove strati di struttura diventano come fantasmi. I movimenti, intricati e minimalisti, vengono eseguiti con precisione e dimenticanza.
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