UNO, NESSUNO, CENTOMILA - (22/04/14)


CANALE:

Teatro Carcano 1995 "Uno, Nessuno, Centomila" di Luigi Pirandello con: Flavio Bucci, Claudio Angelini e Stefania Barca. Regia di Marco Mattolini. Uno dei classici contemporanei più amati dai giovani, affrontato in modo ironico e vitale. Teatralizzare, per Bucci corrisponde al bisogno psicologico di cercare strade diverse il cui obiettivo e' un teatro di massa che sia anche di qualità". Il protagonista di questa vicenda, Vitangelo Moscarda, è una persona ordinaria, che ha ereditato da giovane la banca del padre e vive di rendita. Un giorno, tuttavia, in seguito alla rivelazione da parte della moglie del naso leggermente storto, inizia ad avere una crisi di identità, a scoprire che le persone intorno a lui hanno un'immagine della sua persona completamente diversa dalla sua. Il suo obiettivo sarà  di scoprire chi è veramente lui. Il titolo del romanzo è un'ottima chiave di lettura per comprenderlo fino in fondo. Quella di Vitangelo Moscarda è la storia di una consapevolezza che si va man mano formando. La consapevolezza che l'uomo non è Uno, e che la realtà  non è oggettiva. Il protagonista passa dal considerarsi unico per tutti (Uno) a concepire che egli è un nulla, (Nessuno), passando alla consapevolezza di se stesso che l'individuo assume nel suo rapporto con gli altri (Centomila). In questo modo, la realtà  perde la sua oggettività  e si sgretola nell'infinito vortice del relativismo. Nel suo tentativo di distruggere i centomila estranei che vivono negli altri, le centomila concezioni che gli altri hanno di lui, viene preso per pazzo dalla gente, che non vuole accettare che il mondo sia diverso da come lo immagina. Vitangelo Moscarda è il "forestiere della vita", colui che ha capito che le persone sono "schiavi" degli altri e di se stesse. Egli vede gli altri vivere in questa trappola, ma neanche lui ne è completamente libero: il fatto che la gente l'abbia preso per pazzo è la dimostrazione che non è possibile distruggere le centomila immagini, a lui estranee, che gli altri hanno di lui. E' possibile solo farle impazzire. La fine del romanzo è molto profonda, conclusione degna per un'opera di questa portata. Il rifiuto totale della persona comporta la frantumazione dell'io, la completa, perchè esso si dissolve completamente nella natura. Pieno di significati è il rifiuto del nome, che falsifica ed imprigiona la realtà  in forme immutabili, quasi come un'epigrafe funeraria. Al contrario della vita, che è un divenire perenne, secondo la concezione vitalistica di Pirandello per cui la realtà  tutta è vita, perpetuo movimento vitale, inteso come eterno divenire, incessante trasformazione da uno stato all'altro.

Teatro Carcano 1995 "Uno, Nessuno, Centomila" di Luigi Pirandello con: Flavio Bucci, Claudio Angelini e Stefania Barca. Regia di Marco Mattolini. Uno dei classici contemporanei più amati dai giovani, affrontato in modo ironico e vitale. Teatralizzare, per Bucci corrisponde al bisogno psicologico di cercare strade diverse il cui obiettivo e' un teatro di massa che sia anche di qualità". Il protagonista di questa vicenda, Vitangelo Moscarda, è una persona ordinaria, che ha ereditato da giovane la banca del padre e vive di rendita. Un giorno, tuttavia, in seguito alla rivelazione da parte della moglie del naso leggermente storto, inizia ad avere una crisi di identità, a scoprire che le persone intorno a lui hanno un'immagine della sua persona completamente diversa dalla sua. Il suo obiettivo sarà  di scoprire chi è veramente lui. Il titolo del romanzo è un'ottima chiave di lettura per comprenderlo fino in fondo. Quella di Vitangelo Moscarda è la storia di una consapevolezza che si va man mano formando. La consapevolezza che l'uomo non è Uno, e che la realtà  non è oggettiva. Il protagonista passa dal considerarsi unico per tutti (Uno) a concepire che egli è un nulla, (Nessuno), passando alla consapevolezza di se stesso che l'individuo assume nel suo rapporto con gli altri (Centomila). In questo modo, la realtà  perde la sua oggettività  e si sgretola nell'infinito vortice del relativismo. Nel suo tentativo di distruggere i centomila estranei che vivono negli altri, le centomila concezioni che gli altri hanno di lui, viene preso per pazzo dalla gente, che non vuole accettare che il mondo sia diverso da come lo immagina. Vitangelo Moscarda è il "forestiere della vita", colui che ha capito che le persone sono "schiavi" degli altri e di se stesse. Egli vede gli altri vivere in questa trappola, ma neanche lui ne è completamente libero: il fatto che la gente l'abbia preso per pazzo è la dimostrazione che non è possibile distruggere le centomila immagini, a lui estranee, che gli altri hanno di lui. E' possibile solo farle impazzire. La fine del romanzo è molto profonda, conclusione degna per un'opera di questa portata. Il rifiuto totale della persona comporta la frantumazione dell'io, la completa, perchè esso si dissolve completamente nella natura. Pieno di significati è il rifiuto del nome, che falsifica ed imprigiona la realtà  in forme immutabili, quasi come un'epigrafe funeraria. Al contrario della vita, che è un divenire perenne, secondo la concezione vitalistica di Pirandello per cui la realtà  tutta è vita, perpetuo movimento vitale, inteso come eterno divenire, incessante trasformazione da uno stato all'altro.
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